Quali rischi in Italia con un incidente nucleare in Russia? Gli scenari

Torna subito in mente quanto accaduto il 26 aprile del 1986 a Chernobyl, tragico incidente i cui effetti ancora paga la popolazione

Nella regione russa di Kursk esiste il rischio di un incidente nucleare: a lanciare l’allarme è stato il direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), Rafael Grossi, al termine della sua visita nella locale centrale. Anche in Italia torna subito in mente quanto accaduto il 26 aprile del 1986 a Chernobyl, tragico e gravissimo incidente della storia dell’energia nucleare i cui effetti ancora paga la popolazione anche a distanza di anni e tempo. Nel nostro Paese sono quattro gli impianti nucleari che hanno cessato la loro attività a seguito della sciagura di 38 anni fa e la successiva moratoria sull’uso pacifico dell’energia nucleare con il referendum del 1987. Oggi sono in fase di disattivazione.

Ma quali rischi corriamo se si verificasse un nuovo incidente nucleare, in questo caso in Russia? Scorrendo le informazioni riportate dal portale del Dipartimento della Protezione Civile, si legge che in caso di ‘Incidente in un impianto extraeuropeo’, è proprio il caso della centrale di Kursk, in Italia è attivo lo ‘scenario 3’, per il quale ‘non sono necessarie misure protettive dirette o indirette per la popolazione sul territorio nazionale ma sono necessarie misure volte all’assistenza dei connazionali nelle aree a rischio, al controllo dell’importazione di derrate alimentari e altri prodotti contaminati, al controllo della contaminazione personale per quanti rientrano dalle zone colpite’.

Lo scenario 1

Il Dipartimento della Protezione Civile prevede poi altri due scenari: nel numero 1 si parla di ‘Incidente in un impianto a meno di 200 chilometri dal confine nazionale‘, per il quale è scritto che ‘se l’evento che si verifica è particolarmente grave e se le condizioni meteorologiche sono sfavorevoli, potrebbero essere necessarie misure protettive dirette (riparo al chiuso e iodoprofilassi, entrambe da applicarsi nelle regioni limitrofe al luogo dell’incidente) e indirette (di restrizione alimentare e a protezione del patrimonio agricolo e zootecnico)’. In Francia, Svizzera, Germania e Slovenia esistono 13 impianti nucleari, posti a meno di 200 chilometri dal confine italiano.

Lo scenario 2

Nello scenario 2, invece, si fa menzione dell”Incidente in un impianto europeo oltre i 200 chilometri dal confine nazionale’. Se l’evento che si verifica è particolarmente grave e se le condizioni meteorologiche sono sfavorevoli, lo scenario potrebbe portare a una contaminazione radioattiva su vaste aree del territorio nazionale con conseguente applicazione di misure protettive indirette: di restrizione alimentare e a protezione del patrimonio agricolo e zootecnico (riparo al chiuso di animali da allevamento, alimentazione degli animali con mangimi non contaminati, congelamento del latte, ecc. Non sono invece necessarie misure protettive dirette come il riparo al chiuso e la iodoprofilassi’. Il Dipartimento della Protezione Civile ricorda poi che ‘per gli scenari 1 e 2, oltre alle misure protettive dirette e indirette per la popolazione che si trova sul territorio nazionale, sono sempre necessarie misure volte all’assistenza dei connazionali nelle aree a rischio, al controllo dell’importazione di derrate alimentari e altri prodotti contaminati, al controllo della contaminazione personale per quanti rientrano dalle zone colpite’.

Il Piano Nazionale per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleari

Tutti gli scenari fanno parte del Piano nazionale per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleari. Messo a punto dal Gruppo di Lavoro coordinato dal Dipartimento della Protezione Civile, ai sensi dell’art. 182 del Decreto legislativo 101/2020, il Piano individua e disciplina le misure per fronteggiare le conseguenze di incidenti o inconvenienti in impianti nucleari posti al di fuori dei confini nazionali, secondo i tre diversi scenari appena menzionati.

In stretta corrispondenza alla messaggistica codificata a livello internazionale dall’Aiea, sono tre le fasi operative previste dal Piano: attenzione, che avviene a seguito della notifica di un alert o di una facility emergency; preallarme, a seguito della notifica di una site area emergency e, infine, allarme, che si verifica a seguito della notifica di una general emergency.

Attraverso il proprio sito internet, il Dipartimento della Protezione Civile rende poi noto di aver “definito i contenuti dell’informazione preventiva sulle emergenze previste dal Piano Nazionale per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleari, adottato il 14 marzo 2022 con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, con l’obiettivo di veicolare tali temi alla popolazione oltre che ai soggetti istituzionali deputati alla gestione del rischio”.

“A tale scopo- si legge ancora- con Decreto del Capo del Dipartimento è stato istituito il Comitato per l’Informazione alla popolazione (previsto dall’art. 197 del dlgs 101/2020 sulle norme fondamentali di sicurezza relativa alla protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti) costituito da rappresentanti del ministero della Salute, del ministero dell’Interno, del ministero della Transizione Ecologica, dell’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin), dell’Istituto superiore di sanità, della Conferenza Unificata, di altre amministrazioni ed enti competenti”.

“In particolare- si precisa- il Dipartimento si è avvalso del Comitato e della collaborazione della Commissione tecnico scientifica istituita e coordinata dal Ministero della Salute per la definizione di contenuti dell’informazione preventiva per le emergenze previste dal Piano Nazionale e direttive per l’informazione preventiva e in caso di emergenza per tutte le pianificazioni di competenza del Prefetto”. Non bisogna infine dimenticare che in Italia sono presenti numerose reti nazionali e regionali in grado di monitorare la radioattività del territorio. – Fonte Agenzia Dire www.dire.it –

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