La Dirigente Scolastica dell’IIS “Tulliano” di Arpino, avv. Paola Materiale, riporta alcune considerazioni che invitano alla riflessione relativamente il messaggio del testo in latino sottoposto agli alunni partecipanti della 44esima edizione del Certamen Ciceronianum Arpinas.
Ricordiamo che il Certamen è una competizione internazionale sulla lingua latina, alla quale possono aderire gli studenti di tutto il mondo che frequentano l’ultimo anno dei licei classici e dei licei scientifici. L’edizione 2025 ha visto oltre 260 ragazzi, provenienti da 13 nazioni europee, che nella mattinata di ieri, venerdì 9 maggio, presso i locali dell’Istituto d’Istruzione Superiore “Tulliano” in via Aquila Romana, nel pieno centro della città di Arpino, si sono “sfidati” nella traduzione e commento di un passo di Cicerone.
Di seguito la nota della DS Paola Materiale: «Come sempre, ricco di spunti di riflessione sulla vita, il brano di Cicerone sottoposto ai partecipanti in Arpino al Certamen 2025: L’amicizia tra i boni viri è fondamento di umanità (Laelius, 22-23). Nel fervore della lotta politica contro Antonio, il vecchio consolare chiama a raccolta tutti i boni viri superstiti in nome di quell’ideale di amicizia che aveva animato gli uomini eminenti del circolo scipionico. Nella pagina tratta dal Laelius, Cicerone esprime con calore e con passione tutta la sua convinzione sulla necessità di poter contare su un amico, che non solo può godere con te nella prosperità, ma che può addirittura soffrire più di te nella sventura. Il bene dell’amicizia si distingue da tutti gli altri beni cui l’uomo aspira, perché esso è sempre a portata di mano, sempre pronto a soccorrerci, fino ad essere assolutamente indispensabile alla nostra vita, come lo sono l’acqua ed il fuoco, che non
possono e non devono mai mancare. Nel vero amico vediamo rispecchiati noi stessi.
Il passo scelto si chiude con gli elogi dei miracolosi benefici dell’amicizia. Se è vero che i due amici formano una persona ed un’anima sola, ne deriva che l’uno può sempre contare sull’altro, in ogni evenienza, addirittura anche quando l’amico non c’è più: Quocirca et absentes adsunt et egentes abundant et imbecilli valent et, – quod difficilius dictu est -, mortui vivunt: ecco perché (gli amici) sono presenti anche quando non ci sono, sono ricchi anche quando sono diseredati, sono forti anche quando sono deboli e, cosa più ardua ad affermarsi, sopravvivono anche dopo la morte.
In questo inno all’amicizia non è azzardato scorgere un’accorata e nascosta invocazione di Cicerone ad allontanare le nubi che si addensavano sempre più minacciose sulla sua testa, ormai a pochi mesi dalla sua tragica fine del 7 dicembre del 43 in quel di Formia ad opera dei sicari di Antonio. È l’amarezza dell’uomo e del politico, che nei momenti difficili, da capo dello stato, ha salvato Roma da Catilina e che ora si sente sempre più solo, abbandonato da tutti e senza amici. È questo il tragico destino anche degli uomini influenti del nostro tempo, quando escono di scena e perdono il favore di chi prima li osannava».