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Cassinate, rinviato a giudizio un religioso: è accusato di molestie sessuali su una fedele

La vittima si era recata dal prelato in cerca di sostegno per affrontare un periodo difficile a livello familiare

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Partirà il prossimo dicembre il processo a carico di un religioso residente nel Cassinate, accusato di molestie sessuali nei confronti di una donna che si era rivolta a lui in cerca di sostegno spirituale.

A disporre il rinvio a giudizio è stato il Giudice per l’Udienza Preliminare Domenico Di Croce, che ha accolto la richiesta formulata dalla Pubblica Accusa, rappresentata dal PM Carmen Fusco, sulla base di un impianto accusatorio ritenuto solido.

I fatti risalirebbero ad alcuni anni fa. La vittima, secondo quanto ricostruito in un dettagliato esposto depositato in Procura, si era recata presso la sede dove il prelato riceveva, su invito di un’amica, dopo aver vissuto un periodo difficile a livello familiare. Ma quello che doveva essere un incontro di conforto spirituale, si sarebbe trasformato — stando alla denuncia — in un’esperienza traumatica: atti sessuali non consensuali, all’interno di un contesto che la donna ha descritto come di soggezione e sorpresa, culminati senza un rapporto completo, ma tali da configurare un’aggressione.

A rafforzare la denuncia, le dichiarazioni di più testimoni ascoltati dagli inquirenti, ai quali la donna aveva confidato quanto accaduto nelle ore immediatamente successive all’episodio. La difesa della parte offesa è stata affidata agli avvocati Alberto Scerbo e Alessandro Cervelli. Il religioso, attivo da tempo nel territorio, non risulta appartenente alla Chiesa Cattolica Romana, né incardinato in una diocesi. Già in passato era finito al centro di polemiche di natura politica ed ecclesiale, per il ruolo assunto in alcune realtà associative e per il mancato riconoscimento del suo status clericale da parte delle autorità religiose ufficiali.

Secondo quanto emerso da precedenti verifiche, non gli è mai stato rilasciato un “celebret”, ovvero l’autorizzazione ufficiale per amministrare sacramenti o officiare messa. Alcuni anni fa avrebbe tentato di presentarsi come “sacerdote ortodosso” presso parroci della zona, ma senza alcun riconoscimento formale. L’avvio del dibattimento segnerà il prossimo passo di una vicenda che, oltre all’aspetto penale, pone interrogativi profondi sul tema della fiducia e sull’identità di chi esercita — senza titoli riconosciuti — una guida spirituale all’interno delle comunità.

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