Biblioteche d’Italia, da ‘casa di Mario’ a gioiello gotico: viaggio nell’abbazia di Casamari

Il nome svela le origini del santuario, sorto sulle rovine di un municipio dedicato alla dea Cerere e divenuto patria del console Caio Mario

Le linee essenziali scandiscono la pietra chiara dell’Abbazia di Casamari, gioiello gotico immerso nel territorio di Frosinone. Il nome svela le origini antichissime del santuario, sorto sulle rovine di un municipio romano dedicato alla dea Cerere e poi divenuto patria del famoso console romano Caio Mario. Così, la ‘casa di Mario’ è divenuta Casamari e tale è rimasta, anche quando, poco dopo l’anno mille, qui arrivarono e si stabilirono i monaci Benedettini. La loro permanenza durò appena un centinaio di anni, ma già in quel periodo fiorì all’interno dell’Abbazia l’arte amanuense che dotò il monastero dei primi manoscritti, dando vita a una presenza libraria arrivata fino a noi grazie alla Biblioteca Statale del Monumento nazionale di Casamari.

Oggi l’Istituto conta circa novantamila volumi di carattere prevalentemente umanistico, tra storia, letteratura, storia del monachesimo e storia dell’arte. “Il fondo antico è formato da ventimila volumi a stampa che vanno dal 1450 fino all’inizio dell’Ottocento, perché il patrimonio dei manoscritti negli anni ha subito una forte dispersione”, spiega all’agenzia Dire Padre Alberto Coratti, direttore della Biblioteca.

A seguito della riforma dell’ordine monastico, nel 1140 i Benedettini furono sostituiti dai monaci Cistercensi, che direttamente da Clairvaux, abbazia francese fondata nel 1115 da Bernardo di Chiaravalle, arrivarono nel monastero in provincia di Frosinone. A loro si deve l’attuale assetto architettonico di Casamari, che i religiosi d’oltralpe costruirono nel 1203, segnando il passaggio dallo stile romanico a quello gotico. Gli splendidi ambienti, così belli che Federico II sembra fosse un assiduo ospite di Casamari, ricalcano l’essenzialità della loro vita spirituale e lavorativa, non lasciano spazio al superfluo né a vistosi elementi estetici. La stessa superba semplicità si ritrova nei manoscritti in pergamena prodotti dai monaci, almeno nei volumi arrivati fino a oggi, visto che molti negli anni sono finiti ad arricchire le biblioteche delle grandi famiglie patrizie romane a cui appartenevano i cardinali nominati commendatari dell’Abbazia.

Nel 1873 con la confisca dei beni ecclesiastici le biblioteche dei monasteri divennero proprietà del Regno d’Italia, e così anche Casamari, che però fino a quel momento, tiene a dire Padre Coratti, ha visto la “presenza continua dei monaci Cistercensi”. L’anno successivo l’Abbazia fu riconosciuta Monumento nazionale e venne affidata in custodia agli stessi monaci. “La collaborazione tra Stato e comunità monastica ha garantito da allora la conservazione e la gestione dei beni, compresa la Biblioteca- spiega ancora il direttore- che dal 1930 è collocata nella sala duecentesca che originariamente era il refettorio dei conversi. Nel monumentale salone lungo 25 metri, largo 10 e alto 30, viene ospitato il fondo antico, costituito, oltre ai manoscritti rimasti, dai libri a stampa, con esemplari che si attestano ai primissimi anni dopo il 1450 a testi che coprono fino all’Ottocento”.

Negli anni la Biblioteca si è ampliata e ha inaugurato anche una sala lettura più moderna. È qui che vengono a consultare i testi i tanti studiosi che arrivano a Casamari per la ricchezza delle collezioni librarie. “E’ sicuramente la Biblioteca più importante di questo territorio- dice infine Padre Coratti- ed è punto di riferimento innanzitutto per gli studiosi che vengono a fare le loro ricerche sulla storia locale e sulla storia medievale, ma anche per gli studenti universitari che qui trovano un ambiente accogliente per la preparazione dei loro esami”.

Fonte www.dire.it (Agenzia di Stampa Nazionale)

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