Era arrivato in Italia con un obiettivo semplice e carico di sacrificio: lavorare e inviare denaro alla propria famiglia rimasta in Etiopia. Un sogno comune a tanti migranti, che per questo giovane di origine etiope si è però presto scontrato con una realtà durissima fatta di precarietà, solitudine e malattia. Senza una casa stabile, privo di assistenza sanitaria e affetto da una grave patologia infettiva, viveva in una condizione di estrema fragilità.
La svolta è arrivata grazie all’intervento della UOC Malattie Infettive della Asl di Frosinone, dove il giovane è stato ricoverato per circa due mesi. Qui è stato preso in carico dall’équipe sanitaria, che ha avviato il percorso terapeutico più adeguato alle sue condizioni, accompagnandolo passo dopo passo verso una progressiva e significativa ripresa dello stato di salute.
Determinante, oltre all’impegno dei professionisti sanitari, è stata la sinergia tra più istituzioni. La Asl di Frosinone ha lavorato fianco a fianco con il Centro Rapporti Internazionali dell’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale, con il supporto del Consolato competente e degli assistenti sociali dell’Azienda sanitaria. Una rete di collaborazione che ha permesso non solo di garantire cure appropriate, ma anche di costruire un percorso umano e amministrativo complesso, finalizzato al rientro del giovane nel suo Paese d’origine.
Nei giorni scorsi, finalmente, il giovane ha potuto fare ritorno in Etiopia, dove lo attendevano i suoi familiari. Un viaggio carico di emozione, che ha segnato il ricongiungimento con i propri affetti e la possibilità di proseguire le cure in un contesto di maggiore serenità e sostegno.
Una storia che va oltre il singolo caso clinico e che racconta il valore profondo della sanità pubblica quando riesce a farsi carico delle persone più vulnerabili, senza distinzioni. Un risultato che testimonia l’attenzione, la professionalità e l’umanità delle istituzioni coinvolte e che, in questo periodo dell’anno, assume il significato autentico di un gesto di solidarietà e cura verso chi, spesso, non ha voce.