Nelle prossime settimane al rettorato dell’Università degli Studi di Cassino e del Lazio meridionale sono attesi i temuti ispettori Anvur, dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca. Temuti soprattutto dagli atenei medio piccoli, che più rischiano nel momento in cui vengono passate al setaccio le attività amministrative e tecniche. L’esame delle performance si svolge – secondo quanto assicurano dall’agenzia – “nel rispetto dei principi di trasparenza, efficacia e miglioramento continuo, contribuendo a costruire un sistema di formazione superiore e ricerca sempre più competitivo e di qualità”. Se non fosse che Unicas sorge al centro di un “cratere” di crisi sociale e produttiva aperto dal crollo dell’automotive, su un territorio decisamente esangue, marginale rispetto a Roma e Napoli, mentre si scontano gli effetti di pesanti errori di gestione culminati in “incidenti” clamorosi (come l’ammanco per omessi versamenti contributivi per circa 40-44 milioni di euro, emerso nel 2017 o l’indagine dello scorso anno sui Tfa).
Tra piano di risanamento e ripresa del reclutamento di docenti
Unicas sta tentando di riprendersi, da una parte sistemando i conti e dall’altra riavviando le assunzioni di docenti e quindi tornando a spingere sull’offerta formativa dopo la forzata “cura dimagrante”, indotta appunto dal buco nei bilanci da cui si è salvata solo grazie ad un’anticipazione Miur da 22milioni e 600mila euro e ad un connesso piano di risanamento: da oggi al 2031 dovrà restituire ancora 9 milioni e 400mila euro al ministero. Siamo in una fase insomma ancora critica, con un numero di iscritti limitati – circa 7500, il 16% dei quali stranieri – ed un panorama arrembante di concorrenza da parte di altri atenei: Campobasso, Vanvitelli a Caserta, poi il polo di Latina, senza contare capoluogo partenopeo e capitale. Dovrebbe essere nell’interesse del Lazio meridionale salvare l’autonomia di Unicas ed anzi agganciarla sempre di più alle scelte di governance di questa regione sempre più depressa che l’istituzione del “Sol per noctem” interpreta fedelmente, anche con la sua stessa fragilità e le prospettive di difficile interpretazione.
L’evanescente sostegno del territorio per commissioni e contributi
Perché Unicas è tenuta ai margini dal Lazio e per nulla considerata dalla Campania. Lo stesso territorio che la ospita stenta a sostenerla. Lo indicano, ad esempio, i già limitati proventi da ricerche commissionate e trasferimento tecnologico: si sono ridotti dai circa 2 milioni e 50mila euro del 2024 ad 1 milione e 670mila dell’anno in corso. Quanto alle famose tasse di iscrizione al corso abilitante all’insegnamento sul sostegno, l’impatto benefico sui conti dopo le note vicende è stimato in diminuzione a 9milioni e 500 mila euro, rispetto ai 12,8 milioni circa del passato ciclo. Il Fondo di Finanziamento Ordinario statale va poco oltre i 36 milioni di euro su un bilancio che conta su proventi operativi di poco superiori ai 75 milioni di euro. Ci sono zero euro in bilancio alla voce contributi Regioni e Province e altre Amministrazioni locali. Come volevasi dimostrare.
Palazzi ex Lettere e Filosofia ceduti, niente attrezzature scientifiche
Il costo del personale è in crescita: da 40 milioni e 357mila euro del 2024 a 43 milioni e 247.949 euro per l’anno in corso. Il costo del personale dedicato alla ricerca e alla didattica passa da 27.944.322 a 29.137.943 euro; quello tecnico amministrativo e bibliotecario da 12.419.440 a 14.110.006. In queste cifre si scorgono i piani straordinari per il reclutamento di professori ordinari e associati, il piano straordinario per il passaggio da ricercatore a tempo indeterminato a professore associato, il piano di reclutamento straordinario di cui al DM 795/2023, il reclutamento previsto dalle progettualità finanziate dal PNRR e dei ricercatori a valere su progetti e ricerche in corso. Per reperire qualche risorsa in più è stata prevista la cessione dei due immobili B e C ex sede universitaria della Facoltà di Lettere e Filosofia con valore stimato complessivo di 3.910.000 per entrambe le
strutture: in bilancio c’è la previsione di cessione per 1.955.000 nel 2026 e 1.955.000 nel 2027. Investimenti in attrezzature scientifiche praticamente azzerati una volta archiviati i progetti Pnrr.

La distanza tra accademia e referenti politici e istituzionali locali
Tra risanamento in atto e tentativo di riprendere quota nella didattica e nella ricerca, Unicas corre verso una verifica per la quale ha le carte in regola. Ma che rappresenta l’ennesimo test di sopravvivenza per un’istituzione abituata a giocare da sola la carta di ultimo baluardo al definitivo dissanguamento della vitalità economica e sociale del Cassinate e di una larga porzione del Lazio meridionale. L’accademia e la politica del territorio continuano a guardarsi come se fossero rassegnate alle distanze incolmabili, pur condividendo le stesse strade e le stesse aree degradate che lasciano gli studenti stranieri imprigionati nel Campus e per nulla attratti da una città poco accogliente ed ancor meno aggregante.
Un presidio per l’alta formazione lungo il territorio-cerniera
I giochi nazionali collegati alla riforma dell’Anvur sono più che mai rischiosi per realtà non sostenute adeguatamente dai territori, perché fanno intravedere un controllo accresciuto del governo sugli atenei legando i finanziamenti a logiche politiche coi meccanismi di quote premiali. La caduta libera del cassinate, mentre gli esponenti locali di spicco pensano essenzialmente a come farsi rieleggere, proseguirà pesante, creando altra povertà e mandando via altri ragazzi. Indifferente alla silenziosa sfida Unicas per conservare l’autonomia, la libertà di ricerca e di insegnamento, il presidio dell’alta formazione lungo la frontiera arida che apre le porte al Sud più struggente e disperato.