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Stellantis Cassino, Massafra (Cgil): “Si sgretola un patrimonio industriale. Il territorio? Come se non esistesse

Il segretario generale della Camera del Lavoro di Frosinone e Latina denuncia la latitanza della politica nazionale, regionale e locale

Giuseppe Massafra, segretario generale Cgil Frosinone-Latina
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Il crollo senza fine dell’auto italiana, tra stabilimenti Stellantis che perdono produzioni e forza lavoro e indotto stremato dalla mancanza di commesse, costringerebbe anche i territori a fare la loro parte. Ma la politica anche locale ormai è nuda – inutile anche che i sindaci continuino a far passerelle e a dar fiato all’assenza di idee e proposte – di fronte alla responsabilità di aver dormito sonni tranquilli da cinque anni a questa parte, senza un’idea, senza un gesto che davvero volesse rappresentare il sostegno ai lavoratori ed alle famiglie che stanno perdendo il proprio futuro. Cassino ed il Lazio meridionale, in questa prospettiva, rappresentano il centro del cratere dello smantellamento della multinazionale a guida francese in Italia, con la perdita a Piedimonte San Germano di oltre la metà della forza lavoro e volumi produttivi ai minimi di sempre, nel silenzio della politica a tutti i livelli. Un’analisi disperata che il segretario generale della Cgil di Frosinone e Latina, Giuseppe Massafra, decide di rendere pubblica rompendo gli ultimi indugi di fronte alla formalità dei rapporti di una grande organizzazione sindacale con le istituzioni e coi rappresentanti dei territori.

“Da mesi assistiamo al progressivo sgretolamento di un patrimonio industriale che ha rappresentato per il Lazio meridionale un pilastro di occupazione, innovazione e dignità sociale. La crisi dello stabilimento Stellantis di Cassino – e di tutta la filiera che da esso dipende – sta diventando il simbolo plastico dell’incapacità politica di affrontare con coerenza e visione una trasformazione industriale complessa, che non si risolve con annunci, passerelle o provvedimenti improvvisati”.

  • Manifattura che si sgretola e porta via anche posti di lavoro…

“Infatti. A pagare il prezzo più alto sono i lavoratori. Quelli diretti, quelli dell’indotto e degli appalti, le loro famiglie, e un tessuto economico che rischia l’impoverimento irreversibile. Sono loro, ogni giorno, a fare i conti con turni ridotti, ore di lavoro che precipitano, contratti sospesi, aziende dell’indotto che chiudono o ridimensionano. Sono loro a vivere sulla pelle l’incertezza totale sul futuro dello stabilimento, mentre la proprietà continua a sottrarsi al confronto, persino in sede ministeriale, come se le sorti di migliaia di persone fossero un dettaglio. Ma a questa assenza irresponsabile dell’azienda si aggiunge un vuoto politico altrettanto grave”.

“Fu un errore non inserire Cassino nell’area di crisi complessa”

  • I politici, specie quelli locali, dicono di non poterci fare niente e che la questione è più grande delle loro competenze.

“Dal 2016 denunciamo l’errore di non aver inserito l’area di Cassino nella zona di crisi complessa, ferma ancora a Ceprano, come se a Cassino si vivesse in un altro mondo. Un’occasione mancata che oggi pesa come un macigno, perché avrebbe potuto garantire strumenti strutturali e non misure tampone. Oggi, come se non bastasse, assistiamo a un dibattito sulla ZES che sfiora il ridicolo: esponenti politici della maggioranza regionale e nazionale che si affannano a presentare interrogazioni, a fare interventi nelle commissioni parlamentari (le ultime notizie riportano l’approvazione di un ordine del giorno in commissione bilancio, che non è chiaro se si tradurrà nella estensione di fatto della Regione Lazio tra le regioni beneficiarie)… contro decisioni prese dal loro stesso governo. Un governo che ha scelto deliberatamente di snaturare la ZES, trasformandola in un bancomat nelle mani dell’esecutivo, che decide dove utilizzarla, senza una strategia industriale, senza una visione territoriale, senza un piano per le aree che stanno collassando”.

  • La Regione Lazio ha dimostrato di voler fare qualcosa rifinanziando la famosa Legge Fiat. O non è così?

“La Regione attiva strumenti come la Legge 46, che senza una reale programmazione e senza una strategia industriale chiara rischia di trasformarsi nell’ennesimo finanziamento a pioggia: risorse disperse, affidate alla totale discrezionalità delle singole imprese, nessun effetto duraturo, nessun piano per il lavoro, nessuna garanzia di produrre sviluppo vero”.

  • Il governo ha firmato per la creazione della Zls. Servirà?

“Anche la recente istituzione della ZLS (Zona Logistica Speciale) rischia di essere uno strumento inefficace se non accompagnato dal necessario potenziamento infrastrutturale e da un minimo di indirizzo politico, in mancanza del quale si finisce per favorire solo le grandi multinazionali della logistica, ma a discapito dell’industria manifatturiera. Anche gli strumenti di politica attiva, a partire dalla formazione dei lavoratori, pagata quasi esclusivamente con risorse del PNRR, sono pensati e decisi senza un tavolo di confronto con le parti sociali. Si parla “di” lavoratori, ma non “con” i lavoratori”.

“Tra Zes utilizzate come un bancomat e Zls a rischio inutilità”

  • Territorio, peraltro, non pervenuto al di là degli spot fatti filtrare ad arte su alcuni media.

“Chi dovrebbe garantire prospettiva – Stellantis – è assente, come se il territorio non esistesse, come se gli impegni presi negli anni non contassero. Abbiamo visto, uno dopo l’altro, impegni disattesi: piani di rilancio mai attuati, promesse di nuovi modelli che si sono rivelate illusioni, mentre la produzione calava e l’occupazione collassava. La conseguenza è sotto gli occhi di tutti: una vera e propria emorragia occupazionale, che ormai ha assunto i caratteri dell’emergenza. E come sempre accade, a pagare per primi sono i lavoratori dell’indotto e dell’appalto: le prime vittime di questo sistema in crisi, i primi a perdere il posto, i primi a essere lasciati soli. In questo contesto, sta diventando surreale anche il dibattito sulla transizione ecologica, che da opportunità strategica viene raccontata come limite, solo per scaricare sull’Europa inefficienze, ritardi e responsabilità del nostro sistema Paese. Una narrazione distorta, che serve soltanto a giustificare l’immobilismo e a evitare scelte coraggiose. Oggi serve tutt’altro”.

  • Cosa servirebbe nel concreto secondo lei?

“Serve un governo nazionale e regionale che si assuma la responsabilità delle scelte, che riapra un confronto serio con sindacati e istituzioni locali, che avvii una vera pianificazione industriale, che vincoli la proprietà a investimenti concreti e monitorabili. Serve un’azione coordinata, non la confusione di voci che stiamo vedendo. Serve un coordinamento efficace nel territorio tra istituzioni locali, rappresentanza datoriale (a partire da Unindustria) e parti sociali, per sincronizzare il ventaglio di proposte utili ad affrontare questa annosa questione. Perché quando si parla di Stellantis, non si parla solo di un’azienda: si parla del futuro di un territorio intero. E quel futuro non può essere lasciato all’improvvisazione politica né al mercato senza regole. Serve visione, trasparenza, lavoro. E serve adesso, Perché tempo non ne abbiamo più”.

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