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‘Il presagio’, la potenza del male secondo Seltzer: un viaggio nella paura tra fede e apocalisse

La recensione del libro datato 1975, seguito all'omonimo film, che è diventato un classico della letteratura horror

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Il presagio (The Omen) di David Seltzer si inscrive nel solco della grande narrativa gotica e apocalittica del Novecento (1975), pur nascendo come romanzo di accompagnamento a un’opera cinematografica. È un testo che, sebbene concepito in dialogo stretto con lo schermo, possiede una sua autonomia e una capacità propria di evocare inquietudine, sospensione e sgomento metafisico.

Seltzer non si limita a raccontare la vicenda di Damien, il bambino che incarna l’oscuro annuncio dell’Anticristo; egli orchestra una sinfonia narrativa che accosta il soprannaturale al quotidiano, il dogma religioso alla fragilità dei legami familiari. La storia diventa specchio delle ansie della modernità: la paura che il male possa insinuarsi nel nucleo più intimo, la famiglia, e da lì propagarsi come forza incontrollabile nel mondo.

Trama e architettura narrativa

La trama è nota ma merita di essere ripercorsa nella sua struttura romanzesca. Robert Thorn, diplomatico americano, si trova costretto a un gesto che segnerà per sempre la sua esistenza: accogliere come figlio un neonato che non è suo, celando alla moglie la verità su quell’adozione. Il bambino, Damien, cresce circondato da presagi oscuri, eventi inspiegabili e morti violente che sembrano seguire chiunque tenti di rivelarne l’origine.

La scrittura di Seltzer insiste su una costruzione progressiva della tensione. Non si abbandona mai al puro orrore improvviso, ma dosa i segni: animali inquieti, figure sacerdotali ossessive, casualità troppo perfette per essere davvero casuali. Il romanzo si sviluppa come una spirale che stringe i suoi protagonisti, conducendoli verso la consapevolezza ineluttabile di essere pedine di un destino già scritto.

I personaggi come archetipi tragici

I personaggi principali — Robert Thorn, sua moglie Katherine, il misterioso sacerdote Brennan, il fotografo Jennings — non sono semplici ruoli funzionali alla vicenda, ma incarnazioni di archetipi. Thorn rappresenta l’uomo moderno che, pur immerso in privilegi e certezze razionali, si ritrova a dover fare i conti con un sovrannaturale che ne mina le fondamenta. Katherine incarna la maternità violata, la donna che intuisce prima di tutti l’alterità del figlio, pagandone il prezzo più alto. Brennan è il profeta maledetto, testimone di una verità che nessuno vuole ascoltare; Jennings, infine, simboleggia la ragione empirica che si piega di fronte all’evidenza del Male assoluto.

Damien, centro silenzioso della narrazione, rimane enigmatico e quasi intangibile: la sua forza risiede nell’essere più simbolo che individuo, emblema di una minaccia che sovrasta ogni interpretazione umana.

Temi portanti: fede, destino, paura del futuro

Il romanzo si nutre di temi che trascendono la cronaca narrativa. Al cuore vi è la riflessione sulla profezia: può l’uomo sfuggire a un destino inscritto nelle Scritture? È possibile opporsi a una forza che si presenta come ineluttabile? In parallelo, Seltzer esplora il dramma della fede incrinata: i personaggi sono costretti a misurarsi con una verità che non coincide con il loro credo, che lo distorce e lo trasforma in minaccia.

Sottotraccia si avverte la paura tipicamente contemporanea della dissoluzione dei legami familiari, della corruzione dell’infanzia, della perdita di un ordine rassicurante. Il presagio diventa così una metafora potente della fragilità della civiltà occidentale degli anni Settanta, minacciata da forze oscure che provengono tanto dall’interno quanto dall’esterno.

Stile e atmosfera

Lo stile di Seltzer è diretto, privo di orpelli eccessivi, ma calibrato per creare immagini persistenti. Le descrizioni degli eventi funesti hanno il passo della cronaca nera, rendendo l’orrore più tangibile, perché innestato in una dimensione verosimile. La scelta di alternare dialoghi serrati a momenti di introspezione conferisce ritmo e densità psicologica al racconto. L’atmosfera complessiva è di cupa inevitabilità: ogni pagina trasuda la sensazione che il tempo stia precipitando verso un epilogo già scritto.

Valore letterario e culturale

Pur nato come romanzo “di servizio” rispetto a un film, Il presagio ha saputo conquistarsi una propria dignità letteraria. La sua forza risiede nella capacità di attingere a un immaginario biblico e arcaico e di calarlo nelle paure più concrete e moderne. È, a suo modo, un esempio di come la narrativa popolare possa farsi veicolo di riflessioni più ampie: sul male come categoria assoluta, sulla vulnerabilità delle istituzioni familiari e religiose, sul rapporto tra destino e libertà umana.

La sua fortuna culturale dimostra come, al di là dell’horror e del sensazionalismo, Seltzer abbia intercettato un bisogno profondo di simboli e di racconti capaci di esprimere le inquietudini di un’epoca.

Parabola oscura sulla condizione umana

Il presagio di David Seltzer non è soltanto un romanzo di genere, ma una parabola oscura sulla condizione umana. Ci ricorda che il Male non si manifesta necessariamente con clamori spettacolari: esso può abitare la quotidianità, indossare i tratti innocenti di un bambino e insinuarsi là dove ci si aspetterebbe solo amore e sicurezza. È un testo che, pur appartenendo alla narrativa popolare, conserva un’aura disturbante e persistente, capace di interrogare ancora oggi il lettore colto sul rapporto tra fede, destino e rovina.

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