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Stellantis Cassino, altri stop produttivi subito dopo la “ripresa”. Trasferte volontarie proposte per il sito della Serbia

La produzione non regge e le linee tornano a fermarsi a poche ore dalla annunciata "ripresa". Prospettiva nera per lavoratori e territorio

La linea di montaggio dell'Alfa Romeo Giulia ai tempi di Marchionne
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Il disastro Stellantis a Piedimonte, stabilimento giunto all’ultimo stadio di uno smantellamento sistematico di posti di lavoro e livelli produttivi portato avanti con dolosa determinazione dai francesi da circa 5 anni a questa parte, è ormai plateale e davvero indecoroso. Visto che ormai non si tiene in piedi la produzione l’azienda ha informato i lavoratori del sito cassinate che si è aperta la trasferta volontaria per lo stabilimento Stellantis in Serbia(Kragujevac). La trasferta retribuita è di euro 70 netti al giorno. Peraltro dopo la finta ripresa produttiva dopo le ferie d’agosto, lo stabilimento è già fermo. Oggi – venerdì 5 settembre – stop per Lastratura e verniciatura. Il montaggio – che ha ripreso martedì – sarà fermo lunedì 8 settembre.

Territorio sfibrato, la Flmu: la fabbrica adesso torni alla collettività

“Le fabbriche sono di chi ci lavora, degli operai, delle famiglie degli operai costrette ai sacrifici derivanti dai bassissimi salari, dei cittadini del territorio che ne subiscono l’invasività, dei contribuenti che con le loro tasse hanno sostenuto l’economia privata, e non di coloro che decidono di chiuderle. Quando un industriale decide di chiudere una fabbrica, questa deve tornare alla collettività, a costo di occuparla a oltranza, e non essere oggetto di volgare speculazione immobiliare e politica”: mette le mani in avanti la Federazione Lavoratori Metalmeccanici Uniti – Confederazione Unitaria di Base di Cassino. Che aggiunge: “La riconversione degli stabilimenti industriali, in luogo delle mere speculazioni immobiliari delle fabbriche chiuse, è un qualcosa che riguarda gli operai e le piccolissime società dell’indotto, e non può essere lasciata in mano agli speculatori e agli approfittatori. Per intendersi, riconvertire una fabbrica non vuol dire chiedere a un altro industriale di continuare a sfruttarci, ma di ripensare alla manifattura come occasione per una nuova economia popolare del nostro Paese”.

Il sindacato di base: carattere pubblico dell’impresa e controllo degli operai

“Il carattere pubblico dell’impresa e il controllo diretto degli operai devono essere alla base della riconversione degli stabilimenti Stellantis in Italia – avverte e conclude la Flmu Uniti -; il carattere socialmente integrato farà sì che l’impresa non sarà vista in modo invasivo dal territorio, ma che, appunto, si integrerà, divenendo un tutt’uno con il tessuto economico e con l’indotto. In tal senso la grande mole di lavoro giuridico degli operai dell’ex GKN e le preziose esperienze della ‘Rete delle fabbriche recuperate’ possono rappresentare un importante punto di partenza per elaborare un sistema di fabbriche di pubblica utilità concepite dal basso, dai territori, dagli operai e dalle economie comprensoriali. Dobbiamo lottare per le fabbriche di pubblica utilità e a ricollocare i lavoratori attualmente addetti. Fabbriche di pubblica utilità, sotto il controllo pubblico e operaio, che riconvertano non solo le produzione, ma anche il paradigma delle produzione”.

Quasi cinque anni di smantellamenti e riduzioni d’organico

Va appena ricordato che, nonostante a fine agosto il ministro del Made in Italy, Adolfo Urso, abbia rassicurato sostenendo che in Italia nessuno stabilimento Stellantis chiuderà, le ultime settimane hanno registrato uscite incentivate di lavoratori da Pratola Serra, Pomigliano D’Arco, Termoli e Melfi, 610 le uscite da Mirafiori mentre a Cassino sono stati comunicati 265 esuberi, sempre spinti attraverso la volontarietà. Solo da inizio anno Stellantis ha espulso circa 2mila suoi lavoratori diretti che si sommano ai diecimila già fatti fuori dal 2021 – anno della acquisizione di Fca da parte di Peugeot – fino a tutto il 2024. Un dramma sotto gli occhi di tutti. Solo politica e istituzioni paiono del tutto immobili se non indifferenti. Anche nel Cassinate.

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