‘The Immigrant’, il sogno americano secondo Gray: un film tra sofferenza e ricerca della felicità

La recensione dell'emozionante dramma firmato James Grey, dai toni melò abbastanza trattenuti, e ambientato negli anni 20

Amore, fragilità, sentimento: sono questi gli ingredienti che James Gray torna a mettere sul fuoco dopo “Two Lovers”, stavolta però abbigliandoli del superbo vestito del kolossal, ambientando il suo “The Immigrant – C’era una volta a New York” nella sfarzosità post-Grande Guerra.

La trama

All’inizio degli anni ’20 le sorelle Ewa (Marion Cotillard) e Magda Cybulski (Angela Sarafyan) partono dalla natia Polonia per andare incontro ad un sogno, per cercare un futuro migliore negli Stati Uniti d’America. Quando arrivano ad Ellis Island, i medici scoprono che Magda è malata e la mettono in quarantena, lasciando Ewa sola in strada. La donna, vittima della solitudine e della disperazione, conosce un uomo, Bruno. Tanto affascinante quanto spregevole, Bruno (Joaquin Phoenix) induce la giovane a prostituirsi, immettendola in un vortice di malvagità e depravazione. Ewa incontrerà però il mago Orlando (Jeremy Renner) che forse può aiutarla. Ma il prezzo da pagare è alto.

Calvario e redenzione

Una storia di immigrazione, sì, che vede protagonisti giovani europei figli di un passato doloroso e con gli occhi pieni del sogno americano, ma non solo; The Immigrant è anche un triangolo amoroso (come ne avevamo già avuto esperienza in Two Lovers), storie di gelosie, vicende di una figura femminile dolce e complicata, anima fragile che si frantuma sul senso del bisogno e l’accettazione del peccato. Il lavoro decisamente più personale del regista Grey – nonché il più politico – mette in gioco il bisogno di sopravvivenza, reale e psicologica, scavando nell’umana insicurezza. Ottimo il lavoro degli interpreti, soprattutto della Cotillard e di Phoenix, con personaggi che rimbombano quasi all’interno del film, mettendo un po’ in disparte l’illusionista, ovvero il personaggio più debole dell’opera. Altri punti a favore del quinto lavoro del regista statunitense sono poi la ricostruzione certosina della Manhattan anni ’20 e la magniloquente fotografia.

Dramma dai toni melò abbastanza trattenuti, “C’era una volta a New York” riesce a trasmettere un’emozione pura, attraverso la messa in immagini di sentimenti universali come la redenzione, il calvario, la sofferenza, la bramosia di felicità. Perché Grey, innanzitutto, è interessato alle relazioni umane, al gioco del rivelamento e dell’ottenebramento che esse sottintendono. E in questo suo lungometraggio riesce a gestirne appieno le dinamiche, ancor più che nelle fatiche precedenti.

Dettagli

Titolo originale: The immigrant
Regia: James Gray
Sceneggiatura: James Gray, Ric Menello
Fotografia: Darius Khondji
Montaggio: John Axelrad, Kayla Emter
Cast: Marion Cotillard, Joaquin Phoenix, Jeremy Renner, Elena Solovey, Dagmara Dominczyk, Jicky Schnee, Angela Sarafyan
Musiche: Chris Spelman

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Cristina Lucarelli
Cristina Lucarelli
Cristina Lucarelli, giornalista pubblicista, specializzata in sport ma con una passione anche per musica, cinema, teatro ed arti. Ha collaborato per diversi anni con il quotidiano Ciociaria Oggi, sia per l'edizione cartacea che per il web nonché con il magazine di arti sceniche www.scenecontemporanee.it. Ha lavorato anche come speaker prima per Nuova Rete e poi per Radio Day e come presentatrice di eventi. Ha altresì curato gli uffici stampa della Argos Volley in serie A1 e A2 e del Sora Calcio.

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