L’associazione di promozione sociale FIAB FROSINONE- Su2Ruote si è contornata di nuovi amici che amano andare in bicicletta e che non la considerano un mero strumento per esercizi muscolari, ma qualcosa di più profondo che interessa anche la sfera intellettiva e relazionale. E’ con questo approccio che è si consolidato un progetto con i simpatici utenti delle Comunità terapeutico riabilitative F. Basaglia e R. Priori della Asl di Frosinone, persone con psicopatologie che stanno seguendo un percorso riabilitativo che prevede anche l’uso della bicicletta. In pratica, la bici è uno dei laboratori esterni alla struttura in cui queste persone possono ritrovare fiducia, equilibrio, divertirsi e aprirsi ad altre persone.
Si svolgono delle periodiche uscite di gruppo in bicicletta nel perimetro di Frosinone, viene praticata attività di manutenzione ciclistica e la Fiab ha regalato ai partecipanti una borraccia al fine di premiare l’impegno. Gli utenti hanno mostrato sincero interesse e coinvolgimento: ognuno di loro ha cura della propria bicicletta ed affrontare la strada, meglio su pista ciclabile, è ogni volta un successo con risvolti positivi oltre che alimento per l’armonia e la forza interiore.
D’altronde sono le finalità del progetto proposto e accolto: “L’individuo si vedrebbe inserito in un contesto non istituzionalizzante né sanitario – è precisato – con la possibilità di sperimentarsi in un’attività manuale che, non solo lo realizzerebbe accrescendo la sua self-efficacy, ma lo stimolerebbe anche a riscoprire i propri interessi ed acquisirne di nuovi, lontano dalle etichette e dalla prescrizioni mediche, per ritrovare in sé una voglia di fare e di essere, propria di qualunque essere umano”. Questa speciale ciclofficina, dunque, si è rivelata un’esperienza di arricchimento umano per i volontari dell’associazione di promozione sociale e per gli utenti, con piena soddisfazione degli operatori che hanno avuto la lungimiranza di creare un’opportunità di reale crescita e cura della salute mentale. Il fatto che anche semplicemente rimettere a posto una catena diventi qualcosa di straordinario, conferma che la mobilità attiva può assumere una funzione non affatto banale e inclusiva in una società in cui la motorizzazione domina spazi pubblici e dinamiche quotidiane alterando il bisogno e il diritto naturale di muoversi e vivere in maniera sana.