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Operazione “Miglio Verde”, telefoni e droga in carcere: così la polizia ha scoperto la rete criminale – VIDEO

Ad altri dodici indagati viene contestato il reato di introduzione illecita di dispositivi di comunicazione e sostanze stupefacenti

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Micro-cellulari nascosti dentro bottiglie, lanciate oltre le mura del carcere. Caricatori, schede SIM, dosi di cocaina e hashish che riuscivano ad arrivare nelle mani dei detenuti con metodi creativi e insospettabili. È questo lo scenario emerso da una complessa indagine che ha coinvolto la casa circondariale di Cassino e ha portato all’emissione di sei misure cautelari, nei confronti di detenuti residenti nelle province di Frosinone, Latina e Roma, eseguite nelle scorse ore dalla Polizia di Stato. Arresti domiciliari per due degli indagati, obbligo di dimora per altri due e obbligo di presentazione quotidiana alla P.G. per gli ultimi due indagati.

L’inchiesta, coordinata dalla Procura di Cassino, è iniziata nell’ottobre 2023 ed è proseguita per diversi mesi, fino a gennaio di quest’anno. Un impegno senza sosta quello portato avanti in questo arco di tempo dagli agenti del Commissariato di Cassino. Alla base, il sequestro di un cellulare all’interno del carcere, ad opera degli agenti della Penitenziaria, che ha acceso i riflettori su una rete di comunicazione tra l’interno e l’esterno che nulla aveva di improvvisato. Da quella segnalazione è partito tutto.

Le indagini, affidate alla Squadra Mobile di Frosinone ma portate avanti, come detto, dagli agenti del Commissariato di Cassino, si sono sviluppate attraverso intercettazioni ambientali, analisi dei telefoni, e osservazione dei colloqui con i familiari. E proprio questi ultimi, in alcuni casi, hanno avuto un ruolo diretto nell’introduzione della “merce” dietro le sbarre. Soprattutto le madri di alcuni detenuti che trovavano il modo di far avere lo stupefacente ai figli.

La conferenza stampa dopo gli arresti

Non mancavano tecniche fantasiose: in alcuni casi, ignoti lanciavano dall’esterno bottiglie legate a fili contenenti telefoni e droga, che venivano poi recuperate dai detenuti con la complicità di altri reclusi. In altri, gli scambi avvenivano durante le visite, grazie a piccoli congegni nascosti tra gli abiti o gli oggetti personali. Scovate anche alcuni PostePay sulle quali transitava un ingente flusso di denaro.

Oltre alle sei misure cautelari, come spiegato dal procuratore capo Carlo Fucci nel corso della conferenza stampa, ci sono altri dodici indagati, nei confronti dei quali sono stati eseguiti sequestri di telefoni cellulari rinvenuti nella loro disponibilità durante la detenzione. A tutti viene contestato, a vario titolo, il reato di introduzione illecita di dispositivi di comunicazione e sostanze stupefacenti all’interno dell’istituto penitenziario, nonché detenzione illecita a fini di spaccio.

Secondo gli inquirenti, la rete si sarebbe articolata con un’organizzazione meticolosa, basata su una pianificazione preventiva degli ordini, la scelta dei momenti più favorevoli per l’introduzione del materiale, e l’uso di strumenti miniaturizzati per sfuggire ai controlli. Un vero e proprio sistema parallelo, che permetteva ai detenuti di mantenere comunicazioni esterne, gestire contatti con l’esterno e proseguire attività illecite anche durante la reclusione.

L’inchiesta si inserisce in un contesto più ampio, in cui il tema della sicurezza carceraria e del contrasto alla criminalità organizzata tra le mura degli istituti penitenziari è tornato di forte attualità. Le forze dell’ordine hanno assicurato che le attività di monitoraggio e repressione proseguiranno, con l’obiettivo di interrompere definitivamente qualsiasi forma di traffico illecito all’interno del carcere di Cassino. Nel frattempo, l’autorità giudiziaria valuterà la posizione dei soggetti coinvolti, mentre per alcuni degli indagati si profila l’aggravamento delle accuse in caso di ulteriori riscontri probatori.

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