Insultato, poi preso a sputi e pallonate da un gruppo di ragazzini: la denuncia di una mamma

Sora - I fatti all'esterno del parco Valente. Provvidenziale l’intervento di una mamma che ha allontanato il gruppetto

Sora – Un episodio che lascia l’amaro in bocca e che impone una riflessione profonda. È accaduto nei giorni scorsi nell’area esterna all’ex Campo Boario, ora Parco Valente, in una giornata che sembrava come tante. Un giovane, noto in città per i suoi problemi di tossicodipendenza, si è avvicinato a un gruppo di studenti per chiedere una sigaretta e in pochi istanti la situazione è degenerata.

Invece di ricevere una risposta, anche solo un “no” educato, il ragazzo è stato sbeffeggiato e poi colpito ripetutamente con un pallone con cui i ragazzi stavano giocando. Come se non bastasse, uno di loro gli ha anche sputato addosso.

A porre fine alla scena di violenza gratuita e incomprensibile è stata una donna, una mamma che aveva portato la sua bambina al parco e che, uscendo, ha assistito all’intero episodio. Senza esitare, ha richiamato i ragazzi con fermezza intimando loro di allontanarsi da quel giovane in sella alla sua bicicletta che avevano preso di mira. Cinque ragazzini, a quanto sembra minori, che in “branco” si erano sentiti “forti” a tal punto da prendersela con un soggetto fragile.

Un segnale preoccupante

Un episodio, l’ennesimo, che è un chiaro campanello d’allarme. Che mostra quanto sia urgente e necessario educare le nuove generazioni all’empatia, all’inclusione, alla capacità di tendere una mano anziché puntare un dito. Il ragazzo protagonista di questa triste vicenda è una persona che convive con una fragilità evidente, ma non per questo merita disprezzo o derisione. Anzi, è proprio chi è più debole che merita protezione, ascolto, dignità. È chiaro che non bisogna generalizzare perché, fortunatamente, esiste una maggioranza di ragazzi e ragazze, educata con valori e principi, che sta dalla giusta parte. Tuttavia i crescenti episodi di violenza, verbale e/o fisica, tra le nuove generazioni impongono un cambio di passo.

Educare non è solo un compito della scuola, ma una responsabilità condivisa tra famiglie, istituzioni, e comunità. Fatti come questo ci ricordano che non possiamo abbassare la guardia. I ragazzi imparano dagli esempi, dai gesti, dai silenzi. E se non insegniamo loro a guardare l’altro con occhi puliti, con rispetto, e senza pregiudizi, rischiamo di crescere una generazione insensibile e distante.

Il gesto della mamma che ha rimproverato quei giovani è un piccolo grande segnale di speranza. È il simbolo di un’educazione che non si tira indietro, che interviene, che ricorda che ogni persona – anche quella più fragile – merita umanità.

In un tempo in cui la superficialità spesso prende il sopravvento, torniamo a insegnare il valore della gentilezza. E ricordiamoci che la vera forza si dimostra nel tendere una mano, non nel colpire.

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