Gaetano Ambrosiano, ex segretario provinciale di Articolo Uno ed attuale attivista Pd, è convinto che nel dibattito del capoluogo sulla viabilità vi sia un problema di fondo connesso col mancato ascolto della società civile, dei movimenti e delle associazioni, del sentimento profondo della città, insomma. “Le politiche ambientali ed urbane come la mobilità sono la grande sfida di questo millennio nella costruzione di un progetto e dunque di un soggetto ‘Urbano’ consapevole – esordisce -. E qui incontriamo il problema che avvolge il capoluogo: la collettività non riesce a ritrovare il proprio protagonismo. L’ascolto necessario è quello delle voci di dentro della città della società civile, l’ascolto delle organizzazioni e dei corpi intermedi così come dei comitati di quartiere e dei gruppi di cittadini, dell’associazionismo e del volontariato; voci, diverse per vigore anche per sensibilità ed intonazione, ma purtroppo lontane da quella visione di insieme che la città rappresenta o almeno dovrebbe rappresentare nella sua complessità”.
L’intervista
- Visto che se il centrodestra non ascolta, il centrosinistra non è che possa dare lezioni, dove sta il rimedio?
“L’indirizzo dovrebbe essere quello di un massimo rigore nell’individuare un metodo che voglia diventare uno stile di governo partecipativo per la città. In questa prospettiva vanno inserite idee, proposte, programmi e concrete azioni che favoriscano e sostengano la ripresa di una gestione che pare abbandonata spesso alla più totale improvvisazione. Quel che abbiamo trovato oggi sono frammenti sparsi di una città ai quali manca la ricucitura di una visione identitaria. Concetti che chi amministra ha il compito di pensare, nel realizzare a tutti i livelli e su tutto il territorio, la rigenerazione delle periferie e del centro storico. Rimangono assenti una visione e un progetto generale della città, che resta interpretata a pezzi e per singoli e isolati interventi, scelti spesso in base alla presenza di finanziamenti e non inseriti coerentemente all’interno di strategie e obiettivi generali, misurati e misurabili sulle reali esigenze dell’area urbana. Del resto la problematica percezione del presente sta determinando l’incapacità di immaginare lo sviluppo futuro”.
- Eppure cento milioni di investimenti pubblici e privati sul capoluogo, rispetto al deserto del resto della provincia, dove c’è solo qualche finanziamento di scuole grazie al Pnrr e nulla più, qualcosa in termini di tentativi progettuali vorrà pur dire…
“Grandi e complesse opere hanno avuto un’attenzione quasi esclusiva a discapito di una visione dell’insieme. Ad oggi manca del tutto un progetto calibrato sul territorio, diversificato e interdisciplinare, come anche sta accadendo alle varie riqualificazioni che interessano alcune aree, come ad esempio la piazza della stazione ferroviaria, le piste ciclabili, la rigenerazione del centro storico, parchi edificati senza alcun concetto di relazione con la mobilita cittadina. Così siamo al cospetto di una città che, attraverso il suo enorme patrimonio verde, va alla deriva in un flusso di situazioni fuori controllo; una città che è ferma all’impresa che fu di uno sviluppo che probabilmente non rivedremo mai più. A tutto questo aggiungiamo la più totale invivibilità generata da un traffico automobilistico abbandonato a se stesso, in una viabilità caotica e dantesca nel tempo di impiego per piccoli tratti e congestioni di traffico. A cui dobbiamo aggiungere la produzione di polveri sottili che rendono invivibile l’aria a scapito della qualità di vita e salute per i cittadini”.
- Tra ascensore inclinato, piste ciclabili e Brt, comunque, qualche idea per la ricucitura del tessuto urbano traspare, no?
“Penso, invece, che sia uno scenario mortificante che ha privato e sta privando Frosinone non solo della possibilità di creare una rete urbana capace di riqualificare l’intera città, ma anche del ruolo, più volte sbandierato, di porta aperta e perno nel ruolo di città intercomunale e di asse portante del progetto di area vasta. Le statistiche ci indicano sempre più tra i centri che perdono residenti, senza che alcuna riflessione giunga dai corridoi di Palazzo Munari. Meno che mai riflessioni anche da parte delle opposizioni o di un Partito Democratico smarrito in corridoi congressuali nell’eterna lotta delle correnti. Se a questo aggiungiamo un’Amministrazione che pare gestita in maniera impermeabile, incapace di promuovere un sistema di relazioni a connotare l’intera struttura, si comprende che parliamo della più totale autoreferenzialità. I diversi servizi lavorano isolati l’uno dall’altro, anche a discapito di progetti evidentemente trasversali, dove la stessa dislocazione fisica degli uffici non permette la comunicazione sullo stato di avanzamento dei progetti”.
- Come impostare, allora, un programma d’azione amministrativo incisivo e innovativo?
“La questione ambientale e la transizione ecologica con tutte le sue discipline interne, come la Mobilità urbana, perno dei cambiamenti che abbracceranno il prossimo futuro, ci spingono ad attuare un approccio partecipativo e multidisciplinare. Al centro deve restare un punto fermo: la persona resta e rimane il fine su cui è puntata una stretta connessione tra diritti sociali e diritti ambientali. Da qui passa il futuro delle nuove generazioni. Così deve nascere un progetto concreto per il territorio fondato sulla qualità della vita e sulla progettazione di un’economia legata alle regole di un ambiente urbano sano e sostenibile”.