La leucemia mieloide acuta (LMA) rimane una delle patologie ematologiche più difficili da affrontare, con oltre duemila nuove diagnosi ogni anno in Italia e un’incidenza stimata tra 3 e 4 casi ogni 100mila abitanti. Si tratta di un tumore del sangue a rapida evoluzione che interessa le cellule immature del midollo osseo, impedendo la normale produzione di globuli bianchi, rossi e piastrine. L’aggressività della malattia è tale che la sopravvivenza media a cinque anni non supera il 20%, rendendo urgente l’arrivo di terapie più efficaci.
In questo scenario si inserisce un’importante novità terapeutica: l’introduzione in Italia di un trattamento mirato destinato ai pazienti con LMA caratterizzata dalla mutazione FLT3-ITD, presente in circa un quarto dei casi e associata a una maggiore probabilità di recidiva. Il farmaco, somministrato per via orale, viene utilizzato in combinazione con la chemioterapia di induzione e di consolidamento e può essere impiegato anche in seguito come terapia di mantenimento.
I dati clinici disponibili mostrano risultati particolarmente significativi. Nello studio internazionale che ha valutato l’efficacia del medicinale, l’aggiunta della nuova molecola al trattamento standard ha evidenziato una riduzione del rischio di mortalità pari a circa il 22% rispetto alla sola chemioterapia. La sopravvivenza globale mediana dei pazienti trattati con la nuova terapia ha superato i 31 mesi, contro poco più di 15 mesi per il gruppo di controllo, con un follow-up vicino ai quattro anni.
Secondo gli specialisti, si tratta di un passo avanti rilevante nella gestione della malattia, soprattutto per una categoria di pazienti spesso fragile e con bisogni clinici complessi. L’età media alla diagnosi, infatti, si colloca tra i 68 e i 70 anni, e non sempre è possibile affrontare percorsi terapeutici intensivi.
La leucemia mieloide acuta si manifesta con sintomi inizialmente sfumati – stanchezza persistente, facilità ai lividi, infezioni ricorrenti, sanguinamenti – legati al crollo della normale funzionalità del midollo osseo. Proprio la severità dell’esordio e la rapidità di progressione rendono cruciale l’accesso a terapie innovative capaci di migliorare sia la quantità sia la qualità della vita.
Accanto agli aspetti clinici, le associazioni di pazienti e i professionisti sanitari sottolineano l’importanza di un approccio integrato che consideri non solo l’efficacia dei farmaci, ma anche il percorso quotidiano di chi convive con la malattia. L’arrivo di una nuova opzione terapeutica – dicono – rappresenta un segnale concreto di avanzamento nella presa in carico della LMA e un ulteriore passo verso trattamenti sempre più personalizzati.
Un progresso che apre la strada a nuove prospettive e che potrebbe cambiare in modo significativo il futuro di molti pazienti.