La storia è nota a chi vive nella zona, ma il suo significato profondo resta ancora inascoltato. Un uomo di 42 anni, cittadino di origine marocchina, vive da mesi in strada, in condizioni estreme, lungo via Casilina tra Cassino e Villa Santa Lucia, ai margini di un’area commerciale. Seminudo, disorientato, spesso rifiutando ogni forma di aiuto. Un frammento di umanità abbandonata che resiste tra asfalto e indifferenza.
Negli ultimi giorni, la svolta. L’intervento congiunto del sindaco di Villa Santa Lucia, Orazio Capraro, della Procura della Repubblica di Cassino (con il procuratore capo Carlo Fucci), e dei carabinieri di Piedimonte San Germano, ha permesso il ricovero del clochard nel reparto di psichiatria dell’ospedale di Cassino. Un passaggio fondamentale. Ma forse, non risolutivo.
Già, perché ora che il ricovero sta per concludersi, la domanda che resta sospesa è semplice quanto inquietante: dove andrà quest’uomo? Al momento, non esiste una struttura pronta ad accoglierlo. Né sul territorio comunale, né a livello provinciale. E nel frattempo, l’autunno incalza.
“L’assistenza non può fermarsi alla porta dell’ospedale – sottolinea il sindaco Capraro – stiamo attivando tutti i canali con la Regione, con l’ASL, per non vanificare gli sforzi fatti. Ma il tempo stringe”. Non è solo una questione di freddo – anche se le temperature, a breve, torneranno a essere un pericolo concreto per chi dorme all’aperto. È una questione di dignità, di presa in carico continuativa, di sistema.
Perché curare un disagio psichico per poi restituire il paziente alla stessa strada che lo ha consumato non è cura, ma abbandono.
Il caso, dunque, racconta molto più di quanto sembri. Racconta di un uomo che rifiuta aiuto non per capriccio, ma per una ferita profonda e non curata. Racconta di un territorio che, nonostante la buona volontà di alcuni amministratori e operatori, non dispone degli strumenti concreti per gestire i margini più fragili della società. Racconta di un’Italia dove il confine tra salute mentale e povertà estrema è spesso una terra di nessuno.
L’uomo era stato accolto brevemente anche alla Casa della Carità di Cassino, lo scorso inverno. Ma poi è tornato in strada. Per scelta, dicono alcuni. Per mancanza di alternative reali, sarebbe forse più corretto dire. Questa non è solo una storia di disagio sociale. È una questione di giustizia. E di memoria collettiva. Perché ogni volta che un essere umano scompare tra le maglie della burocrazia, è l’intero tessuto civile a perdere un pezzo della propria credibilità. C’è ancora tempo, ma non molto. E non si tratta di carità, ma di responsabilità.