Una rete organizzata nella Valle di Comino, una vera e propria impresa familiare dello spaccio, gestita da due fratelli di 42 e 39 anni. Entrambi già noti alle forze dell’ordine, avevano messo in piedi un sistema di distribuzione ben strutturato, con ruoli precisi, aiutanti e un giro di clienti che copriva gran parte del territorio tra Alvito e i comuni limitrofi. VIDEO QUI
L’indagine partita da Alvito
L’inchiesta, coordinata dalla Procura di Cassino e condotta dai Carabinieri della Compagnia di Sora insieme alle stazioni di Alvito e San Donato Val di Comino, è nata da mesi di appostamenti. Le indagini hanno documentato centinaia di cessioni di droga, spesso effettuate a domicilio o in luoghi concordati. Un lavoro che ha permesso di ricostruire l’intera rete e di risalire ai due fratelli, considerati i vertici dell’organizzazione. Nel mirino degli inquirenti però ci sono sette soggetti. VIDEO QUI
Il paradosso del fratello minore
Tra gli episodi più clamorosi emersi dall’inchiesta, quello del fratello più giovane, arrestato e trovato con sostanze stupefacenti. Dopo l’arresto, era stato posto ai domiciliari. Ma appena due giorni dopo, di ritorno dall’udienza di convalida a Cassino, aveva ripreso a spacciare. Un comportamento che ha convinto la Procura a chiedere misure più severe, confermate poi dal giudice.
Gli arresti e i ruoli
I Carabinieri hanno eseguito tre ordinanze di custodia cautelare emesse dal Gip di Cassino. I due fratelli sono stati posti agli arresti domiciliari, mentre un terzo uomo, un 39enne della zona che fungeva da intermediario, è stato colpito dal divieto di dimora in provincia di Frosinone e dall’obbligo di firma giornaliero. Durante le perquisizioni, effettuate anche con l’ausilio delle unità cinofile, sono stati sequestrati droga e materiale utile alle indagini.
Il sequestro dei conti correnti
Parallelamente alle misure personali, sono scattati anche i sequestri dei conti bancari e delle carte intestate ai due fratelli. Le indagini economiche, svolte con il supporto della Guardia di Finanza di Sora, hanno rivelato movimenti di denaro incompatibili con la loro condizione economica: nessun impiego ufficiale, ma flussi costanti e ingiustificati.