Gli episodi che hanno scosso la Ciociaria negli ultimi mesi – dagli incendi dolosi agli attentati a danno delle attività commerciali, fino ai casi più eclatanti come l’auto di un magistrato data alle fiamme a Cassino e gli spari al Caffè Minotti di Frosinone – hanno acceso i riflettori sul livello di sicurezza della provincia e sul ruolo delle istituzioni chiamate a tutelare i cittadini. In questo scenario, l’Arma dei Carabinieri rappresenta per il territorio un presidio costante, fatto di presenza quotidiana, di operazioni e indagini serrate.
Ma il lavoro dell’Arma in provincia di Frosinone è fatto anche di ascolto, prevenzione, impegno nelle scuole, vicinanza alle famiglie. È questo il volto che il Colonnello Gabriele Mattioli, da oltre due anni alla guida del Comando Provinciale, vuole restituire alla comunità: quello di un’istituzione che non si limita a reprimere i reati, ma che prova ad affrontare alla radice le fragilità di un territorio complesso. Con lui abbiamo toccato i temi più caldi dell’attualità, dal contrasto alla criminalità ai nuovi equilibri istituzionali, fino al disagio giovanile e al delicato fenomeno dei suicidi, guardando alle prospettive future per il territorio ciociaro.
L’intervista
- Colonnello, la criminalità ha davvero alzato il tiro in provincia di Frosinone? E a che punto sono le indagini sui recenti casi che hanno scosso l’opinione pubblica, da Cassino al capoluogo?
«I fenomeni che recentemente abbiamo registrato sono reali e concreti e in nessun modo possono essere sottovalutati. Ma non parlerei di criminalità che ha alzato il tiro o che è fuori controllo. Le risposte investigative ci sono state e ci sono: sui fatti di Cassino, ad esempio, sono già stati effettuati arresti, e a Frosinone le indagini sono in corso e ci aspettiamo sviluppi a breve. È chiaro, però, che episodi di questo tipo alzano il livello di attenzione: dobbiamo capire cosa c’è dietro, dare una lettura del contesto in cui sono maturati questi fenomeni, che non vanno sminuiti ma affrontati con fermezza. Ed è quello che stiamo facendo non solo in termini di repressione ma anche di prevenzione».
- Dal suo insediamento ad oggi sono cambiate molte figure apicali: nuovi Procuratori a Cassino e a Frosinone, nuovo Questore. Che significato ha questo rinnovamento e quanto la scelta di questi profili conta per l’attuale contesto provinciale?
«Sono tutti profili di grande spessore, con esperienze maturate anche in settori delicati come ad esempio la Direzione Distrettuale Antimafia. Per il loro background professionale conoscono da vicino le dinamiche territoriali, il contesto e i fenomeni da monitorare e contrastare. Sono già arrivati segnali importanti che testimoniano la volontà di dare un’accelerata all’azione già in essere e ad oggi posso dire che la collaborazione tra Arma, Procure, Questura e altre Forze dell’Ordine è molto positiva: ci muoviamo come una squadra compatta, sfruttando capacità e risorse di tutti, sia sul piano operativo che patrimoniale, con il ruolo chiave della Guardia di Finanza».
- Lei si è esposto più volte in prima persona sul tema dei suicidi e del disagio giovanile. L’Arma svolge da anni un’attività capillare nelle scuole. Secondo lei, quanto pesa la prevenzione e che fotografia possiamo fare oggi?
«I numeri del 2025 segnano un lieve calo dei suicidi rispetto al 2024, con un innalzamento dell’età media delle vittime. Questo non deve farci abbassare la guardia, perché il problema c’è e spesso coinvolge giovani e giovanissimi, vittime di bullismo o di cyberbullismo. Si tratta di fenomeni ancora sottovalutati, per questo ritengo che la prevenzione e l’ascolto vengano prima di tutto. Bisogna lavorare molto nelle scuole, sensibilizzare insegnanti, studenti e genitori. Ed è quello che l’Arma cerca di fare, entrando negli istituti scolastici, parlando agli studenti, spiegando loro le conseguenze di determinate azioni, coinvolgendoli in un percorso costruttivo di crescita e consapevolezza. È fondamentale però fare squadra: istituzioni, scuola e famiglia insieme, per intercettare i segnali di disagio, le dipendenze, i comportamenti devianti, prima che sia troppo tardi».
Bilancio e prospettive
- È entrato nel suo terzo anno alla guida del Comando provinciale di Frosinone. Se dovesse fare un bilancio, quali risultati la rendono più fiero?
«Sono soddisfatto della presenza costante e capillare sul territorio. Nel 2024 abbiamo vissuto un momento difficile per carenza di organico, ma da gennaio 2025 sono arrivate nuove risorse: carabinieri, marescialli, allievi. Questo ci ha permesso di riprendere con più forza sia le attività repressive – su furti, estorsioni e spaccio – sia i progetti di prevenzione, come quelli contro le truffe agli anziani. Un altro punto di orgoglio è il rapporto con i cittadini: quando le persone denunciano, significa che si fidano. È un segnale fondamentale di collaborazione che dobbiamo puntare ad implementare giorno dopo giorno».
- Cosa resta ancora da fare?
«Attaccare la criminalità a un livello più alto, colpendo ai vertici dei fenomeni più strutturati come lo spaccio e le attività estorsive. È lì che si misura la nostra efficacia. Non ci accontentiamo della sola presenza: serve un’azione che incida davvero sulle radici dei fenomeni».
- Cosa significa per lei indossare la divisa e guidare un Comando Provinciale in una realtà complessa come la Ciociaria?
«Sono entrato nell’Arma come Carabiniere ausiliario, poi come Sottufficiale e infine a Modena in Accademia. Oggi mi ritrovo a guidare un’intera provincia, con entrambi i miei figli che hanno scelto di seguire le mie orme. Non passa mattina che io non mi alzi con la voglia di venire a lavorare: per me è come fosse sempre il primo giorno. Sono grato all’Arma per quello che mi ha dato e per quello che sino ad oggi ho raccolto e continuo a vivere questo incarico con passione, affrontando i problemi per risolverli e non per nasconderli».
“Affrontare ogni giornata con lo stesso entusiasmo del primo giorno”. Non è solo un motto personale: è lo spirito con cui il Colonnello Gabriele Mattioli guida i Carabinieri della provincia di Frosinone in una fase storica complessa, tra emergenze criminali e sociali che impongono risposte rapide e incisive. Nelle sue parole si percepisce la convinzione che la sicurezza non sia soltanto repressione, ma anche prevenzione, educazione, ascolto. Una visione che diventa ancora più preziosa perché non nasconde la sua dimensione più autentica, non tralascia il lato umano di un incarico che significa responsabilità e rigore militare ma anche missione quotidiana per un territorio che, pur tra difficoltà e fragilità, può contare su una presenza costante. E forse è da qui che passa la vera sicurezza.