Home Cronaca Temporali, fulmini e saette: vademecum di difesa. Cosa è il protocollo ABC

Temporali, fulmini e saette: vademecum di difesa. Cosa è il protocollo ABC

Le fulminazioni si concentrano sui rilievi appenninici, sui laghi e su alcune regioni quali il Friuli e il Lazio

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Saggezza popolare, ma soprattutto i telegiornali, ci informano che passato Ferragosto la stagione si è rotta. In verità le stagioni non si rompono, ma è un modo di dire che quello a cui i mesi precedenti ci avevano abituato in termini di condizioni medie meteorologiche sta mutando e, in generale, avanza il ‘brutto tempo’ (ciò che è brutto per un vacanziero non è detto lo sia per un agricoltore).

Con le nuove situazioni meteorologiche tornano ad affacciarsi i temporali e con essi anche il fenomeno della fulminazione, che altro non è che il numero dei fulmini che cadono e da non confondere con la folgorazione che è l’insieme degli effetti nocivi prodotti su un corpo attraversato da una corrente elettrica o, appunto, da un fulmine. Purtroppo, già si devono annoverare delle fatalità prodotte dai fulmini quali la morte recente di un motociclista colpito mentre viaggiava.

Il fulmine è un fenomeno atmosferico affascinante ma molto pericoloso; la differenza di potenziale tra una nube temporalesca e il suolo, o una altra nube, può raggiungere i milioni di volt e questo le permette di superare la resistenza dell’aria, che è un pessimo conduttore, raggiungendo il suolo. L’aspetto più pericoloso è rappresentato dalla corrente che raggiungere facilmente le decine di migliaia di ampere, per dare una idea dell’intensità facciamo il paragone con la corrente elettrica domestica che raggiunge qualche decina al massimo di ampere. La scarica, seppur di brevissima durata, pochi microsecondi, è quindi in grado di produrre effetti estremamente rilevanti a livello biologico.

Dicevamo che il cambio stagionale, che viene a rompere le situazioni di alta pressione stabilizzata, porta con sé i fenomeni temporaleschi, anche se i mesi di luglio e agosto non ne sono affatto indenni, mentre i mesi invernali registrano un numero di fulminazioni più ridotto. Abbiamo poi una marcata preferenza locale per le fulminazioni che si concentra sui rilievi appenninici, sui laghi e su alcune regioni quali il Friuli e il Lazio, ma non esistono zone del territorio nazionale a rischio nullo. In Italia il numero dei fulmini è ogni anno di centinaia di migliaia.

Ci si pone la domanda se il cambiamento climatico può contribuire ad esacerbare questa numerosità delle fulminazioni, e in questo caso la risposta è positiva: seppur sia difficile stabilire un andamento univoco delle fulminazioni, si rileva una più intesa attività elettrica con il passare degli anni. Temperature più elevate dei mari producono forti moti verticali di masse di aria umida che incontrando in quota messe d’aria più fredda danno luogo ad intensi fenomeni temporaleschi una volta meno intensi: il classico temporale di più vecchia data tendeva ad estinguersi nel giro di mezz’ora – un’ora, questo nuovo aspetto di più marcata salita di masse d’aria calde e umide, può invece dar luogo a quelli che vengono definiti temporali auto-rigeneranti, o multicella, che possono permanere per ore su una area e, ovviamente, produrre una numerosità di scariche molto più elevata.

Fortunatamente il numero dei decessi sul territorio nazionale è da considerarsi basso, intorno ai 20 decessi l’anno, certo non fortunatamente per chi ne viene colpito. Le lesioni causate da un fulmine hanno due modalità principali di sviluppo: la scarica diretta, che poi rappresenta la maggior mortalità, e la corrente di passo, ovvero la propagazione della corrente attraverso il terreno o gli oggetti colpiti direttamente dalla scarica. Per queste due modalità si può definire un breve vademecum su ciò che si deve o non si deve fare per ridurre il rischio.

Il rischio è anche particolarmente legato al luogo ove avviene il temporale e le azioni di difesa possono conseguentemente essere diversificate. Premettiamo che nell’ambiente urbano è veramente una grande sfortuna essere colpiti da un fulmine, se con ambiente urbano intendiamo un’area ad alta densità del costruito; più facile che avvenga in un campetto di calcio, o in prossimità di un laghetto urbano. Diciamo pure quindi di no ai nostri figli, di non andare a giocare, senza sentirci particolarmente in colpa.

Un ambiente a grande pericolosità è quello del mare, la bella spiaggia assolata che fa venire voglia di un bel bagno anche se all’orizzonte vediamo quella nuvolaglia (non è un termine scientifico, d’accordo) e incominciamo a sentire dei rumori lontani nel cielo. Poi, vediamo lampi che si avvicinano, belli sicuramente, e quello è il momento di uscire dall’acqua, raccogliere le proprie cose e andarsene dalla spiaggia, andarsene, non sostare sotto l’ombrellone, se proprio volete rimanere entrate nello stabilimento balneare a sorseggiarvi al bar qualcosa, continuando a fare però attenzione al vento perché difficilmente il buon senso comune ha fatto sì che tutti, proprio tutti, abbiano chiuso il proprio ombrellone e girato la sdraio affinché non abbia portanza, e se ne vedono volare di cose in modo molto pericoloso. Se invece foste mai in barca, la domanda sarebbe: perché siete usciti senza guardare le previsioni meteorologiche? Ah, non eravate voi il comandante? Malissimo, mai più. Beh, per ora sottocoperta, sperando non siate su un gommone.

Una bella gita in campagna, fuori dal caldo della città, anche se le previsioni davano al brutto. Un bel pratone, un bosco a qualche cento metri, e un bell’albero vicino per godere il paesaggio sdraiati al riparo della sua ombra. Un brontolio lontano, poi più vicino, e quelle nubi che definiremmo torreggianti. Perfetto, ci siete dentro. Adesso dovete cercare di allontanarvi dall’albero isolato anche se incomincia a piovere, no mano nella mano, molto romantico ma rappresenta una continuità galvanica, ovvero la corrente così colpisce tutti, no il bosco, se un albero viene colpito esplode scagliando schegge di legno come proiettili. Che fare? L’automobile! Ci siete andati in auto sul pratone, entrate dentro, l’effetto gabbia di Faraday vi proteggerà, diesel, benzina o elettrica entrate. Certo che un fulmine la colpirà non dormirete per notti intere a venire, ma meglio un poco di insonnia che una scarica. Siete andati a piedi? Mannaggia, ok ci riusciamo lo stesso, non vi mettete a camminare, ricordatevi la corrente di passo, quella che si propaga sul terreno, allora rannicchiati, piedi uniti per evitare che il vostro stesso corpo offra una differenza di potenziale tra gamba e gamba permettendo alla corrente di circolare facendo il massimo dei danni, testa raccolta tra braccia e spalle, certo come il feto, perché’ la posizione fetale la natura ce la offre come la massima protezione dai danni esterni, ricordiamocelo visto che da molto piccoli già lo sapevamo perfettamente. Aspettiamo che il brontolio si allontani, c’è chi suggerisce trenta minuti dopo l’ultimo tuono, e si raggiunge un bel rifugio per asciugarsi e, come nel caso del mare, perché no, qualcosa da bere per lo scampato pericolo.

La vista della complessità del creato dalle vette immacolate! Che grande bellezza. Di nuovo un brontolio in lontananza. Ma mannaggia, le previsioni ve le fanno ogni cinque minuti su tutti i canali, possibile che… vabbè ormai ci siamo dentro: correre no, è pericoloso di suo, certo si deve cercare di scendere di quota il più possibile, gli alberi sempre stesso trattamento, lontani grazie. Non mano nella mano, non usare la linea della ferrata. Il rifugio! Perfetto, e ci diamo alla solita pratica salvifica, che sia chiaro non è un invito all’alcolismo. Niente rifugio, ci si toglie quanto di metallico abbiamo addosso, moschi-moschettoni-risalitori-nut, si cerca se possibile un anfratto cercando di non stare a contatto con le pareti (sì, lo sappiamo troppe cose, ma anche voi non guardare le previsioni), e poi solita posizione: piedi uniti, rannicchiati, e si continua ad attendere i trenta minuti dall’ultimo brontolio del cielo.

Se è andata così, allora tutto bene. Ma se non è andata così? Qualcuno con noi è stato colpito. Allora che fare? Una persona che ha subito una folgorazione non è elettricamente carica, quindi, in sicurezza, prima di tutto allertare i soccorsi (118 o 112), se al mare, allertare il bagnino che quasi sicuramente ha seguito un corso di PS ed è più preparato di voi nella valutazione e nelle prime pratiche. Ma siamo isolati, il telefonino è scarico tanto non mi chiama nessuno, no panic!

Protocollo ABC-airway/breathing/circulation

Aerazione: controllo che le vie aree siano pervie (vomito, lingua)
Respirazione: osservare i movimenti del torace e il respiro
Controllo della circolazione: controllo del polso o carotideo.
Se la vittima non respira o non ha polso, bisogna iniziare le manovre di salvataggio (RCP: massaggio cardiaco e respirazione artificiale). Non sono cose complesse e, anche se non si è seguito un corso, forse quello obbligatorio che avete disertato perché tanto lo faccio poi, iniziate il massaggio cardiaco – 30 compressioni toraciche – e la respirazione artificiale – due ventilazioni bocca a bocca, e si continua fino all’arrivo dei soccorsi o, visto che non chiediamo neppure se avevate portato con voi quei piccoli razzi da segnalazione autorizzati, alla rianimazione che nel caso della folgorazione di passo un intervento immediato può risolvere la maggior parte delle situazioni. Nel caso di folgorazione diretta la situazione è sicuramente più complicata per la probabile presenza di ustioni o anche fratture. Cosa importante: mai offrire la borraccia alla vittima del fulmine, mai farla bere, neppure dentro al rifugio-bar-ristorante, così da sgomberare il campo da equivoci. – Fonte www.consumerismonoprofit.it –

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