Stellantis Cassino, solo chiusure d’impianti e non arriva neppure l’elettrico. Di Traglia (Fiom): “Siamo alla fase terminale dei residui produttivi”

Il nuovo Ad Filosa ha visitato Mirafiori e proseguirà il giro degli stabilimenti italiani dopo l'insediamento definitivo del 23 giugno

Antonio Filosa nominato nuovo Ad di Stellantis ed a Cassino, lo stabilimento in situazioni produttive e occupazionali più critiche della galassia della multinazionale francese, praticamente in contemporanea, si proclama un nuovo fermo produttivo: una chiusura totale che, da venerdì 30 maggio incluso, si protrarrà fino al prossimo lunedì 9 giugno. Profondo nero nelle prospettive del sito di Piedimonte San Germano: a ribadirlo Andrea Di Traglia, segretario generale della Fiom-Cgil di Frosinone e Latina che non se la sente di stappare nessuna bottaglia per la designazione di un italiano al vertice di un’azienda che in quattro anni ha massacrato unicamente l’automotive nazionale trasferendo produzioni all’estero ed eliminando oltre diecimila dipendenti diretti con gli esodi incentivati: “Vero che l’elettrico quando si avvicina non si sente ma a Cassino non si vede proprio neanche all’orizzonte – dice Di Traglia -, quanto all’ibrido siamo ancora alla fase dell’ipotesi e ci restano le poche motorizzazioni residue dei modelli Giulia e Stelvio ancora ordinabili e gli esemplari di Maserati Grecale che si contano sulle dita di una mano ogni giorno che si lavora. Siamo davvero ai residui produttivi”.

Filosa pensa ad un nuovo capitolo della storia aziendale

Antonio Filosa ha fatto la prima tappa del suo tour nella nuova veste di numero uno del gruppo visitando il quartier generale della famiglia Peugeot a Sochaux, in Francia e, subito dopo, ha effettuato il suo primo sopralluogo in Italia, nello storico stabilimento di Mirafiori, a Torino. Il primo a pieno regime e con saturazione impianti, il secondo ridotto a fantasma di quel che era (e con l’avvio della produzione della sola 500 ibrida che verrà commercializzata a novembre). A testimoniare quanto “successo” abbiano avuto le strategie transalpine di acquisire e spazzare via marchi storici tricolori ritenuti solo dei “concorrenti”. Ma Filosa ora vedremo cosa potrà fare per restituire una soglia minima di decenza alle produzioni italiane e qualche assicurazione sui livelli occupazionali: sicuramente le visite negli altri siti del bel Paese sono rinviate a dopo il 23 giugno, quando entrerà nel pieno dei suoi poteri. A Torino il nuovo Ad dice di aver percepito entusiasmo e professionalità: “Abbiamo tutte le possibilità di aprire un nuovo capitolo nella storia della nostra azienda”, ha concluso. Ma nelle officine sempre più vuote e con attività diradate c’è poco da entusiasmarsi. Specie coi pochi lavoratori diretti rimasti (2400 a Cassino dai 4100 dell’epoca della finta fusione Fca-Psa) con stipendi falcidiati dal ricorso stressante e continuo agli ammortizzatori sociali.

Il nuovo ad Antonio Filosa durante la visita a Mirafiori (immagine tratta da un frame di rai News 24)

A Piedimonte restano nella nebbia le nuove ipotetiche Stelvio e Giulia

“Siamo arrivati al limite perché ci sono ripercussioni gravi e negative su buste paga, sullo stabilimento, sull’indotto, sul territorio – aggiunge il segretario territoriale Fiom-Cgil -. Lo stiamo dicendo da tempo, visto la scenario odierno non si può che peggiorare nei prossimi mesi. Per questo bisogna tenere alta la guardia. Bisogna fare pressioni tramite il Ministero del Made in Italy sul nuovo amministratore delegato per chiarire definitivamente anche i tempi delle nuove produzioni. Le nuove generazioni dei due modelli a marchio Alfa Romeo, basati sulla nuova piattaforma STLA Large, sono al momento in ritardo sulla tabella di marcia. È importante chiarire che lo stabilimento di Cassino in questo momento sta subendo più di tutti l’assenza di piani industriali e missioni produttive dell’azienda. Ci dicano cosa avverrà nel futuro prossimo”. Nessun credito al manager italiano per la sua italianità: “Occorre ripartire dalle lavoratrici e dai lavoratori, aumentando il salario e confrontandosi sul futuro occupazionale. Serve un confronto strategico anche con la Presidenza del Consiglio. Serve un vero piano industriale e non le promesse di Imparato a dicembre scorso al tavolo del Mimit”.

Maserati, il presagio che di 3 stabilimenti non ne regga neanche uno

“La concentrazione a Modena delle produzioni torinesi di Maserati segna l’ultima frontiera delle produzioni rimediate con quel che c’è – aggiunge Di Traglia riferendosi al marchio che vede anche Cassino tra i siti interessati alle strategie del tridente -. Ed è comunque emblematico che tutti e tre gli stabilimenti del marchio – Grugliasco, Modena e Piedimonte – avevano produzioni che rasentavano lo zero. Un elemento di forte preoccupazione per il brand in un contesto problematico per tutti i marchi italiani. Oltretutto quello dell’assenza di prospettive e della mancanza di investimenti è un problema che non nasce oggi. Ma il punto è che, anche prima della designazione di Filosa, a preoccupare è sempre stata l’assenza della volontà concreta di aprire un confronto da parte dell’azienda. E a Cassino parliamo di stabilimento in fortissima sofferenza mentre si rincorrono voci su ulteriori congelamenti dei nuovi modelli. Non si hanno date certe. La condizione dei contratti di solidarietà in deroga è prolungabile per un altro anno ma noi rischiamo di non avere una nuova produzione neppure entro 12 mesi”.

Continua il disimpegno dall’Italia mentre l’Eliseo porta la sua quota al 9,6%

“Ad oggi – tira le somme il segretario Fiom – Stellantis non sta mantenendo le aspettative, né sta dando seguito a quel che dice. Dice a parole che l’Italia è centrale nei disegni del gruppo ma congela o rinvia modelli negli stabilimenti italiani. Cosa ci sia di centrale non s’è capito se non il disimpegno. Oltralpe la partecipata statale aumenta progressivamente la percentuale di quota azionaria. Una vera ciliegina sulla torta”. Infatti l’Eliseo si è trovato in possesso del 6,2% del capitale tramite la banca pubblica BPI e, una volta scaduti i vincoli, ha avuto la possibilità (non l’obbligo) di chiedere l’autorizzazione a vendere il 2,5% e scendere così al 3,7%. L’opzione, però non è stata esercitata. Al contrario, ha deciso per l’aumento dei diritti di voto. E così Bpifrance vuol portarsi al 9,6%. Mentre la Meloni stringe la mano di Macron, Urso sottolinea i risultati del Mimit e i francesi brindano ovviamente a champagne alla desertificazione dell’automotive italiano.

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Stefano Di Scanno
Stefano Di Scanno
Giornalista Professionista

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