Farmaci anticancro, troppo lunghi i tempi di accesso: in Italia oltre un anno di attesa

Dall'approvazione europea a quella italiana passa in media oltre un anno. Un lasso di tempo che impatta negativamente sulla vita dei pazienti

In Italia da quando un farmaco anticancro viene approvato dall’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) può passare oltre un anno prima di poterlo somministrare ai pazienti. Un lasso di tempo troppo lungo in gran parte dovuto a lungaggini burocratiche. Snellire il processo deve essere prioritario, soprattutto quando le molecole in questione possono fare davvero la differenza nel trattamento della malattia. E’ questo, in estrema sintesi, il messaggio lanciato dagli oncologi italiani riuniti al congresso nazionale AIOM svoltosi a Roma.

38 i nuovi farmaci disponibili tra il 2018 e il 2021

Nel periodo compreso tra il 2018 e il 2021 l’EMA ha autorizzato al commercio ben 46 nuovi farmaci anticancro, in particolare immunoterapici e terapie a target molecolare. Cure che hanno contribuito a migliorare sensibilmente la cura di molti tumori. Nel nostro Paese, di queste 46, ne sono arrivate 38. Complessivamente l’Italia si colloca al terzo posto dopo Germania (45) e Svizzera (41), e davanti a Francia (33), Grecia (32), Svezia (30), Olanda (29) e Spagna (26). 

Oltre un anno di attesa

Con l’approvazione di EMA però non significa avere subito disponibile il nuovo farmaco al letto del malato. Dopo l’autorizzazione europea infatti occorre passare per una valutazione da parte delle agenzie nazionali del farmaco -per l’Italia è AIFA- utile a stabilire il costo e il reale impatto nel migliorare la vita del paziente rispetto a ciò che già è disponibile. Una valutazione necessaria ma che spesso, per come oggi è strutturata la nostra sanità, porta a delle doppie e in alcune casi triple valutazioni che non fanno altro che dilatare i tempi. Così accade che i pazienti oncologici del nostro Paese debbano aspettare una media di 419 giorni (più di un anno) per accedere ai farmaci anticancro innovativi contro i 102 di Germania, 145 della Danimarca e 267 dell’Austria. Un tempo ancora troppo lungo nonostante i progressi fatti nell’ultimo decennio. Nel 2010 occorrevano due anni di media.

I motivi

Le ragioni di questi tempi lunghi sono essenzialmente di natura burocratica. Oggi in Italia, accanto al Servizio Sanitario Nazionale, convivono 19 Regioni e 2 Province autonome. E in 10 Regioni sono ancora presenti i Prontuari Terapeutici (Ospedalieri) Regionali (PTR/PTOR), cioè liste di farmaci prescrivibili all’interno dei presidi ospedalieri regionali, pubblici e privati accreditati. Ciò significa che ottenuta una approvazione di AIFA occorre aspettare ancora perché le indicazioni vengano recepite dalle Regioni e inserite nei Prontuari Terapeutici.

«La nostra società scientifica -spiega Franco Perrone, presidente dell’AIOM- ha più volte documentato come in Italia si riscontrino disparità territoriali nell’accesso ai farmaci, anche a causa della regionalizzazione della sanità. I prontuari terapeutici locali, di fatto, aggiungono uno step all’iter, già lungo, di approvazione e recepimento di un nuovo farmaco, prima che sia realmente disponibile per il paziente. Molte Regioni hanno attribuito carattere vincolante al proprio Prontuario, obbligando le strutture a scegliere i farmaci da inserire nei Prontuari Terapeutici Ospedalieri solo all’interno di una lista limitata che tenga anche conto delle ricadute della prescrizione ospedaliera sui consumi territoriali. In alcune Regioni, pur essendo presenti, non sono vincolanti per l’acquisto dei farmaci oncologici. Altre Regioni non dispongono, invece, di un Prontuario Regionale con immediata disponibilità delle terapie, il che si traduce in un’ampia variabilità interregionale. Si tratta di disparità inaccettabili, soprattutto se pensiamo alle cure anticancro, per cui un accesso omogeneo sul territorio costituisce un aspetto di fondamentale importanza per l’efficacia e l’equità del trattamento. Ci auguriamo che la riforma di AIFA sia portata a termine quanto prima. Un assetto definito dell’agenzia regolatoria potrà infatti aiutare a risolvere questi problemi».

Abolire i prontuari regionali

Per cercare di ridurre i tempi di accesso in questi anni sono state proposte alcune soluzioni come l’early access, ovvero una disposizione che regola l’accesso e la prescrizione di farmaci già approvati dall’ente regolatorio europeo, prima del rimborso a carico del Servizio Sanitario Nazionale. «I percorsi principali che permettono l’accesso alle terapie, senza che il loro costo debba gravare sull’ospedale che lo richiede, sono costituiti dal Fondo AIFA del 5% e dalla legge 648/1996, che consentono la totale rimborsabilità da parte del Servizio Sanitario Nazionale, e dall’uso compassionevole/nominale, con fornitura gratuita da parte dell’azienda farmaceutica. Secondo un sondaggio promosso da AIOM, ben il 90% degli oncologi ha avuto esperienza diretta con l’early access per ottenere in anteprima i farmaci antitumorali. Tuttavia, una quota consistente ha affrontato problemi causati dalle procedure burocratiche. Ad esempio, nell’ambito delle richieste al Fondo 5%, AIFA deve necessariamente rispondere ad ogni domanda valutando il singolo caso. Il riscontro può arrivare in tempi variabili, a volte anche dopo oltre un mese, e questo rischia in alcuni casi di tradursi in un tempo d’attesa troppo lungo. Inoltre, il cambiamento delle regole per l’accesso a tale fondo, ha reso molto più difficile l’effettiva eleggibilità dei pazienti» spiega Massimo Di Maio, presidente eletto di AIOM. Ma l’early access non risolve alla base il problema. «Per ridurre i tempi di latenza -spiega Saverio Cinieri, presidente uscente di AIOM- devono essere aboliti i Prontuari Terapeutici Regionali e va consentita l’immediata disponibilità dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, anche nelle more delle gare regionali». – Fonte Fondazione Umberto Veronesi.

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