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Droga e cellulari in carcere, dai droni di Frosinone al lancio di bottiglie a Cassino: i retroscena dell’operazione “Miglio Verde”

Il metodo utilizzato per introdurre droga e cellulari in carcere è tristemente noto in provincia di Frosinone

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Un nuovo colpo alla criminalità che si annida all’interno delle carceri è stato inferto dagli investigatori del Commissariato di Cassino coordinati dalla Squadra Mobile di Frosinone, nell’ambito della brillante operazione denominata “Miglio Verde”.

L’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Cassino sotto la direzione del sostituto procuratore Carlo Fucci, ha portato all’emissione di sei misure cautelari e all’iscrizione di dodici persone nel registro degli indagati, tra cui figurano diversi detenuti della casa circondariale di Cassino.

Il metodo utilizzato per introdurre droga e cellulari in carcere è tristemente noto in provincia di Frosinone: un’inchiesta analoga, condotta dalla Squadra Mobile di Frosinone all’epoca guidata dal Vice Questore Flavio Genovesi, oggi alla guida del Commissariato di Cassino, aveva smantellato un’organizzazione simile all’interno del carcere del capoluogo. Nel settembre del 2021, un detenuto minacció un agente e poi sparò contro tre compagni di cella prima di consegnare l’arma alla polizia penitenziaria. Da lì parti l’indagine che scoperchiò una traffico arrivato all’attenzione della direzione distrettuale antimafia, prima di Roma e poi di Napoli e che portò all’esecuzione di 21 misure cautelari. Anche in quel caso, tra droni, passaggi sospetti e complicità, si era riusciti a far entrare materiale illecito tra le mura dell’istituto penitenziario di via Cerreto. Le indagini consentirono infatti di portare alla luce una struttura criminale in grado di garantire l’approvvigionamento di apparecchi telefonici, sia smartphone che piccoli cellulari, nonché di rilevanti quantità di stupefacente in molteplici strutture penitenziarie, anche ospitanti detenuti classificati di massima sicurezza, dislocate in tutta Italia.

Nel 2020, proprio a Cassino, ci fu un’altra indagine analoga che nell’estate del 2022 portò ad otto indagati e quattro arresti per vicende simili nei confronti. L’operazione “Miglio Verde” di ieri ha ricostruito come terze persone assoldate lanciavano dall’esterno oltre la cinta muraria della struttura penitenziaria una bottiglia legata ad un filo contenente mini cellulari, caricatori, sostanza stupefacente. Merce “preziosa” che veniva poi commercializzata a prezzi esorbitanti.

La recrudescenza del fenomeno è legata anche alla progressiva carenza di personale di sorveglianza, che ha finito per generare vere e proprie sacche di illegalità dentro le carceri, terreno fertile per traffici e ricatti. Le indagini hanno infatti evidenziato come il consumo di sostanze stupefacenti tra i detenuti generi debiti spesso impossibili da saldare, che ricadono sulle famiglie all’esterno. Un meccanismo perverso che, al termine della detenzione, spinge molti ex detenuti a tornare a delinquere per “rimettersi in pari” con chi li aveva “protetti” all’interno.

Determinante, in questa inchiesta, il lavoro di squadra tra Polizia di Stato e Polizia Penitenziaria, che ha fornito un contributo essenziale nell’identificazione dei detenuti coinvolti e nella raccolta di elementi utili per l’adozione delle misure cautelari. Sei i detenuti raggiunti da misure cautelari nella mattinata di ieri e ritenuti i principali promotori del sistema illecito: due agli arresti domiciliari, obbligo di dimora per altri due indagati ed infine obbligo di presentazione quotidiana alla P.G. per gli ultimi due indagati.

L’operazione “Miglio Verde” rappresenta quindi un altro tassello importante nella lotta al crimine organizzato e sommerso che opera anche dentro le strutture carcerarie. Un segnale forte che lo Stato non intende arretrare, nemmeno dietro le sbarre.

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