Quello del lavoro sommerso è una delle piaghe che mai potrà essere sradicata nella nostra penisola, una consuetudine talmente praticata che nessun piano nazionale, misura o riforma di governo riuscirà a sanare. Con i fondi del PNRR è stato istituito anche il Comitato Nazionale per il Contrasto al Lavoro Sommerso: che sia di destra o di sinistra, le azioni dell’esecutivo per prevenire e combattere il lavoro sommerso, il caporalato, ovvero lo sfruttamento dei lavoratori, ed altre forme di lavoro irregolare, sono di difficile applicazione, mancando oltremodo le forze in campo per attuarne i contenuti, partendo dai controlli.
Gli imprenditori spesso “denunciano” la carenza di personale, la scarsa volontà di lavorare ed impegnarsi nel ruolo. Ma è davvero così? In alcuni casi, verificati dalla nostra stessa redazione, vengono richieste esperienza e professionalità, disponibilità sette su sette, senza giorno di chiusura, flessibilità oraria per coprire i “turni spezzati” tra il pranzo e la cena. Quando si domandano informazioni sulla paga la risposta è vaga, evasiva, normalmente l’interlocutore se ne esce con un “Poi vediamo, dipende da come lavori”. E se lavori, a fine serata scoprirai che hai dato il massimo, per 12 ore, per 60 euro…ma c’è anche di peggio.
Agosto è per eccellenza il mese delle ferie, delle vacanze, del turismo e relax: un mese in cui notoriamente aumentano le richieste di personale avanzate dagli esercizi pubblici, dai bar ai ristoranti ai locali di intrattenimento e le strutture ricettive. In questo contesto si moltiplicano le testimonianze di “dipendenti”, donne in particolar modo, ognuno con la sua storia, una storia che in definitiva accomuna tutti nella medesima esperienza. Lavoratori e lavoratrici sottopagati, con orari massacranti e servizi interminabili, impiegati in mansioni diverse, contratti con lacune infinite o retribuiti in nero, senza alcuna tutela.
Lo sfogo di una “plongeur”, una lavapiatti, di un noto ristorante della provincia
«In cerca di lavoro, perché ho bisogno di lavorare, a giugno ho risposto a diversi annunci per la stagione estiva nel comprensorio dove risiedo. Escludendo quelli che “offrono” la settimana di prova senza retribuzione oppure 15 giorni a metà paga, mi sono impegnata con il titolare di un ristorante per diverse date in cui aveva dei banchetti. Impiegata a lavare i piatti, dalle 17:00 alle 24:00 circa mi aveva detto. Poi quel “vieni un pò prima” ha cambiato le carte in tavola. Iniziavo alle 15:00 ed il più delle volte sono andata via alle 04:00 di notte. Partivo con la “preparazione” tra limoni da affettare, patate da sbucciare, insalate, calamari, marinature e via dicendo, sono finita in cucina davanti ad una friggitrice, mentre piatti, padelle e pentolame si accumulavano in lavanderia. Spesso alle 09:00 del giorno successivo dovevo tornare al ristorante per le cerimonie ed, arrivando a sera, mi hanno fatto lavorare per due servizi con la paga a metà, ovvero 50 euro come stabilito e 30 “in più” per il doppio turno: 80 euro per 14/15 ore di servizio, mi vergogno a dirlo. Nel weekend ho chiesto se per Ferragosto fosse prevista una piccola “mancia” di incoraggiamento, sono stata umiliata, mi sono sentita una pezzente rispetto alla risposta che mi è stata data. Gli ho lasciato il grembiule e la cuffietta sul lavandino ma non ho detto che non sarei più rientrata in quel posto perché, altrimenti, mi sarei dovuta sorbire per l’ennesima volta la manfrina del titolare sul “Nessuno ha più voglia di lavorare, volete solo andare a fare l’aperitivo, non vi accontentate mai, pretendete i soldi senza guadagnarveli”».