’L’intrepido’, il mal di vivere in un film scontato e buonista: un flop targato Amelio

La recensione della pellicola del 2013: un racconto scontato e che si perde in una palude di routine automatizzata

Tra i fischi della sala Darsena in quel del 70esimo Festival del Cinema di Venezia, si consumò la stroncatura quasi generalizzata del film di Gianni Amelio, “L’intrepido”. Pellicola in concorso che si perse tra luoghi comuni, massime non proprio edificanti e facile retorica. Ci si appella al Chaplin di “Tempi Moderni” per salvare le apparenze, ma onestamente non credo sia facile crogiolarsi in tal siffatto paragone dopo aver visto questo “A lonely hero”, come recita il titolo internazionale.

La trama

Il protagonista, con sceneggiatura a misura, scritta appositamente per lui, è Antonio Albanese, attore stimato e ardentemente voluto da Amelio. È lui l’eroe di cui sopra, l’intrepido. Antonio Pane, questo il nome che gli da il regista, è un “rimpiazzista”: non ha un lavoro fisso, ma sbarca il lunario grazie a sostituzioni provvisorie di un paio d’ore o, quando è fortunato, di qualche giorno. Ora è un fattorino, poi un aiuto cuoco o un imbianchino, un autista, qualsiasi impiego gli capiti a tiro lui lo accetta e lo svolge con ottimismo e passione. Antonio ha poi un figlio, Ivo, che suona il sax, un’ex moglie e un piccolo sogno nel cassetto: fare il maestro. Partecipa ad un concorso, che ovviamente non vince, e conosce una giovane ragazza che cerca di aiutare in tutti i modi.

Scontato e senza mordente

Fin troppo buonista, il racconto di Amelio si pone lo scopo non solo di raccontare la vita precaria di Antonio, ma vuole essere una facile metafora della società afflitta dalla crisi che tutti viviamo oggigiorno. Con un pizzico di vittimismo, si scaricano colpe e si assume un’aria triste e malinconica. Pane è rassegnato, eppur felice, buono fino all’inverosimile, eppur mai soddisfatto. Si prodiga per il prossimo, vive di stenti, e rifiuta il pagamento di quel capo traffichino. Un mal di vivere generalizzato aleggia pesante sul plot, colpendo soprattutto i più giovani: una ragazza si suicida mentre Ivo è bloccato dagli attacchi di panico. Descrizioni depresse e fuori schema, per un racconto abbastanza scontato e privo di mordente, che non cerca neanche di approfondire qualche spunto interessante che salta fuori con moderazione. Il regista critica la società italiana, con un ritorno autocitazionistico alla sua opera datata 1994 “Lamerica”, ma ci si arresta nella palude di una routine automatizzata.

Dettagli

Titolo originale: id.

Regia: Gianni Amelio

Cast: Antonio Albanese, Sandra Ceccarelli, Alfonso Santagata, Livia Rossi, Gabriele Rendina

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Cristina Lucarelli
Cristina Lucarelli
Cristina Lucarelli, giornalista pubblicista, specializzata in sport ma con una passione anche per musica, cinema, teatro ed arti. Ha collaborato per diversi anni con il quotidiano Ciociaria Oggi, sia per l'edizione cartacea che per il web nonché con il magazine di arti sceniche www.scenecontemporanee.it. Ha lavorato anche come speaker prima per Nuova Rete e poi per Radio Day, e presentatrice di eventi. Ha altresì curato gli uffici stampa della Argos Volley in serie A1 e A2 e del Sora Calcio.

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