Quant’è lontano quel 15 giugno 2015: un sindaco di centrodestra espugnava Ceccano, roccaforte rossa. Non era uno qualunque a riuscire nell’assalto al palazzo municipale ma un carabiniere carico di onorificenze, venuto da Siracusa ma con solide radici in Ciociaria. A 46 anni, luogotenente e pilota d’elicotteri e quindi anche profondo conoscitore del Moscardini e della scuola volo di Frosinone, dopo i cinque anni da consigliere comunale, alla prima candidatura a sindaco stava cambiando la storia politica di una città che era ancora punto di riferimento per la sinistra.
Anche se nel frattempo erano già crollati sotto la spinta del vento del cambiamento altri paesi del nord rosso della Ciociaria, a partire da Anagni per proseguire con Colleferro e poi anche Sezze, a Latina. La nuova destra partiva carica di speranze e con una faccia nuova nella Ceccano che ha segnato la storia delle lotte operaie della Ciociaria, insieme a pochi altri centri come Isola Liri. Per questo la pioggia di ieri mattina, che cadeva mentre l’ordinanza del Tribunale di Frosinone disponeva i domiciliari dopo la richiesta al Gip del capoluogo giunta dalla Procura Europea, tra i lampeggianti di 8 auto della Polizia che segnalavano già nel numero la gravità della situazione, assomigliava alle lacrime per un sogno politico infranto, comunque vada a finire. Anche se siamo solo all’inizio della vicenda generata dall’inchiesta sulla distrazione di fondi del Pnrr e la strada per accertare la verità giudiziaria è lunga, anche se qualcuno ha tentato sui social di gettarla già in rivalsa politica scrivendo che “il sole torna rosso sopra le nuvole”, la verità è che per le strade e nei bar della città ai piedi del castello dei Conti nessuno esulta. Anzi si preferisce tacere. Perché il sentimento prevalente pare quello della preoccupazione per una notizia che in poche ore è salita alla ribalta dei tg nazionali, per un fatto di grande clamore e soprattutto dagli esiti non facilmente preventivabili.
Davvero un solo uomo promotore e organizzatore del meccanismo?
Politicamente e amministrativamente le cose appaiono peraltro complicate non meno di quelle giudiziarie. Perché mentre la responsabilità penale è indubbiamente personale, quella politica può investire più persone che hanno preso insieme delle decisioni risultate dannose per la comunità e, quindi, devono essere chiamate – dal loro stesso partito o dalle istituzioni direttamente interessate – a rispondere dei propri comportamenti, rendendone ragione ai vertici di partito, agli iscritti e accettandone le conseguenze. Questo avviene di solito subito e prima che agli elettori venga demandata la scelta decisiva, sul rinnovo del consenso. Le sanzioni in politica sembrano più lievi di quelle del codice penale. Ma non è così per quanto riguarda le carriere e le aspirazioni personali, oltre che per le conseguenze relative al conseguente stigma sociale: si va infatti dalla revoca della fiducia fino all’induzione alle dimissioni.
Ora, nel caso in questione, si tratta di chiarire quell’intestazione del capo di imputazione: “Caligiore Roberto, promotore e organizzatore”. Davvero è stato così? Davvero il meccanismo della corruzione, l’organizzazione dell’associazione a delinquere sono stati opera del carabiniere-sindaco? Lo si scoprirà leggendo meglio le carte e, soprattutto, seguendo le evoluzioni processuali. Prima di tutto ci sarà l’interrogatorio del Gip entro 5 giorni. Caligiore dovrà fare la sua prima scelta: rendere dichiarazioni o non rispondere. Poi scatterà il termine per il ricorso al Riesame: anche qui si comprenderà se la sua posizione sarà tale da consentirgli – o meno – subito il ritorno alla libertà. Seguiranno gli altri appuntamenti giudiziari per comprendere e capire. Se il sindaco-carabiniere ha eseguito direttive di altri, se la responsabilità politica per quel che si profila resterà circoscritta alla sua persona o al gruppo di riferimento. Parliamo di ambienti non certo marginali per Fratelli d’Italia. Il partito della premier. E Giorgia Meloni, particolarmente sensibile e reattiva in questi giorni, di sicuro, sta appuntando nomi e circostanze e non tollererà un procedimento a suoi uomini che implichi anche la materia dei migranti. Con quel che sta accadendo a livello nazionale e internazionale col protocollo Italia-Albania, il caso Ceccano rischia di innescare un terremoto vero e proprio tale da far avvertire le scosse perfino dentro Palazzo Chigi.
Amministrazione verso una cesura o per dimissioni o ex prefettura
Per questo la politica – ceccanese e non – tiene almeno per ora le bocche ben cucite e c’è da giurare che qualcuno preferirà restar chiuso in casa per qualche giorno. Probabile che a questo punto si vada ad un altro commissariamento prefettizio del Comune. Dipenderà dalle scelte di Caligiore (se il Riesame si pronuncerà o meno in senso favorevole) ma anche da quelle dei consiglieri comunali che potrebbero decidere autonomamente di imboccare la strada delle dimissioni in massa. L’opposizione consiliare dovrebbe andare in questa direzione ma, secondo alcune voci di corridoio, anche la coalizione di governo starebbe indirizzandosi nello stesso senso. Se né il sindaco e neppure il consesso stabiliranno il da farsi, sarà la prefettura a decidere “motu proprio” di stoppare il protrarsi dello stallo amministrativo. Si tratta di voltare pagina, al di là ed oltre l’esito degli accertamenti degli inquirenti e delle decisioni dei giudici.
Una città da sempre esempio nelle lotte civili ora allo specchio
Perché Ceccano non può essere la città da ricordare per “una compagine criminale operante internamente all’amministrazione comunale”. La città fabraterna, politicamente parlando, è sempre stata ben altro. Il 1951 venne segnato dalle lotte dei lavoratori del saponificio Annunziata per vedersi riconosciuta una giusta retribuzione e condizioni di lavoro dignitose. Nei giorni scorsi ad un convegno dello Spi-Cgil l’ex sindaco Maurizio Cerroni ha parlato delle lotte contadine: correva l’anno 1963 e la protesta portò al riconoscimento del diritto di riscatto delle terre a favore di chi le aveva sempre lavorate. Erano i tempi di Angelo Compagnoni, Dante Schietroma, Gerardo Gaibisso. Una storia fatta di tappe importanti per il progresso civile, è ancora impressa nelle pietre di queste strade e queste piazze: dovrebbe farci capire da dove ripartire, anche nelle situazioni che appaiono le più avvilenti e scoraggianti. Voltando pagina per guardare ad un futuro prossimo fondato su chi vorrà farsi carico delle spinte ricevute dalla politica migliore del territorio e del Paese.