Eruzione dei vulcani, tutto dipende dai nanocristalli: lo studio del Cnr

Sono loro a rendere il magma più viscoso influendo sulla dinamica dei fenomeni: lo studio pubblicato su Communications Earth & Environment

Una ricerca internazionale coordinata dall’Istituto di scienza, tecnologia e sostenibilità per lo sviluppo dei materiali ceramici (Issmc) del Cnr svela come la formazione rapidissima di nanocristalli nel magma ne aumenti drasticamente la viscosità, alimentando eruzioni vulcaniche molto esplosive, e offrendo una nuova chiave di lettura per la dinamica di tali eruzioni. Lo studio, pubblicato su Communications Earth & Environment, apre nuove prospettive non solo per la vulcanologia, ma anche per il design di materiali avanzati come le vetroceramiche industriali. È quanto si legge in una nota del Cnr. Le eruzioni vulcaniche esplosive, capaci di scagliare ceneri e gas a chilometri di altezza, rappresentano un rischio geologico significativo. La viscosità del magma gioca un ruolo cruciale: un magma più viscoso intrappola più facilmente i gas, aumentando la pressione interna fino a scatenare un’esplosione. Un team internazionale di ricerca, guidato da Pedro Valdivia Muñoz del Bayerisches Geoinstitut (Germania) e coordinato da Danilo Di Genova dell’Istituto di scienza, tecnologia e sostenibilità per lo sviluppo dei materiali ceramici del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma (Cnr-Issmc) e con un importante contributo da parte di altri colleghi del Bayerisches Geoinstitut (Germania) e dell’Università Roma Tre, ha scoperto un meccanismo su scala nanometrica che può rendere il magma fino a 30 volte più viscoso, e quindi esplosivo, quasi istantaneamente. Lo studio, pubblicato sulla rivista Communications Earth & Environment, ha utilizzato tecniche di imaging avanzate per osservare, per la prima volta in tempo reale, la formazione di ‘nanoliti’ – cristalli di ossido di ferro e titanio più piccoli di un millesimo del diametro di un capello – in un magma andesitico, un tipo di magma con una viscosità tipicamente intermedia, comune in molti vulcani dal comportamento esplosivo. Questa capacità di indagine, che ha visto il team pioniere nel filmare la formazione di nanocristalli in sistemi vetrosi, apre nuove prospettive non solo per la vulcanologia ma anche per il design di materiali avanzati come le vetroceramiche industriali, dove il controllo della nanocristallizzazione è fondamentale.

“Abbiamo visto che questi nanoliti si formano in pochi secondi una volta che il magma raggiunge determinate condizioni- afferma Pedro Valdivia Muñoz del Bayerisches Geoinstitut, primo autore dello studio e dottorando supervisionato da Danilo Di Genova- Ma la vera sorpresa è l’effetto a catena che innescano. Invece di essere semplici particelle solide disperse, i nanoliti alterano chimicamente il magma circostante. Si creano zone arricchite in silice attorno ai cristalli, avvolti contemporaneamente da gusci ricchi di alluminio. Questa eterogeneità chimica su scala nanoscopica è la vera responsabile dell’impressionante aumento della viscosità”. Un meccanismo più complesso di quanto si pensasse: “Non si tratta solo del progressivo impoverimento di ferro nel magma liquido o dell’ingombro fisico creato dai cristalli- prosegue il ricercatore- È la riorganizzazione chimica su nanoscala che modifica radicalmente il comportamento del magma, aumentandone notevolmente la viscosità e facendolo quindi scorrere con molta più difficoltà”. Queste scoperte hanno implicazioni dirette per la comprensione delle eruzioni andesitiche, tipiche di vulcani come il Sakurajima in Giappone, la cui composizione magmatica è stata usata come riferimento per alcuni esperimenti. “La rapida formazione di nanoliti e il conseguente aumento di viscosità durante la risalita del magma potrebbero essere fattori chiave che portano a una frammentazione esplosiva. Inoltre, queste zone eterogenee potrebbero influenzare la propagazione delle fratture nel magma e persino facilitare la formazione di bolle di gas, amplificando ulteriormente il potenziale esplosivo”, conclude Di Genova. La ricerca, che combina esperimenti in situ ad alta temperatura con analisi nanoscopiche sofisticate e modellazione della viscosità, apre nuove strade per valutare la pericolosità vulcanica, suggerendo che anche le più piccole variazioni chimiche e strutturali nel cuore del magma possono avere conseguenze macroscopiche e devastanti.

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