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Ceccano, Querqui subito sindaco. Il centrodestra paga per numero di liste e scandalo giudiziario

Riesce l'impresa dell'ex consigliere comunale dem di diventare sindaco di Ceccano al primo turno: distacco netto sugli avversari

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L’affluenza domenica è aumentata di 4 punti percentuali rispetto all’ultima tornata elettorale, fino a riallinearsi oggi alle ore 15 col dato del 2020 (71,94% contro il 71,80 del 2020): quest’onda ha spinto appena sopra il 50% il candidato del centrosinistra, Andrea Querqui (Partito Democratico, Partito Socialista Italiano, Alleanza Verdi e Sinistra, Movimento 5 Stelle, Ceccano In Comune, Nuova Vita, Lista Civica per Andrea Querqui Sindaco e Progresso Fabraterno): riesce così l’impresa dell’ex consigliere comunale dem di diventare sindaco di Ceccano al primo turno. A scrutinio non ancora terminato il dato è già chiaro e Querqui ha festeggiato nel suo quartier generale: “Una cosa è chiara il centrodestra è stato bocciato e il centrosinistra unito vince. Noi vogliamo restituire decoro a questa città ferita dopo lo scorso 24 ottobre e poi cominceremo a programmare e stabilire priorità”, – dichiara Querqui.

Nettamente distanziati tutti gli avversari, a cominciare dal centrodestra di Ugo di Pofi (Fratelli d’Italia, Lega, Grande Ceccano, Ceccano Più Forte e Sempre con Ceccano). A seguire Fabio Giovannone (Noi Con Ceccano per Giovannone Sindaco, Savoni per Giovannone e Marco Corsi per Giovannone Sindaco – Ceccano Riparte), Manuela Maliziola (Ceccano al Centro, Vivere Ceccano e Progetto In Comune) e Luigi Mingarelli (Ceccano 2030 per l’Acqua Pubblica e Ceccano a Sinistra).

È durato 13 anni il “purgatorio” della sinistra, disarcionata dalla guida di Palazzo Antonelli proprio dall’ex sindaco di Fratelli d’Italia, Roberto Caligiore, che il 31 maggio 2015 conquistò al ballottaggio la vittoria al centrodestra, per la prima volta nella storia politica di una città considerata da sempre “roccaforte rossa”. Il 20 e 21 settembre 2020 Caligiore fece il bis, stavolta al primo turno. Poi il crollo dell’amministrazione a seguito dello scandalo corruzione nell’ottobre scorso ed il Dpr che il 18 novembre 2024 sancì lo scioglimento del Consiglio comunale per le dimissioni rassegnate dalla maggioranza dei consiglieri con successivo commissariamento.

Querqui ha il merito di restituire un punto a favore del centrosinistra non solo in ambito cittadino ma anche a livello provinciale, visto che dem e colleghi segretari delle federazioni provinciali ciociare sono reduci da una serie innumerevole di sconfitte nelle urne. Il farmacista ceccanese mette insieme anche una coalizione allargata che dimostra come l’asse Pd-Psi-Avs-M5S possa funzionare, includendo anche realtà civiche importanti d’area politica: sopra tutte Nova Vita, Progresso Fabraterno e Ceccano in Comune. Insomma partiti tradizionali e civismo di centrosinistra devono trovare la sintesi per poter competere col centrodestra. Oltretutto mettendo insieme un numero di liste e di candidati che ha evidentemente funzionato da forza d’impatto non solo dal punto di vista della massa di attivisti che ha percorso in lungo e largo la città nella richiesta di consensi, ma anche psicologicamente funzionando come attrattore degli indecisi che avevano elementi per giudicare chi fosse sulla carta il più forte a cui affidarsi.

Centrodestra sconfitto

Il centrodestra esce sconfitto e già il numero ridotto di liste (5 contro 8) raccontava di una difficoltà nel reperire candidati consiglieri, almeno nella stessa misura dello schieramento concorrente diretto. Dopo lo scandalo comunale, Ugo Di Pofi e sostenitori hanno anche pagato l’affluenza alle urne che è rimasta sostanzialmente stabile ma con una radice insita nella reazione a quel che si era letto nelle carte dei magistrati: la rabbia verso la politica non sempre spinge all’astensione, un vecchio studio dell’Università di Bologna ha dimostrato come in alcuni casi, anzi, il sentimento di condanna rafforzi la partecipazione al voto. E pare proprio spiegarsi così la tenuta del numero di ceccanesi alle urne tra ieri ed oggi rispetto ad altre città italiane.

Evidentemente non ha funzionato del tutto la strategia di Giovannone di prendere le distanze dal resto del centrodestra. La demarcazione nei confronti delle due amministrazioni Caligiore è parsa a tutti come una esibizione di differenze poco comprensibili dal punto di vista amministrativo e politico: la responsabilità del sindaco ha goduto comunque del voto e dell’atteggiamento di chi non ha dissentito allora e subito. Coraggiose ma solitarie, infine, le battaglie condotte dall’ex sindaca Manuela Maliziola che non è riuscita a vendicarsi della “congiura” subita nel 2014 quando venne mandata a casa dalle dimissioni rassegnate dalla maggioranza dei consiglieri dopo appena due anni di consiliatura. Luigi Mingarelli ha portato avanti con coerenza l’affermazione di temi di rilievo assoluto – come la gestione pubblica dell’acqua – che sono stati percepiti come battaglie di testimonianza e di resistenza ma non decisive per determinare che la bilancia della vittoria pendesse da una parte piuttosto che dall’altra.

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