Con Leon, pubblicato nel 2024, Carlo Lucarelli conferma la sua straordinaria capacità di condurre il lettore nei territori meno prevedibili del noir contemporaneo. Il romanzo rappresenta un ulteriore passo avanti nel percorso creativo dell’autore: un’opera in cui la tensione narrativa si fonde con una profonda esplorazione emotiva e psicologica, dando vita a un mosaico complesso che trascende i confini del genere. Qui Lucarelli non si limita a costruire un enigma, ma riflette su come la mente – soprattutto quella di un bambino – affronti il dolore, il terrore, la memoria che scivola e si nasconde.
Atmosfere sospese e paesaggi interiori
Fin dalle prime pagine, il lettore è proiettato in un ambiente che sembra rarefatto, governato da un silenzio pieno di presagi. Bologna – la città onnipresente nella produzione di Lucarelli – non è mai soltanto uno sfondo, ma un organismo vivo, una sorta di palcoscenico umido e scuro che respira con i personaggi. La costruzione dello spazio non è mai ornamentale: vicoli, interni domestici, stanze in ombra e corridoi silenziosi concorrono a creare una tensione emotiva costante, una condizione di attesa che prepara a un dolore incombente.
La prosa si muove come un rasoio sottile. Lucarelli dosa con maestria i tempi della narrazione, alternando aperture descrittive a repentini colpi di scena, quasi come se la sua scrittura fosse un organismo in perenne accelerazione e frenata. A questo si aggiunge la sua abilità di sfruttare il non detto: lo spazio tra le parole diventa un luogo narrativo, una fenditura attraverso cui affiora una presenza inquietante.
La trama: una ferita che parla sottovoce
Al centro del romanzo si trova la storia di una bambina sopravvissuta a un evento devastante, tanto traumatico da incrinare i confini stessi della sua percezione. Unico punto fermo, un gorilla – o meglio, la figura di un gorilla – che dà il titolo al libro. “Leon” diventa così non solo un personaggio enigmatico ma un catalizzatore di paure e protezioni, il simbolo di una mente che si difende inventando, scomponendo, ricostruendo.
Accanto alla piccola protagonista si muove un investigatore dalla sensibilità ferita, con un passato che affiora come un’eco e che condiziona il suo modo di guardare il mondo. Non è l’investigatore infallibile della tradizione classica: è un uomo che inciampa, che sospetta anche di sé stesso, che procede con esitazione perché la realtà, qui, non è mai lineare. Lucarelli lo tratteggia con colpi di pennello rapidi e profondi, facendone un personaggio che resta impresso per la sua umanità.
Il mistero come stato d’animo
Ciò che rende Leon particolarmente affascinante è la capacità dell’autore di fondere il mistero poliziesco con una ricerca quasi metafisica sulla natura della paura. Il gorilla – creatura sospesa tra realtà e simbolo – permette di sviluppare una riflessione sottile su come l’immaginazione infantile possa diventare rifugio e trappola. L’animale, nelle sue apparizioni, assume un ruolo mutevole: a volte figura di conforto, altre volte incarnazione del lato oscuro, e spesso specchio di ciò che gli adulti non sanno più vedere.
Lucarelli costruisce così una tensione che non si esaurisce nella domanda “chi è il colpevole?”, ma nella più inquietante questione: “che cosa è vero?”. La verità diventa un terreno friabile, soggettivo, e il romanzo mostra come la mente possa manipolare i ricordi per sopravvivere.
Scrittura, ritmo e densità emotiva
L’aspetto più sorprendente del romanzo è forse la sua scrittura. Lucarelli combina uno stile denso e poetico con una precisione chirurgica nei dettagli. Ogni frase appare cesellata per evocare un’emozione o per insinuare un dubbio. L’alternanza di registri – dall’intimo al teso, dal descrittivo all’incalzante – crea una polifonia che rende la lettura magnetica. La sintassi, spesso breve e spezzata, richiama il ritmo di un cuore in affanno; altre volte, invece, si distende in periodi ricchi e avvolgenti che invitano alla contemplazione.
Anche i dialoghi meritano attenzione: essenziali, mai compiacenti, sempre funzionali a illuminare contraddizioni interiori. Lucarelli non usa le parole per riempire, ma per suggerire. E ciò che non viene detto diventa spesso più importante di ciò che viene esplicitato.
Un’opera che supera i confini del noir
Leon è molto più di un romanzo d’indagine: è un viaggio nelle crepe della mente, un romanzo sulla fragilità e sulla resilienza, sul modo in cui il dolore plasma la percezione. Pur rimanendo ancorato alla struttura del mistero, il libro si apre a riflessioni sulla natura del ricordo, del linguaggio e della verità. La paura non è solo un’emozione, ma un linguaggio attraverso il quale i personaggi imparano a decifrare il mondo.
La forza del romanzo sta proprio nella sua capacità di coinvolgere il lettore non solo sul piano narrativo, ma su quello emotivo e intellettuale. Si legge con il fiato sospeso, ma anche con la consapevolezza di trovarsi davanti a un’opera che invita alla riflessione, che scava, che non offre soluzioni facili.
Un libro che resta
Alla fine della lettura, ciò che rimane non è solo la soluzione del mistero, ma un senso più profondo di inquietudine e meraviglia. Lucarelli consegna un romanzo che lascia un segno, che chiede di essere discusso e interpretato, che non svanisce una volta chiuse le pagine. Leon è un’esperienza narrativa completa: emozionante, visionaria e rigorosa. Un libro capace di appassionare il lettore più esigente e, allo stesso tempo, di ampliare i confini del noir italiano contemporaneo.