Piano industriale in piena elaborazione, investimento di 50 milioni di euro sullo stabilimento di Anagni (ex Saxa Gres – conferma dei 67 lavoratori provenienti dall’azienda della ceramica e nuove assunzioni ancora in numero imprecisato) e 70 milioni sullo storico sito di Macchia d’Isernia con 300 assunzioni che si aggiungono ai quattrocento dipendenti complessivamente in organico. Così Massimo Di Risio, patron della Dr, punta a rafforzare la sua presenza come costruttore, capace di creare lavoro e utilizzare le competenze automobilistiche nazionali, e non più solo come assemblatore di modelli provenienti dalla Cina. Lo farà facendo rinascere modelli dal nome storico.
Una sportiva per l’export ed un suv-crossover di classe
Prima Osca e poi Itala: marchi entrati nella proprietà dell’imprenditore sin dal 2020-2022. Con missioni già in parte delineate: Osca resterebbe una sportiva destinata soprattutto all’export verso Nord America ed estremo Oriente, dotata di un motore 2.0 di origine Lotus. Itala dovrebbe esordire in versione suv-crossover di segmento premium di grandi dimensioni e di stile elegante. Non è ancora definito quale dei due marchi nascerà nella Città dei Papi anche se Osca ha buone probabilità di rinascere proprio all’ombra beneaugurante della spettacolare cattedrale.
Due spot emozionali nati grazie all’intelligenza artificiale
Intanto due spot coinvolgenti, realizzati con l’intelligenza artificiale, sono stati trasmessi sulle reti televisive nazionali (Rai e Mediaset): 30 secondi incentrati sulla storia dei due marchi e sulla connessione profonda con lo sport motoristico e la storia del Paese. Anche e soprattutto perché le Osca e le Itala saranno a tutti gli effetti auto italiane con tanto di tricolore. Quello stesso simbolo che Di Risio ha dovuto togliere ai brand che giungono montati per il 70% circa direttamente dalla Cina e che a Macchia d’Isernia subiscono lavorazioni di completamento che incidono marginalmente sul prodotto finale. Con Itala e con Osca invece avverrà che la filiera italiana concorrerà almeno al 70% del prodotto finale e per questo gli investimenti rientreranno a pieno titolo tra quelli incentivabili.

Spazi per l’indotto, non dipendente dalle linee di Piedimonte
Quanto alle opportunità per l’indotto automotive del Lazio meridionale ridotto ai minimi termini dalla mancanza di commesse Stellantis, va fatta una distinzione tra i fornitori di pezzi importanti per il montaggio delle auto della multinazionale francese che ovviamente non potranno avere spazio in Osca e Itala. Diverso il caso di altre aziende dell’indotto che si occupano di pulizie industriali, carpenteria, lavorazioni ausiliarie in genere.
Processi produttivi diversi da quelli ex Fca e meno complessi
Oltretutto al momento non si sa che linea potranno avere le future Osca e Itala: probabilmente i disegni esistono già ma non si parla ancora di stampaggio. Quindi sebbene sia trapelata l’ipotesi che il 2026 potrebbe essere addirittura l’anno dell’uscita su strada della prima Osca, al momento la cosa pare improbabile agli esperti. Di mesi dovranno passarne altri per sistemare gli impianti, ingegnerizzare i progetti e giungere alla salita produttiva. Nonostante processi che saranno estremamente più snelli e meno complessi di quelli che siamo stati abituati a vedere entrando nei capannoni della Fiat prima e di Fca dopo (di Stellantis è inutile parlare perché si dovrebbe raccontare solo di smantellamento di reparti, messa in vendita di capannoni e uffici svuotati, tagli di servizi, esodi incentivati, unico turno a singhiozzo e assenza di prospettive. Almeno fino al 2028). Più probabile (e auspicabile) che Di Risio salvi un pezzo d’automotive nazionale!