Una sentenza destinata a fare scuola, quella emessa nel giugno 2025 dalla Corte d’Appello di Roma, che ha annullato il licenziamento di un operaio 60enne del Cassinate, dipendente dello stabilimento Alfa Romeo – Gruppo Stellantis, avvenuto nel lontano 2018 per presunti comportamenti offensivi e spintoni nei confronti di una collega durante il turno di lavoro.
Secondo quanto ricostruito, la direzione aziendale aveva proceduto con il licenziamento per giusta causa, sostenendo che l’operaio avrebbe rivolto insulti e spintonato una collega, in un episodio ritenuto grave e incompatibile con la prosecuzione del rapporto lavorativo. Una decisione che l’uomo ha da subito contestato, affidandosi agli avvocati Sandro Salera e Carlo Beneduci.
Il primo giudizio, davanti al Tribunale di Cassino, aveva parzialmente riconosciuto le sue ragioni, dichiarando l’illegittimità del licenziamento, ma escludendo la reintegra, limitandosi a disporre un’indennità economica.
Ma il lavoratore ha scelto di non fermarsi, portando il caso fino in Cassazione. Ed è lì, nel 2022, che arriva il primo punto di svolta: la Suprema Corte, con una sentenza innovativa, ha dettato un principio di diritto destinato a incidere profondamente sul diritto del lavoro.
La Corte ha infatti stabilito che, in caso di licenziamento disciplinare, il giudice può adottare una valutazione elastica e caso per caso, decidendo se un comportamento censurabile – come l’insulto a una collega – meriti davvero il licenziamento, anche se non previsto come sanzione massima nel contratto collettivo di categoria.
Seguendo questo orientamento, la Corte d’Appello di Roma ha accolto integralmente la tesi dei legali del lavoratore, ritenendo che la condotta – pur sanzionabile – non fosse così grave da giustificare la perdita del posto.
Decisione storica
Di qui la storica decisione con annullamento del licenziamento del 2018, reintegro immediato nel posto di lavoro, pagamento di un’indennità risarcitoria, versamento di tutti i contributi previdenziali e assistenziali maturati negli anni di allontanamento forzato. Una vittoria piena per l’operaio e i suoi difensori, ma anche una sentenza destinata a diventare punto di riferimento per analoghi contenziosi in ambito lavoristico.
“Questa decisione conferma che la proporzionalità tra condotta e sanzione deve sempre essere oggetto di attenta valutazione – spiegano i legali – e che il diritto al lavoro non può essere sacrificato con automatismi che ignorano il contesto e la gradualità delle misure disciplinari.”
Nel panorama giuridico italiano, questa sentenza rappresenta un precedente di rilievo, in grado di rimettere al centro l’equilibrio tra diritto disciplinare e tutela della dignità del lavoratore.