Crisi idrica, Antonellis (Acqua Pubblica) e Belli (Fare Verde): “Un fallimento gestionale. Altro che cambiamento climatico”

Dopo la richiesta di stato di calamità, Fare Verde provinciale e Acqua Pubblica Frosinone denunciano problemi di perdite idriche mai riparate

A fine dello scorso luglio è stato siglato un accordo tra Regione Lazio e Regione Campania per un incremento temporaneo del prelievo d’acqua dal Gari a beneficio dell’Acquedotto Campania Occidentale. Nelle stesse giornate l’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Meridionale, ha convocato l’Osservatorio Permanente sugli Utilizzi Idrici per fronteggiare l’”intensificarsi della crisi idrica che sta colpendo vaste aree del Mezzogiorno”. Subito dopo Ferragosto (Bollettino Ufficiale della Regione Lazio n. 68 del 19 agosto 2025) s’è mossa la Regione Lazio proclamando lo stato di calamità naturale per la crisi idrica conseguente all’assenza di precipitazioni. Un riferimento particolare al territorio ricadente nell’Egato 5 del Lazio meridionale, abbracciando un periodo che arriverà al 30 novembre 2025. La colpa? “La scarsità di precipitazioni meteorologiche ed in conseguenza della generalizzata e conseguente difficoltà di approvvigionamento idrico da parte dei Comuni”, riferisce il Burl. Ma ambientalisti e associazioni non ci stanno.

Acqua Pubblica Frosinone: il più grande fallimento della politica locale

“L’ipocrisia è tale – sottolinea Mario Antonellis, coordinatore dei movimenti per l’acqua pubblica della provincia di Frosinone – che si omette, volutamente, di dire che nell’Ato 5 Frosinone permane il primato nazionale delle perdite idriche grazie alla gestione di Acea”. C’è uno spreco tra quanto immesso in rete e quanto finisce disperso lungo il percorso – fino al 70-80% – che, sottolinea Antonellis, “basta anche un modesto depauperamento della portata delle nostre sorgenti per mettere in crisi tutto il sistema di approvvigionamento idrico dell’intero territorio. É il più grande lascito di Acea grazie a una, ormai conclamata, gestione fallimentare. É il più grande fallimento della politica locale”.

Marco Belli: una conduzione che ha portato a quattro infrazioni europee

Marco Belli, presidente provinciale di Fare Verde, denuncia chiaro e tondo: “Non si può continuare a riparare acquedotti obsoleti evitando di costruirne di nuovi, sapendo che le riparazioni dureranno poco. Non si può continuare a chiedere ai cittadini di limitare l’uso dell’acqua per farsi la doccia, mentre si spreca la risorsa con infrastrutture inadeguate e una gestione che ha già portato a quattro infrazioni europee alla direttiva 1991/271”. L’associazione ambientalista, attiva sul territorio dal 2014, torna a denunciare con forza la gestione insostenibile delle risorse idriche nella provincia di Frosinone. “A distanza di oltre un decennio, la situazione resta drammatica: razionamenti cronici, acquedotti comunali fatiscenti e depurazione assente in molti comuni continuano a compromettere la salute ambientale e il benessere dei cittadini”.

“Il razionamento idrico dal 2004 colpisce le stesse località in provincia”

“Numerosi comuni del Frusinate – spiega Belli – sono ancora privi di impianti di depurazione e scaricano direttamente i reflui urbani nei corsi d’acqua superficiali, in violazione delle normative ambientali nazionali ed europee. Il razionamento idrico, definito con filosofia ‘turnazione’ dal gestore del servizio, colpisce sistematicamente le stesse località dal 2004, senza alcuna soluzione strutturale. Secondo Fare Verde Provincia di Frosinone APS sottolinea come la crisi non sia solo climatica, ma anche gestionale: gli acquedotti comunali sono dei veri e propri colabrodo, e gli interventi di contenimento della dispersione idrica risultano inefficaci, inadeguati e poco trasparenti”.

Dati poco trasparenti e condizionati dalla modifica dei parametri di calcolo

L’associazione sottolinea la carenza di trasparenza nei dati ufficiali: “si annuncia ogni anno la diminuzione della dispersione idrica, ma in alcuni casi questa sembrerebbe figlia solo di una modifica dei parametri di calcolo. Si veda il caso dell’Ato 5 di Frosinone. Qui il gestore, qualche anno fa, ha annunciato il calo delle perdite idriche di circa il 10% (dal 76,2 al 68,4!). Il tutto semplicemente con un piccolo magheggio matematico: l’acqua computata quale consumo “autorizzato ma non fatturato e non misurato” (come l’acqua erogata dalle fontane comunali; l’acqua persa durante le riparazioni e i lavaggi; l’acqua che trabocca dei serbatoi e partitori pieni; l’acqua per l’antincendio e l’acqua prelevata dalle autobotti, che non va conteggiata come perdite) è improvvisamente passata da 0,6 milioni di metri cubi annui (così come era sempre stato in passato) a 6,8 milioni. Un aumento di 11 volte, senza giustificazione alcuna, che ha tolto 6,2 milioni di metri cubi d’acqua dalla voce perdite, le quali sono magicamente scese del 10%”.

I problemi di governance in provincia di Frosinone esistono eccome

Secondo i dati disponibili, le perdite idriche nella provincia di Frosinone arrivano fino al 70%. Questo significa che circa i due terzi dell’acqua immessa nella rete idrica finisce nel terreno senza raggiungere i consumatori. A livello nazionale, l’Italia ha una dispersione idrica del 40%, con alcune regioni del Centro-Sud che superano il 50%. Ma Frosinone raggiunge livelli da primato nazionale. A sottolineare il fatto che, al di là di quel che ritengono e decidono i sindaci, il problema gestionale sollevato da Belli e Antonellis esiste. Eccome.

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Stefano Di Scanno
Stefano Di Scanno
Giornalista Professionista

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