La Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze, con il supporto del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Firenze e dello SCICO (Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata), sta eseguendo un’importante operazione in Toscana, Lazio – in particolare anche nella provincia di Frosinone -, Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto e Campania. L’azione è finalizzata a dare esecuzione a un’ordinanza emessa dal GIP del Tribunale di Firenze, che ha accolto le richieste della Procura disponendo misure cautelari personali nei confronti di 15 persone: tre in custodia cautelare in carcere e dodici agli arresti domiciliari.
I reati
I reati contestati, a vario titolo, sono emissione di fatture per operazioni inesistenti (art. 8 D.Lgs 74/2000), indebite compensazioni (art. 10-quater D.Lgs 74/2000) e associazione per delinquere (art. 416 c.p.). A tutti e 15 gli indagati viene contestata l’associazione per delinquere; sei sono accusati anche di emissione di fatture false e indebite compensazioni, due solo di emissione di fatture per operazioni inesistenti e sette esclusivamente di indebite compensazioni.
Contestualmente, con l’ausilio delle Fiamme Gialle territorialmente competenti, sono in corso perquisizioni personali e locali che coinvolgono anche la Ciociaria, finalizzate alla ricerca di elementi probatori e materiale utile alle indagini, tra cui documentazione contabile e denaro contante.
L’inchiesta
L’inchiesta, avviata nel 2020 e condotta dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Firenze – GICO, con il supporto dello SCICO, ha portato alla luce l’esistenza di una strutturata organizzazione criminale attiva prevalentemente tra Firenze, Prato e Salerno, composta anche da professionisti in ambito contabile. Secondo quanto ricostruito, la rete era dedita all’acquisizione sistematica di società, utilizzate per realizzare indebite compensazioni fiscali mediante crediti di imposta fittizi, derivanti da presunte attività di “ricerca e sviluppo” formalmente affidate a società cartiere prive di reale operatività.
Il disegno fraudolento era supportato da una rete ben organizzata che includeva imprenditori, commercialisti, esperti contabili e un ingegnere, i quali avevano il compito di rendere credibili i bilanci, i contratti e i progetti di ricerca. I progetti dichiarati spaziavano da intelligenza artificiale a blockchain, da tecnologie olografiche a materiali biocompatibili, tutti redatti ad hoc per accedere ai benefici fiscali previsti per le start-up innovative.
Le società coinvolte erano intestate a prestanome, ai quali veniva affidata anche la rappresentanza legale, con l’obiettivo di occultare il reale referente dell’organizzazione, già noto per precedenti penali in ambito economico-finanziario.
L’indagine ha avuto origine da accertamenti fiscali su aziende con elevate compensazioni d’imposta e ha evidenziato l’esistenza di un’associazione dotata di una struttura gerarchica, linguaggio convenzionale, compiti specifici assegnati ai membri e una rete logistica articolata. Il presunto capo del sodalizio non avrebbe esitato a ricorrere a minacce gravi, arrivando a ipotizzare l’ingaggio di killer contro imprenditori riluttanti a collaborare.
Come operava l’organizzazione
Nel dettaglio, l’organizzazione era attiva:
- nella costituzione di società fittizie nei settori della logistica, informatica, facchinaggio e servizi;
- nell’indebita compensazione di imposte e contributi previdenziali per un ammontare complessivo superiore agli 11 milioni di euro;
- nell’intimidazione di prestanome per mantenere il controllo delle società coinvolte;
- nel trasferimento di fondi illeciti attraverso soggetti esteri (Bulgaria, Repubblica Ceca, Malta) mediante contratti di consulenza simulati.
Una volta incassati i fondi tramite i contratti di “ricerca”, il denaro veniva fatto rientrare nel circuito del sodalizio attraverso ulteriori passaggi fittizi tra società italiane ed estere riconducibili allo stesso gruppo criminale.
L’inchiesta ha inoltre rivelato un ulteriore fronte illecito: la falsificazione di fatture legate a interventi di sanificazione ambientale durante l’emergenza Covid-19, finalizzata a ottenere crediti d’imposta previsti per contrastare la diffusione del virus.
Le prove raccolte e le attività investigative saranno ora sottoposte al vaglio del giudice competente.