Si può guardare al crollo economico, produttivo, occupazionale e di tenore di vita del Cassinate con le facce sorridenti che ci vengono riproposte insieme ad ogni nota stampa; si può mentire sapendo di farlo, perfino parlando di salute e pelle di tutti, come al termine della surreale riunione sindaci-Dg Asl, raccontata come se essere al capezzale di una struttura sterilizzata e paralizzata da anni di malgoverno della sanità regionale e provinciale (accade al Santa Scolastica ma anche al Santissima Trinità con relativi bacini d’utenza, appena meno allo Spaziani che attende il Dea II con gli stessi tempi della santificazione di Bergoglio) fosse cosa risolvibile con due promesse e quattro strette di mano. Ma la realtà che emerge illumina la “faglia” che sembra separare sempre di più due pezzi di provincia, lungo i confini storici tra Ciociaria e Terra di Lavoro.
L’hanno ripetuto sulle nostre pagine sia il segretario Cisl Lazio Coppotelli che il segretario Ugl Valente: l’area nord – per fortuna e grazie ad una industrializzazione resiliente e diversificata – cresce a seguito della tenuta e degli investimenti del comparto manifatturiero, che resta l’ossatura portante del benessere collettivo. Un benessere che non può essere alimentato solo dai posti pubblici (in parte non marginale improduttivi e che perfino ostacolano lo sviluppo) e neppure dai contratti dei servizi, spesso sottopagati e stabilmente precarizzati. Quanti ragazzi vanno via dopo aver sperimentato lo sfruttamento continuo operato da percentuali rilevati di interi settori: dal commercio alla ricettività? Manco i cuochi valorizziamo e la Francia è piena di giovani compaesani che dopo l’alberghiero finiscono nelle cucine di ristoranti ed hotel transalpini. Altro che turismo che salva il futuro delle nostre comunità.
Professori e industriali nel Cassinate studiano come uscire dal tunnel
Ora la questione è che farmaceutico, difesa e multinazionali danno una prospettiva ai nostri ragazzi da Ceprano a salire. Mentre da Ceprano in giù siamo a percorrere strade industriali costellate dalle macerie dell’automotive che c’era. Chi eroicamente resiste, imprenditori dell’indotto e lavoratori, spera nella svolta Stellantis rinviata al 2026. Da ultimo anela perfino ad agganciarsi alla scommessa del molisano Di Risio, che ad Anagni potrebbe aprire il primo vero montaggio di auto (tecnicamente fatte in Italia) del gruppo Dr. Sicuramente tra Unicas e imprenditori del Cassinate qualcosa si muove per tentare di salvare il salvabile e guardare oltre: professori e industriali sanno di cosa parliamo e cosa c’è arrivato addosso. L’esperienza di Power4Future, di E-lectra, delle ricerche portate avanti da Ingegneria insieme ad Stm accendono la speranza e offrono una maniglia a cui aggrapparsi per non disperare.
La classe degli eletti senza idee se non… per le caselle da occupare
Ma la classe dirigente, politica e amministrativa, non ha visto arrivare la crisi dell’auto, non sta facendo granché per arginare l’impoverimento e le difficoltà conseguenti e non pensa minimamente a cosa progettare per il futuro prossimo. Neanche un’idea che fosse una: facoltà di medicina, si diceva una volta, ferrovia Piedimonte-Gaeta s’è scandito 30 anni fa, provincia trasversale, s’è sperato a fine anni ’90. Ma oggi ci ritroviamo con questi eletti o nominati che pensano sì all’avvenire ma solo a quello proprio. Esponenti di partiti (da utilizzare e mai frequentare e servire), sindaci, consiglieri, deputati autoreferenziali che accarezzano prospettive di emolumenti d’oro: pensano alle caselle in posizioni eleggibili da occupare per le prossime elezioni, provinciali, regionali, nazionali.
Intanto tutti a guardare cosa vien fuori dal “laboratorio” Ceccano
Intanto ora siamo oziosamente tutti – almeno quelli che cercano di dare un senso ai fatti politici – a guardare al “laboratorio” Ceccano: dal quale potrebbe uscire un centrodestra che spunta più o meno intatto, a sorpresa, da uno scandalo che avrebbe cancellato tutti i protagonisti e co-protagonisti in qualsiasi altro sistema democratico (ma dopo Trump è lecito dubitare anche di questo); oppure un centrosinistra “allargato” e tenuto insieme non s’è ben capito da cosa. L’unica considerazione che viene da fare è che qui il futuro delle nostre comunità non pare possano assicurarlo né gli uni – che non fanno manco i conti con le responsabilità politiche mai riconosciute, figurarsi se pansano davvero al resto – né gli altri, che farfugliano slogan e spezzoni di proposte. Si azzardano a parlare di città ideali senza averne mai immaginata neanche una.
La “faglia” economica ricomposta nel segno del livello politico modesto
Su questo terreno di politica insidiosamente instabile, dove le parole sostituiscono i fatti, la “faglia” nord-sud della provincia sembra trovare un insperato punto di ricomposizione. Del resto siamo proprio sulle rive inquinate del Sacco. Meno maleodoranti del passato, magari, ma pur sempre disarmanti di fronte all’ambiente lasciato al suo corso, con una storia di scarichi illeciti e avvelenamenti vari, lungo una Valle del Sacco mai risanata. Manco da quelli che hanno fatto battaglie e sono stati pure al governo. C’è l’acqua pubblica tranquillamente lasciata alla “cura” di Acea con un accordo di conciliazione che cancella possibile risoluzione pur motivata, lotte popolari e richieste di utenti e comuni saccheggiati nelle tasche e umiliati nei servizi. Mentre è la grande impresa a salvare economia ed occupazione del nord della provincia, perché la classe politica, in fin dei conti, non dà prove di riscatto né sopra e men che mai sotto Ceprano.
Tutto fa brodo in questa politica, perché accende cortine fumogene e sottrae carriere a chi le meriterebbe. Centrodestra e centrosinistra su queste cose pari sono. Per costoro, nostri rappresentanti, è sempre stato e sempre sarà un primo maggio qualsiasi. Si fa festa ogni giorno con soldi pubblici e supercazzole consulenziali. I richiami di Mattarella sui bassi salari e su chi muore per portare a casa mille e duecento euro al mese? Ma per cortesia.