‘Desperado’, il mariachi torna a colpire: la ballata della vendetta secondo Rodriguez

La recensione del revenge-movie del 1995, sequel de 'El Mariachi', con protagonista un Antonio Banderas all'apice di forma e carisma

Un misterioso chitarrista, noto come El Mariachi, arriva in una cittadina messicana deciso a vendicare la morte della donna amata e a uccidere il potente boss della droga responsabile delle sue sofferenze. Armato di chitarra e pistole, El Mariachi semina il caos tra i criminali locali, aiutato da Carolina, una coraggiosa libraia che si unisce alla sua lotta. Tra sparatorie spettacolari e duelli mozzafiato, la sua sete di giustizia lo porta a sfidare l’intero cartello in un’epica resa dei conti.

Nel panorama del cinema d’azione degli anni ’90, Desperado (1995) di Robert Rodriguez rappresenta un’opera chiave, capace di coniugare estetica pulp, mitologia western e sensibilità postmoderna. Secondo capitolo della cosiddetta “trilogia del Mariachi”, il film è una rielaborazione espansa, più ambiziosa e ad alto budget del suo esordio cult El Mariachi (1992), che Rodriguez aveva girato con appena 7.000 dollari. Con Desperado, il regista texano-messicano inaugura un nuovo linguaggio visivo, iper-stilizzato e profondamente autoreferenziale, rimanendo fedele alla poetica del “guerrilla filmmaking”, ma inserendosi con forza nel circuito mainstream hollywoodiano.

Estetica e regia: un virtuosismo esplosivo

Rodriguez, qui anche sceneggiatore, montatore e operatore di macchina, mette in scena una narrazione per immagini che attinge sia all’iconografia spaghetti-western di Sergio Leone sia al cinema di Hong Kong di John Woo. Il risultato è un’estetica sincretica, fondata sul ritmo ipercinetico, l’esagerazione coreografica e una violenza quasi operistica. La macchina da presa è onnipresente, in costante movimento, alternando piani-sequenza, zoom improvvisi e inquadrature angolate, che conferiscono un senso di continuo dinamismo e tensione.

Le sequenze d’azione – vere e proprie sinfonie balistiche – sono dirette con un gusto coreografico quasi danzato: i rallenty, le panoramiche e i jump cut si fondono in un montaggio serrato che non lascia spazio alla pausa. Il regista dimostra di saper orchestrare il caos, mantenendo una chiarezza visiva rara nel cinema d’azione dell’epoca.

Narrazione e struttura: un western metacinematografico

Desperado è, nella sua ossatura, un revenge movie: El Mariachi (interpretato da Antonio Banderas, qui al suo apice carismatico), chitarrista errante trasformato in vendicatore, vaga nel nord del Messico per scovare e uccidere Bucho, il boss del narcotraffico responsabile della morte della sua amata. La trama, semplice e lineare, è funzionale a ciò che davvero interessa a Rodriguez: l’azione, il mito, la rappresentazione.

Il film si costruisce attorno a un impianto mitopoietico, in cui il protagonista diventa una figura archetipica, quasi leggendaria. Le prime battute del film, in cui un personaggio racconta le gesta epiche del Mariachi in un bar polveroso, sono già una dichiarazione d’intenti: Rodriguez non vuole solo raccontare una storia, ma forgiare una leggenda cinematografica.

Personaggi e performance: tra icona e ironia

Antonio Banderas si cala nel ruolo del Mariachi con magnetismo e fisicità, interpretando un personaggio tanto silenzioso quanto determinato. Il suo carisma risiede nei gesti misurati, nello sguardo feroce, nel corpo che si muove come un’arma. La sua figura richiama il Clint Eastwood della trilogia del dollaro, ma filtrata attraverso l’estetica latina e un certo gusto anni ’90 per l’eccesso.

Salma Hayek, al suo debutto hollywoodiano, interpreta Carolina, la misteriosa e sensuale libraia coinvolta nella faida. La sua presenza, pur marginale nella narrazione, è di grande impatto visivo e simbolico: rappresenta la bellezza e l’intelligenza in un mondo dominato dalla brutalità.

Tra i comprimari spiccano le apparizioni di Steve Buscemi (voce narrante iniziale, ironica e disincantata), Cheech Marin, e Danny Trejo, il cui personaggio – silenzioso e letale – anticipa il suo futuro alter ego, Machete.

Colonna sonora e suono: il ritmo della polvere

La colonna sonora, composta da Los Lobos e Tito & Tarantula, è una parte integrante della narrazione. Le chitarre infuocate, i ritmi tex-mex e il rock latino scandiscono il passo della vendetta. La musica non accompagna semplicemente le immagini: le anticipa, le commenta, le sottolinea. Il suono delle armi, i passi sulla ghiaia, le esplosioni: tutto concorre a creare un tessuto sonoro denso, quasi tattile.

Temi e sottotesti: violenza, redenzione e identità culturale

Pur apparentemente votato allo spettacolo, Desperado propone una riflessione stratificata. La violenza, onnipresente, è estetizzata fino all’assurdo, ma non gratuita: è un linguaggio, una cifra simbolica. Il Mariachi non è un assassino spietato, ma un uomo devastato dalla perdita, che cerca nel sangue un’impossibile redenzione.

In secondo piano, ma non meno rilevante, è il discorso sull’identità culturale: Rodriguez celebra le sue radici messicane senza didascalismi, fondendo il folklore con i codici del cinema d’azione. Il Messico di Desperado è tanto reale quanto immaginario: è polveroso, musicale, arso dal sole, eppure mai realistico. È un set mitologico, un palcoscenico su cui si muovono figure più grandi della vita.

Essenziale ma potente

Desperado è un film che ha saputo ridefinire i canoni del cinema d’azione indie negli anni ’90. È un’opera che gioca con i generi, li distorce, li reinventa con uno stile inconfondibile. Rodriguez dimostra che con un occhio autoriale, anche un film pieno di sparatorie può essere cinema d’arte.

Tecnicamente brillante, narrativamente essenziale ma potente, Desperado è un’opera che non teme l’eccesso e lo trasforma in linguaggio. Non è solo un sequel, né un semplice action: è un atto di amore per il cinema, un’ode alla libertà creativa e alla forza della visione personale.

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Cristina Lucarelli
Cristina Lucarelli
Cristina Lucarelli, giornalista pubblicista, specializzata in sport ma con una passione anche per musica, cinema, teatro ed arti. Ha collaborato per diversi anni con il quotidiano Ciociaria Oggi, sia per l'edizione cartacea che per il web nonché con il magazine di arti sceniche www.scenecontemporanee.it. Ha lavorato anche come speaker prima per Nuova Rete e poi per Radio Day e come presentatrice di eventi. Ha altresì curato gli uffici stampa della Argos Volley in serie A1 e A2 e del Sora Calcio.

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