Tesseramento congelato e, quindi, anche date del congresso del Pd provinciale che vanno aggiornate: è la prima decisione della commissione regionale di garanzia dem dopo la bufera scatenata dalla diffusione indiscriminata di tessere avvenuta a partire dal 23 dicembre scorso. Ad una prima fase ordinata, gestita dalla commissione congresso, con l’attribuzione di 1600 moduli di iscrizione ai segretari di circolo della provincia o loro delegati, con tanto di verbale e tracciatura dei numeri dei tagliandi, è infatti seguita una distribuzione non facilmente tracciabile di altre 1400 tessere, portate in federazione a Frosinone dal responsabile organizzativo del Pd Lazio. Una mossa apprezzata solo dall’alleanza che pareva in quel momento in svantaggio, composta da Area Dem (De Angelis) e Area Schlein (Grossi), ma contestata dall’alleanza contrapposta: Rete Democratica (Battisti) e Base Riformista (Pompeo). Ne sono nati contestazioni e una raffica di ricorsi. Immediate sono state le dimissioni di cinque componenti della commissione congresso (membri che rappresentavano Battisti e Pompeo) e poi dello stesso presidente: l’organismo è, perciò, di fatto decaduto. Risultava, quindi, impossibile andare avanti verso l’assemblea in assenza di un organo che gestisse la transizione. Ma il Pd regionale ha comunque inviato il tesoriere a Frosinone che, insieme, all’omologo ciociaro, ha provveduto il 7 e l’8 gennaio scorsi a raccogliere tessere e quote di adesione, per avere finalmente un quadro completo della situazione in provincia.
Da lunedì audizioni alla commissione garanzia del partito regionale
Tuttavia il 10 gennaio la commissione di garanzia del Pd Lazio ha scelto – con voto unanime – di fermare tutto, in attesa che la situazione si chiarisca. Bisogna, infatti e prima di ogni cosa, attendere la discussione degli oltre 30 ricorsi presentati che sono stati ritenuti tutti ammissibili. Tenuto conto che il livello provinciale non si è espresso, questo del regionale sarà, dunque, il primo grado di giudizio con possibilità di ricorrere al nazionale. Inizieranno da lunedì le audizioni e l’esame di tutte le segnalazioni pervenute ai garanti laziali. Non tutti i ricorsi hanno esclusiva valenza congressuale: alcuni si riferiscono anche a comportamenti sanzionabili in fase ordinaria. Quanto alla situazione complessiva del tesseramento, gli iscritti saranno alla fine dei conteggi più o meno cinquemila, di cui 1200 hanno fatto l’adesione online. Le tessere contestate sono 1200. In ogni caso anche il volume delle cinquemila tessere desta qualche sospetto, visti i livelli di iscritti del 2023 più che raddoppiati, sulle forzature che potrebbero essersi verificate nella pratica, col ricorso alla compilazione di tessere fotocopiate. Ma il “doping” potrebbe essere arrivato anche dalla rete.
Verso i cinquemila iscritti. Intanto spunta una risoluta area centrista
Intanto il partito anche a livello locale è agitato da questioni nazionali di grande attualità. Parte del fermento è legato anche all’appuntamento del 18 gennaio a Milano: si ritroveranno i Popolari del Pd nella sala Biagi del palazzo della Regione Lombardia. “Comunità democratica” è il nome scelto per l’associazione destinata a rappresentare politici centristi non solo del Pd, amministratori locali, esponenti delle istituzioni e intellettuali di area cattolica. L’obiettivo dichiarato è il rilancio in politica della cultura e dell’impegno dei cattolico-democratici. L’iniziativa è organizzata dal senatore Pd Graziano Delrio. La convention coinvolgerà i maggiori riferimenti del cattolicesimo democratico italiano: dall’ex premier Romano Prodi, all’esponente dei Popolari Pierluigi Castagnetti. Ci saranno anche intellettuali, come Ernesto Maria Ruffini. L’ex ministro Delrio ha chiarito che Comunità Democratica “è una associazione e non una corrente” del Pd.
Anche se qualcuno nei corridoi del partito già parla perfino di rischio di derive scissionistiche. Non è un caso che Pierluigi Bersani, proprio nelle scorse ore, abbia avvertito: “Serve una grande forza liberale democratica, ma se torniamo all’idea di un centro che dirige il traffico, allora no, non ci siamo”. Peraltro quello “milanese” è un segnale poco rassicurante per la stessa segretaria del Pd che da sempre non tiene granché in conto i pareri che arrivano dalle varie personalità del centrismo. Così è anche comprensibile che per gli ex democristiani la Schlein non vada bene. La base comune d’accordo della comunità democratica e dei liberal democratici è la convinzione che serva un’altra figura per unire. Insomma di cambiamenti se ne profilano diversi. E si tratta di riposizionamenti che non potranno non influire su tutti gli ambiti del Pd, anche quelli provinciali.