In Italia un bambino su tre è obeso, colpa del cibo spazzatura: tornare alla dieta mediterranea

Obesità e sovrappeso meno frequenti al nord e più frequenti verso il sud, in maniera inversamente proporzionale alla ricchezza regionale

In Italia 1 bambino su 3 tra gli 8 e i 10 anni è sovrappeso o obeso, con un gradiente significativo nord-sud della prevalenza regionale: obesità e sovrappeso meno frequenti al nord, più frequenti man a mano che si va verso il sud, in maniera inversamente proporzionale alla ricchezza regionale. Le policy per contrastare obesità e sovrappeso? Allattamento al seno, modifica dell’offerta alimentare, contrasto alle disuguaglianze, anche grazie al prezioso aiuto di app sviluppate con l’intelligenza artificiale. Fa il punto della situazione Marco Silano, direttore del Dipartimento malattie cardiovascolari, endocrinometaboliche e dell’invecchiamento dell’Istituto superiore di sanità (Iss), audito oggi dalla Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza.

L’Italia dimentica la dieta mediterranea

Quando i dati su persone obese o sovrappeso vengono confrontati con quelli europei “l’Italia è quarta, dietro a Cipro, Grecia, Spagna. Tutti Paesi che si affacciano sul Mediterraneo- spiega Silano- L’Italia viene considerata la culla della dieta mediterranea, eppure un nostro studio chiamato ‘Arianna’ riporta che in Italia lo scorso anno solo il 5% ha seguito la dieta mediterranea: un patrimonio importantissimo di prevenzione di obesità e malattie cardiovascolari è completamente negletto”. Silano riflette poi sulla “narrazione secondo cui in Italia va tutto bene perché l’aspettativa di vita è molto alta (in Europa secondi dopo la Svizzera, quinti al mondo), ma in realtà questa diapositiva va vista in ottica ‘in salute o no’: si allunga l’aspettativa di vita, ma con malattia e disabilità. Si abbassa l’aspettativa di vita libera da malattia– ragiona Silano- Si vive di più con condizioni patologiche che devono essere prevenute in infanzia e adolescenza”.

Attenzione al cibo venduto vicino la scuola

Proprio per fare prevenzione a partire dalla minore età, sono tre le policy “su cui l’Iss sta investendo: allattamento al seno, modifica dell’offerta alimentare, contrasto alle disuguaglianze. L’allattamento al seno- spiega l’esperto- è il principale strumento di prevenzione dell’obesità. Permette di superare anche disuguaglianze socioeconomiche e culturali. Noi scienziati dobbiamo fare mea culpa- sottolinea- perché non abbiamo un sistema di monitoraggio dell’allattamento al seno in Italia”. Altra direttrice su cui lavorare è quella della riduzione per i più piccoli dei cibi ultraprocessati, di quelli ricchi di zuccheri, grassi e sali, passando dal monitoraggio dell’offerta specialmente in prossimità delle scuole. Attenzione quindi “al marketing destinato ai bambini, all’etichettatura, all’educazione alimentare. I bambini, e le famiglie soprattutto, vanno portati alla consapevolezza di ciò che va mangiato in maniera progressiva e consapevole per fare prevenzione”, spiega Silano.

“Ormai il riferimento del tempo libero dei bambini è internet, i social media, le app e i game. Nessun paese europeo ha una legislazione che limiti la pubblicità degli alimenti nel mondo digitale”, spiega Silano, rimandando però all’esempio di quanto accaduto in Inghilterra: “In seguito all’annuncio del 2016 e dopo la vera implementazione nel 2018, dell’aumento delle tasse sulle bevande zuccherate, si è a prodotta una notevole diminuzione dell’offerta, proteggendo le fasce che hanno maggiore difficoltà a comprendere i messaggi e che necessitano quindi di maggiore protezione”.

Con una foto al piatto sapremo se mangiamo bene o no

Le maggiori aspettative per l’educazione alimentare sono per le app con intelligenza artificiale per valutare le porzioni nel piatto. “Sulle porzioni apro una parentesi- prosegue l’esperto- Sono la quantità di cibo che l’ente di sanità pubblica consiglia in una dieta sana ed equilibrata, non è ciò che l’industria propone. Il mega hamburger da 400 grammi non è una porzione, la porzione è di 80 grammi. Con la app, da una fotografia del piatto l’utente saprà di che alimento si tratta e la app dirà se la porzione è adeguata o no. Speriamo nel giro di due anni che possa vedere la luce”.

Una riflessione poi sulle app dei food delivery: “Determinano un crash dell’ambiente alimentare: adesso sdraiati sul divano basta schiacciare due tasti e in mezz’ora arrivano 5mila calorie a testa. Noi stiamo lavorando con l’Oms per avere informazioni su che tipo di menu acquistano in Italia e per inserire dei modelli che possano limitare le porzioni, per far comparire delle schermate di ‘warning’“, informa Silano. – Fonte Agenzia DIRE www.dire.it

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