Che nessuno sapesse è difficile crederlo. E se pure fosse passata inosservata a chi è preposto a vigilare ed anche alla sorveglianza popolare – che di solito funge da deterrente ed elemento di prevenzione nelle città e sui territori – l’attività della manifattura illecita di tabacchi, scoperta al di sotto di un capannone industriale apparentemente abbandonato nell’area industriale di Villa Santa Lucia, evidenzia almeno a prima vista una falla clamorosa nel sistema complessivo dei controlli sulla malavita, a partire dall’attenzione sulle movimentazioni di capitali e merci.
Ora il fatto è che in quel sito sono state montate e messe in funzione – va ricordato – tre linee di lavorazione del tabacco e confezionamento di pacchetti di sigarette, con capacità di produrre 5mila pezzi al minuto. Sono stati stipati nei magazzini 150 tonnellate di confezioni di contrabbando di marchi Marlboro, Camel, Jps, Benson and Hedges, 821, Mayfair, Winston, LandB, oltre 170 tonnellate di materie prime e gli strumenti utilizzati nella trasformazione delle foglie essiccate, 12 milioni di cartoncini contraffatti, 15 milioni di filtri, 20 milioni di fogli laminati, bobine e altro materiale per il packaging.
Un’azienda da 1 milione e 750 mila euro occultata ma del tutto attiva
Poi c’era quel che ha fatto più scalpore nel filmato diffuso dalla Guardia di Finanza: alloggi con 18 posti letto, bagni, docce e sala da pranzo, nonché una officina utilizzata per effettuare le riparazioni sul posto dei macchinari. Con un telecomando venivano azionati martinetti idraulici che consentivano il sollevamento di un ufficio sovrastante per accedere all’opificio vero e proprio ed all’area dedicata al riposo ed alle necessità personali dei dipendenti. Quattro tir erano parcheggiati fuori. Dagli inquirenti è stimato in almeno 1 milione e 750mila euro il valore dell’impianto.
Le domande senza risposte, dalla fase realizzativa ai consumi del sito
Le domande senza risposte sono molte. Davvero nessuno ha notato la movimentazione terra per realizzare il bunker? Quanto cemento è stato gettato lì sotto come se fossero interventi di routine? I lavori sono stati in qualche misura comunicati al Comune? L’andirivieni per piazzare l’impiantistica può davvero essere stato camuffato lungo le strade dove Stellantis ha lasciato solo il silenzio? Quanta corrente consumava quel capannone? Il contratto di fitto per quale attività è stato registrato? Il tabacco non passa inosservato: qualcuno ne ha sentito insistentemente l’odore chiedendosi perché mai non andasse mai via? E i lavoratori – almeno una ventina di persone quotidianamente in quel sito – si sono mossi come fantasmi?
Dai commerci al porto di Ancona il via all’indagine esplosa oltre 5 mesi fa
Sequestro e arresto sono stati eseguiti lo scorso aprile, ma le Fiamme Gialle hanno atteso prima di far uscire la notizia, proprio per recidere a fondo le radici dell’organizzazione. L’inchiesta nasce nel porto di Ancona per il traffico di macchinari e sigarette con Paesi dell’ex Jugoslavia. Da lì s’è mobilitata la GdF di Cassino e della provincia di Frosinone ed attivata la Procura di Cassino. Lo scorso giugno il tabacco sequestrato è stato distrutto in un termovalorizzatore e gli stessi impianti sono stati rottamati o comunque resi inservibili. A questo punto sarebbe facile ironizzare sui vertici sulla sicurezza e sulle iniziative promosse dalla politica e dagli amministratori locali. La questione è più complessa perché in gioco c’è il livello di inquinamento criminale dell’economia e della società di un territorio pur presidiato da un Tribunale non pletorico e da importanti quote di forze dell’ordine da sempre attente e “sul pezzo”. Quindi?
Posti di lavoro e commesse ad aziende sane nel contesto della crisi
Ci sono state coperture interessate o i sistemi di allertamento hanno maglie più larghe di quel che si possa pensare? Ci sono alcune deduzioni che è possibile abbozzare in questa fase storica del territorio del Lazio meridionale. Innanzitutto siamo al cospetto del radicamento di una criminalità organizzata finanziariamente dinamica e spregiudicata. La vulnerabilità dei lavoratori – i 18 in questione ormai hanno perso quell’impiego sia pur prodotto dall’illegalità – e quella delle aziende regolari che hanno fatto da cuscinetto all’operazione, introducono altri elementi di riflessione sul contesto nel quale il virus pare aver ormai attecchito.
Se le organizzazioni mettono nel mirino giovani e aziende sane
E’ plausibile pensare che il Cassinate ed il Lazio meridionale, che vengono irrorati non da oggi dall’enorme liquidità derivante dalle attività illecite dei clan, siano territori nei quali ormai la criminalità ha avviato investimenti innovativi e decisamente più penetranti. I lavoratori coinvolti nella lavorazione dei tabacchi potrebbero essere alcuni dei giovani bisognosi che hanno perso il posto nel cratere creato dalla crisi del gruppo automobilistico e che hanno scoperto che l’illegalità poteva salvarli dalla povertà estrema o dalla necessità di emigrare. Un passaggio intermedio, quello di operaio addetto a produrre “bionde”, che avrebbe potuto svilupparsi con il reclutamento nei ranghi ufficiali delle organizzazioni. Poi c’è l’aspetto imprenditoriale, perché la crisi profonda della monocultura auto, a caduta, ha mietuto aziende sane – in tutti i comparti che hanno subito gli effetti del crollo dell’ex Fiat – che sono divenute fragili ed esposte al richiamo del denaro abbondante di chi acquista facendo la testa di legno.
Eppure abbiamo strumenti normativi e risorse per contrastare le infiltrazioni
Eppure l’Italia non è impreparata anche al cospetto di infiltrazioni che penetrano sempre più a fondo. Dispone di risorse normative e istituzionali, di personale delle forze dell’ordine e di magistrati neppure paragonabili per competenza ed esperienza ai colleghi degli altri Paesi europei. Abbiamo norme per la protezione delle imprese in crisi e per arginare l’usura, le intestazioni fittizie, il riciclaggio e l’indebita percezione di finanziamenti pubblici. Insomma, se da un lato l’affare sigarette “di contrabbando” appare ampio ed anche ramificato per le implicazioni, c’è necessità che chi di dovere inquadri, riconosca e apporti i correttivi rispetto a cosa non ha funzionato. O non è stata fatta funzionare.