‘Nero a Manhattan’, cinema e mistero nel thriller d’esordio di Jeffery Deaver

Il volume del 1988 rappresenta l'esordio letterario dell'autore statunitense diventato un affermato scrittore di best seller

Togliere di mezzo Robert Kelly, un anziano e solitario signore il cui unico passatempo consiste nel guardare e riguardare lo stesso vecchio film giallo, si direbbe un gioco da ragazzi per una coppia di veri professionisti come Haarte e Zane. Peccato che anche i lavoretti più facili a volte possano riservare imprevisti. In questo caso l’imprevisto si chiama Rune, ha vent’anni, è bella ed eccentrica, cambia lavoro con la stessa disinvoltura con cui cambia colore di capelli. È lei che, nella scalcinata videoteca del Greenwich Village in cui lavora, ha dato a noleggio a Kelly il solito film, “Nero a Manhattan”, che il vecchio stava guardando nel momento in cui, nel suo appartamento, è stato freddato con tre colpi di pistola. Ed è sempre lei – che con il vecchio ha stretto un’improbabile quanto sincera amicizia – a nutrire il sospetto che nei fotogrammi in bianco e nero di quella vecchia pellicola possa celarsi la chiave per svelare il mistero della sua morte. Rune si getta così in una pericolosa indagine privata, che, tra equivoci e scambi di persona, porterà alla luce la verità che si cela dietro un omicidio apparentemente inspiegabile…

‘Nero a Manhattan’ è il primo lavoro dello scrittore Jeffery Deaver, prolifico autore – ex giornalista e avvocato – statunitense di best seller, in particolare romanzi gialli e thriller. Pubblicato nel 1988 (ma arrivato in Italia solo nel 2009), il volume dà inizio al cosiddetto ‘ciclo di Rune’ che conta anche ‘Requiem per una pornostar’ e ‘Hard News’.

Il volto noir di New York

Quella raccontata in ‘Nero a Manhattan’ è una ‘grande mela’ molto diversa da quella cui ci ha abituato lo schermo, piccolo o grande che sia. Le atmosfere noir che ricordano gli anni ’40 donano un fascino particolare alla metropoli americana. È come se ci si aspettasse di incrociare Humphrey Bogart, sigaretta in bocca e charme misterioso, come se si fosse in un film di John Huston. Eppure la detective improvvisata e insolita che tiene le fila del libro, Rune, è ben lontana da quegli stereotipi. La big city creata da Deaver sembra quasi in bianco e nero, ‘a misura di uomo’ e in particolare di colui che deve arrivare a fine giornata in qualche modo. Dimenticatevi la New York frenetica degli yuppie e dei grandi grattacieli, qui si torna ad uno scenario formato da pochissimi luoghi, che non hanno nulla a che vedere con la frenesia della grande città.

La rocambolesca Rune!

Il thriller gira tutto intorno alla rocambolesca Rune. Un personaggio eteroclito: incerto ma sagace, capace di deduzioni basate su fatti quasi inconsistenti. Un personaggio pasticcione e romantico, al limite dell’eccentrico, bizzarro, ma proprio per questo gradevolissimo. La protagonista è un mix di insicurezza e forza, di caparbietà e sogno, rispecchiando molto l’indole dei suoi coetanei. Il suo fiuto, da improbabile investigatrice, si rivela la direttrice da seguire.

“Alla televisione davano un vecchio film. Lui adorava i vecchi film. Era L’infernale Quinlan, diretto da Orson Welles, con Charlton Heston nella parte di un messicano. Heston non somigliava per niente a un messicano, ma d’altra parte non somigliava nemmeno a Mosè”.

È interessante così come lo sono i molteplici riferimenti cinematografici, a partire dalla vecchia pellicola presa a noleggio da Robert Kelly. Anche il taglio delle battute è tremendamente adatto ad una trasposizione. Pagine di fine anni ’80 perfette per essere tradotte in immagini.

Deaver contro Deaver

“Nero a Manhattan. Millenovecentoquarantasette. Oh, questa roba è tutta inventata. Dunque. L’intenso dramma di un giovane poliziotto idealista a New York, diviso tra dovere e avidità”.

Per chi conosce l’autore, si troverà di fronte un Deaver ben diverso rispetto ciò a cui ci ha abituato nel ciclo di Lincoln Rhyme, per ‘sparare’ il più altisonante dei suoi personaggi. Lo stile è abbastanza differente, c’è chi lo ha definito più acerbo (è il suo primo libro, questo!), ma personalmente l’ho letto piacevolmente. Avvincente e denso di colpi di scena, compreso l’ultimo che – paradossalmente – potrebbe essere scontato ma non è quello che ti aspetti! Per chi, insomma, conosce Deaver sarà intrigante scoprire i suoi esordi, la sua prima penna, che conferma quanto di buono e universalmente riconosciuto sia arrivato dopo. Chi non lo conosce, avrà modo di apprezzarlo e sicuramente sarà incoraggiato ad acquistare altri volumi. Forse non sarà ‘fulminante’ come alcuni lavori successivi, ma ‘Nero a Manhattan’ resta un bel thriller, ben costruito, in cui l’aleggiare del mistero è continuo, perentorio. La suspense non manca mai. La trama infatti va avanti da sé (anche se un po’ troppo lenta all’inizio) attraverso un’indagine verosimile per una dilettante e l’incontro con una serie di personaggi strani, in grado di infittire il giallo. Consigliato anche a chi volesse avvicinarsi al genere.

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Cristina Lucarelli
Cristina Lucarelli
Cristina Lucarelli, giornalista pubblicista, specializzata in sport ma con una passione anche per musica, cinema, teatro ed arti. Ha collaborato per diversi anni con il quotidiano Ciociaria Oggi, sia per l'edizione cartacea che per il web nonché con il magazine di arti sceniche www.scenecontemporanee.it. Ha lavorato anche come speaker prima per Nuova Rete e poi per Radio Day e come presentatrice di eventi. Ha altresì curato gli uffici stampa della Argos Volley in serie A1 e A2 e del Sora Calcio.

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