Disseppellito il catafalco di Buried, il filmmaker spagnolo Rodrigo Cortés risale circa sei piedi di terra e torna sul grande schermo. Ma le ambigue ‘luci rosse’ del titolo, Red Lights appunto, non sembrano poi donargli più di tanto. Se stavolta non c’è nessun feretro claustrofobico, dovrebbe essere il paranormale, l’ignoto, a reggere le fila del racconto, ma la maglia è destinata a sfilarsi ben presto.
La trama
Sigourney Weaver/Margaret Matheson e Cillian Murphy/Tom Buckley, una scienziata e il suo protetto, sono ricercatori del paranormale, esperti, più che nel confermarne l’esistenza, a dissipare ogni dubbio circa la certa illusorietà di determinati fenomeni. Il loro cammino incrocerà, loro malgrado, quello del chiaroveggente cieco Robert De Niro/Simon Silver, un sedicente medium a cui non conviene interessarsi troppo, pena un fatal destino. Si scatena così un conflitto quasi primordiale, quello tra scienza e magia, dove la giustapposizione dei due mondi, l’intersecarsi di due visioni totalmente contrapposte, trova la propria naturale collocazione in uno scenario di eleganti luci soffuse e colori autunnali, testimoni della raffinatezza e del gusto di Xavi Giménez.
Scienza contro fede
Scienza contro fede. Uno scontro atavico e crudele, inizialmente sembra essere il tema centrale di Red Lights. In realtà nel racconto della scienziata che combatte da una vita contro la superstizione del paranormale, si nasconde piuttosto la lotta altrettanto complicata, ma se vogliamo molto più intima, della ricerca della propria identità, della presa di coscienza di ciò che realmente siamo. È una pellicola che viaggia sui binari dell’ossessione con metafore piuttosto sfacciate e retoriche sulla vista, ad esempio su quanto sia “necessario il buio per sviluppare una fotografia”.
Manca il ‘prestigio’
Peccato, inoltre, che le scelte di fotografia e la bravura del cineasta spagnolo non riescano a sopperire pienamente alle lacune della sceneggiatura. Dopo un incipit interessante, il plot si sviluppa malamente: si avverte una certa mancanza di ritmo, una lentezza che di sicuro non giova alle dinamiche di una storia che poteva essere gestita meglio. Nella seconda parte, la pellicola Red Lights inciampa vistosamente su se stessa, prende lo spettatore alla sprovvista, deviandolo dal cammino della verità con trucchi da mago di periferia. Sostanzialmente manca il vero ‘prestigio’, e la trovata finale, per quanto tenti di rimettere assieme i pezzi del puzzle, sembra comunque alquanto raffazzonata. Ciò che è emotivamente coinvolgente è invece il dislocarsi dei punti di vista che moltiplicano la godibilità spettatoriale, soprattutto quando si guarda con gli occhi di una Weaver in grande spolvero. Spalla più che discreta Cillian Murphy, enigmatico e attento al ruolo. Chi pecca un po’ di esibizionismo, comunque perdonabile, è invece uno dei divi per eccellenza, uno dei più amati di sempre, un Robert De Niro che, a volte, gigiona un tantino. Il ritmo è dilatato, le vite dei personaggi, per quanto vicine, sembrano non incontrarsi mai per davvero. Ridondante la fase della sperimentazione su Silver, condotta da un team di scienziati e ricercatori universitari: un momento potenzialmente topico, relegato invece all’espediente di registrazioni video, che servono praticamente a nulla. Red Lights ci lascia sempre in attesa di qualcosa, di un’evoluzione improvvisa, di uno sviluppo necessario di personaggi e storia. Purtroppo non avviene se non quando è ormai tardi, quando ci rendiamo conto che gran parte del film è stato sacrificato per ottenere un ‘coup de theatre’, la proverbiale messa in scena del coniglio estratto dal cilindro. In sostanza, anche se Red Lights è discontinuo e macchinoso, ma Cortés non è del tutto da bocciare. Promosso con (una grande) riserva.
Dettagli
Titolo originale: Red Lights
Regia: Rodrigo Cortés
Sceneggiatura: Rodrigo Cortés
Fotografia: Xavi Giménez
Cast: Cillian Murphy, Sigourney Weaver, Robert De Niro, Leonardo Sbaraglia, Toby Jones, Elizabeth Olsen, Burn Gorman, Joely Richardson