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“Bocca di Rosa” rinasce in ferro e metafisica: la scultura di Mastro Caparra che omaggia De André

Isola del Liri - Una donna e un contrabbasso. Carne e suono, corpo e strumento che si confondono fino a diventare un’unica cosa

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Isola del Liri – Una donna e un contrabbasso. Carne e suono, corpo e strumento che si confondono fino a diventare un’unica cosa. È così che “Bocca di Rosa”, la celebre canzone di Fabrizio De André, rinasce nella nuova scultura in ferro battuto firmata da Mastro Caparra. Un’opera che non è solo tributo, ma reinterpretazione: un viaggio tra forma e spirito, dove la sensualità del corpo femminile si intreccia con l’eleganza di uno strumento musicale. La metà geometrica, attraversata da colori accesi e prospettive sospese, richiama la metafisica di De Chirico; l’altra, più figurativa, restituisce con delicatezza la silhouette di una donna. Un equilibrio di contrasti che diventa poesia visiva.

“Bocca di Rosa” è la prima di una più ampia installazione dedicata alla musica e alla figura di De André, poeta e voce degli ultimi, a cui l’artista rende omaggio con la materia che più lo rappresenta: il ferro.

Dietro questa fusione di forze e simboli c’è Francesco Ciccarelli, in arte Mastro Caparra, fabbro e scultore della nostra terra ma di fama e respiro ben più ampi. Incuriosito fin da giovanissimo dai materiali metallici e dal potere espressivo del fuoco, ha trasformato un mestiere antico in una forma d’arte capace di raccontare emozioni e pensieri. Espone le sue opere in Italia e all’estero – dalla Biennale di Calcata a quella di St. Moritz, fino alle mostre romane – e nel tempo ha ricevuto premi e riconoscimenti per la sua capacità di rendere il ferro leggero, quasi musicale.

Il suo motto sintetizza la sua poetica: “L’arte rende visibile, attraverso il suo linguaggio, l’anima dell’artista. Storie, pensieri e stati d’animo, propri e di chi si ha a cuore, vengono mostrati attraverso la realizzazione di un surrogato che è l’opera d’arte in sé e che ha il compito di esprimere ciò che l’artista non riesce a fare con le parole.”

Con “Bocca di Rosa”, Mastro Caparra riesce proprio in questo: dare voce al silenzio del ferro, trasformando la durezza del materiale in un canto di libertà e di bellezza. L’opera è visionabile presso il laboratorio di Ciccarelli, sito nella città delle cascate in via Fontana Pasquariello 12.

L’intervista a Francesco Ciccarelli

Da dove nasce l’idea di reinterpretare “Bocca di Rosa” di Fabrizio De André in chiave metafisica e in ferro battuto?
“Partiamo dal presupposto che io sono un fabbro: realizzo arredi e sculture in ferro battuto, quindi la scelta del materiale è una conseguenza naturale del mio lavoro. “Bocca di Rosa” l’ho scelta perché la trovo una delle canzoni più emblematiche di De André, capace di rappresentare al meglio il suo stile e il suo modo di raccontare la realtà. È un brano che affronta temi scomodi con grande poesia e intelligenza, come solo lui sapeva fare. Mi ha sempre affascinato anche musicalmente — in particolare nella versione realizzata con la PFM, che trovo tecnicamente impeccabile e artisticamente meravigliosa. Da lì è nata la voglia di renderle omaggio attraverso la mia arte”.

Cosa rappresenta per lei De André, artista e voce degli ultimi?
“Per me De André è un genio. Un genio vero, perché era tutto tranne che un “musicista da copertina”. Dietro le sue canzoni c’era un pensiero, una visione, una poetica profonda. Era un poeta, un paroliere, un intellettuale. La sua grandezza stava nel saper trasformare in musica i suoi pensieri, le sue poesie e la sua visione del mondo. Raccontava gli ultimi: prostitute, ribelli, emarginati, persone che la società preferisce non vedere. Parlava di argomenti scomodi con una libertà che pochi hanno avuto e continuano ad avere. Non cercava il consenso: raccontava ciò che pensava, anche a rischio di non essere capito. E questo, secondo me, è il segno dei veri artisti”.

“Bocca di Rosa” si fonde con un contrabbasso, simbolo musicale e corpo femminile insieme: che messaggio vuole trasmettere con questa unione?
“La scelta del contrabbasso nasce dalla mia grande passione per la musica e per gli strumenti musicali. È uno strumento che trovo elegante, affascinante, quasi sensuale nelle sue forme. Il contrabbasso richiama naturalmente le curve di un corpo femminile, e in questo caso l’associazione con “Bocca di Rosa” è venuta spontanea.
Il corpo della donna rappresenta l’armonia, la grazia, la bellezza. Unirlo simbolicamente allo strumento è stato un modo per rendere omaggio sia alla femminilità raccontata nella canzone, sia alla musica stessa come espressione di libertà e di emozione pura”.

Il ferro è una materia dura, ma nelle sue mani diventa armonia e poesia: come riesce a far “cantare” un materiale così rigido? Quanto tempo ha impiegato a plasmarlo per questa scultura e qual è stata l’evoluzione della lavorazione?
“Il ferro è un materiale ostico, certo, ma lo è come qualsiasi altro: anche chi lavora il legno, il vetro o la ceramica affronta le proprie difficoltà. Dopo più di trent’anni di mestiere, lo sento ormai come una parte di me. Quando mi chiedono “come” faccio a modellarlo, rispondo sempre che la vera domanda è “perché”. Il “come” lo si impara con la pratica, ma il “perché” nasce da una storia da raccontare. Io non realizzo sculture solo per l’aspetto estetico: voglio sempre trasmettere un pensiero, un’emozione, un racconto. Ogni curva, ogni colpo di martello segue l’idea che ho in testa, proprio come De André trasformava i suoi pensieri in musica. La parte più lunga non è la lavorazione in sé, ma la preparazione mentale: quando trovo la storia giusta, il resto viene da sé. A quel punto, la mano segue il cervello”.

Nella descrizione parla di due “anime” della scultura — una geometrica e una più figurativa. Come si incontrano e dialogano tra loro nella materia?
“Le due anime rappresentano due modi diversi di interpretare la realtà: la parte geometrica è la razionalità, la struttura, il pensiero; quella figurativa è l’emozione, la vita, la passione. Nel ferro queste due dimensioni si incontrano e si completano, proprio come in una melodia in cui la precisione tecnica si fonde con il sentimento. È questo equilibrio che cerco sempre nelle mie opere”.

“Bocca di Rosa” è la prima di una grande installazione ispirata alla musica: ci può anticipare qualcosa sui prossimi lavori?
“Posso solo dire che sarà una sorpresa. L’idea è quella di creare una serie di opere dedicate a De André e alle sue canzoni, ognuna con una propria vita e un proprio significato, ma che alla fine si uniranno in una grande installazione corale. È un progetto ambizioso, richiederà tempo e impegno, ma ci sto lavorando con grande passione. Il resto… lo scoprirete strada facendo”.

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