Guerra e Resistenza in Ciociaria. L’ex sindaco di Ceccano Maurizio Cerroni ricorda che “ci sono stati interventi e ricerche storiche con documenti importanti, in particolare del Prof. Angelino Loffredi e dell’Arch. Luigi Compagnoni. Questi documenti dovrebbero essere ulteriormente portati alla conoscenza di molti per essere meglio valorizzati. Nell’ottantesimo anniversario della liberazione dell’Italia dal fascismo e dall’invasore tedesco, ricordo gli eccidi in Ciociaria”. Si parte da un documento del 3 giugno 1964, in occasione dell’inaugurazione del monumento alla Mamma Ciociaria in Castro dei Volsci, il Senatore socialista Giacinto Minnocci nel suo discorso fa un elenco di vittime trucidate dai tedeschi in Ciociaria: I Martiri di Vallerotonda (Cardito), 28 dicembre 1943: 42 persone uccise; I Martiri di Ripi, 28 febbraio 1944: 7 persone uccise; I Martiri Ciociari alle Fosse Ardeatine, 25 marzo 1944: 14 persone uccise; I Martiri fucilati a Paliano (Mole), 30 aprile 1944: 17 persone; Martiri fucilati a Sant’Andrea (contrada Reali), 30 aprile 1944: 7 persone; La strage di Valle Maio: 11 vittime uccise a colpi di mitraglia, 9 maggio 1944; I Martiri di Arpino (Collecarino), 20 maggio 1944: 10 vittime uccise dai tedeschi.

Cerroni aggiunge che “in una pubblicazione dei Padri Passionisti di S. Maria di Corniano, dal titolo “Due secoli di glorie nella Badia di Ceccano (1748-1948)”, risalente al 1948, si trovano notizie importanti sulle ferite fresche inferte dalle violenze e dalla distruzione provocate dalla seconda guerra mondiale sul nostro territorio, appena qualche anno prima, così come informazioni sulla resistenza verso l’invasione tedesca. Mi voglio soffermare su alcune notizie che ritengo utili sulle vicende della seconda guerra mondiale. Intanto può aiutare il ricordo di Angelino Loffredi che scrive: ‘Negli stessi giorni i partigiani raggiungono un accordo con Padre Germano, guardiano del convento dei Padri Passionisti, il quale, anche egli convinto da una certa passione patriottica, si mette a disposizione per suonare da otto a dodici rintocchi di campane in caso di arrivo delle truppe tedesche’. Una banda di persone, tra cui c’erano molti giovani, capeggiata da Romolo Battista e Giuseppe Ambrosi, con loro c’erano Antonio Fratangeli, Domenico Ardovini, Carlini Giotto, Agostino Piroli. Gli altri membri del Comitato di salute pubblica erano Lorenzo Angelini, Mario Reali, Nicola Moscardelli, Renato Pennino. Nel racconto “Badia nella tormenta” si legge che si era costruito a Ceccano in segreto il C. L. N. In zona c’erano una cinquantina di guerriglieri, la gran parte giovani, impegnati a creare contrasto ai movimenti tattici logistici delle truppe degli invasori tedeschi”.
La banda partigiana in azione tra Ceccano, Giuliano di Roma e Carpineto
Il pomeriggio di domenica 30 novembre 1943 – sottolinea ancora Cerroni -, perlustrando la contrada Cardegna, alcuni partigiani si erano scontrati con due soldati tedeschi – che erano stati attaccati, disarmati e rimandati al loro campo base presso “Le Cocce” con un biglietto di sfida attaccato alle spalle che recitava così: “se il comando tedesco voleva fare rappresaglia all’affronto la banda di “Fra’ Diavolo” li attendeva alla Badia”. Per i partigiani la Badia voleva intendersi la zona della Badia col monte Siserno. Questo biglietto provocatorio aveva mandato su tutte le furie il comando di occupazione tedesco che aveva inviato circa 200 soldati alla caccia dei partigiani. Invece di dirigersi verso la montagna, però, i soldati si diressero verso il Convento dei Passionisti, dove ci fu un vero assalto con la mitragliatrice, facendo saltare porte e finestre. Nessun partigiano fu trovato all’interno del Convento, e la caccia durò altri sette giorni per i Lepini. Sicuramente, la banda partigiana capeggiata da Romolo Battista, passando nella gola della Palombara a Giuliano di Roma, arriverà a Carpineto Romano. Il gruppo oltre al Battista era formato dai seguenti partigiani: Battista Gildo, Cipriani Francesco, Di Stefano Giovanni, Masi Giulio, Piroli Mario, Domenico Tanzini. I tedeschi distrussero le capanne sul monte Siserno, dove dimoravono i partigiani Ceccanesi, e sequestrarono materiale di combattimento. Però, “la lunga giornata per la fortuna di molti si concluse con molto panico, ma senza vittime.”
In quel periodo le campane del convento suonavano per solidarietà verso i partigiani – prosegue Cerroni -, mentre le porte erano aperte a tanti sfollati, assicurando attività ospedaliera di pronto soccorso e assistenza a famiglie borghesi come i figli del popolo. I residenti del centro urbano furono messi in fuga la mattina del 3 Novembre 1943 dai bombardamenti aerei da parte degli alleati sul nostro centro storico (che colpirono la zona del Piscirello, radendo al suolo la Chiesa di San Pietro). Ci furono numerosi morti e centinaia di feriti. Sempre in questo luogo, presso “La Badia”, molte donne in fuga dalle violenze fisiche, nel terribile mese di maggio del 1944, qui trovano rifugio e protezione. Le campane suonavano per la libertà!
Ancora, ricorda Gioacchino Giammaria: “Quando i Monti Lepini divennero un’area strategica per la vicinanza ai due fronti: la linea Gustav e Anzio/Nettuno. Un periodo funesto, con continui bombardamenti sul territorio, che costò la vita a tanti concittadini. La Resistenza sui Lepini fu essenzialmente una guerra di retroguardia, caratterizzata da violenza, contraddizioni e orrori, ma anche da azioni di grande coraggio da parte dei partigiani”. Sono state oggetto di ricerche e pubblicazioni la resistenza presente sui monti Lepini (Ceccano, Patrica, Colli Albani, Gorga, Sezze, Priverno, Carpineto, Maenza, Segni la banda più attiva opera nel Comune di Paliano) e quella tra i due fronti di guerra segnati dalle due strade millenarie, la Via Latina e la via Appia.
Fra Sezze e Sermoneta semina di chiodi a 3 punte per fermare i tedeschi
Cerroni mette in rilievo “questo episodio, di cui scrive Pier Giacomo Sottoriva: “Fra Sezze e Sermoneta venne avviata un’attività volta soprattutto alla raccolta di armi (testimonianza del Sindaco Comunista di Sezze Alessandro Di Trapano), che venivano nascoste sotto un caminetto rustico in una capanna eretta in un piccolo uliveto sul monte Semprevisa; al sabotaggio di linee telefoniche, all’aiuto a prigionieri sfuggiti ai tedeschi. Furono anche svolte azioni ai danni di autovetture militari tedesche, con la “semina” di chiodi a tre punte lungo la strada Valvisciolo-Bassiano-Sezze, ma soprattutto al bivio di Priverno, punti che offrivano la possibilità di ritirarsi verso Roccagorga, Maenza e Sezze. Gli uomini arrivavano la sera, seminavano sulle strade i chiodi costruiti da un ferraio di Sezze, tale Perugini, sulla base delle indicazioni fornite dai gruppi romani. Erano fatti con due tondini di ferro saldati in croce, piegati e limati alle estremità, efficaci mezzi per mettere fuori uso, le vetture tedesche che transitavano nella zona”. A volte, la tenacia di combattere l’invasore, di resistere, si serviva di mezzi semplici ma efficaci nel sabotare il nemico tedesco. Le campane suonarono per la Pace! ”Quelli che non sanno ricordare il passato sono condannati a ripeterlo”, conclude Maurizio Cerroni.