Non esiste un solo residente della provincia di Frosinone che non lo abbia visto sfrecciare per le strade della Ciociaria a bordo della sua handbike spinta, più che dalle sue braccia, dalla sua determinazione e dalla sua voglia di vivere. Lui è Francesco Perna, per tutti Crispino. Vedendolo correre su quel velocipede l’ho sempre ammirato. Mi sono chiesta quanta forza ci volesse. Non per muovere una bici con le braccia. Ma per reagire quando la vita prova in tutti i modi a metterti al tappeto. Poi, ho deciso di chiederlo a lui. Ho chiamato Crispino una mattina di qualche giorno fa e gli ho chiesto se avesse voglia di raccontarsi, perché la sua storia è un esempio bello, positivo, che aiuta a vivere, che insegna a lottare, a testa alta, senza arrendersi mai. Francesco ha accettato. Ne è nata una lunga chiacchierata che abbiamo scelto di condividere con i nostri lettori.

“O combatti o ti lasci andare”
È il 2007. Francesco Perna, detto Crispino – per via del suo ciuffo di capelli all’insù che da piccolo lo faceva assomigliare ad un riccio che, nel dialetto del suo paese, Monte San Giovanni Campano, si dice ‘crispìn’ – è un ragazzo di 25 anni. Una vita davanti e tanti sogni da realizzare ma, da qualche tempo, sente che qualcosa ‘non va’. Il suo corpo gli invia strani segnali. Gira diversi ospedali per fare accertamenti. Poi, in un giorno di quel lontano 2007, arriva la diagnosi. Un verdetto che cambierà la sua vita per sempre: Atassia di Friedreich, una malattia genetica altamente invalidante che comporta nel tempo un danno progressivo del sistema nervoso.
“O combatti o ti lasci andare”, commenta Crispino raccontando della malattia. E lui di lasciarsi andare non ha alcuna intenzione. Inizia, così, la sua seconda vita. Francesco ha deciso di combattere. Di essere più forte di quella malattia che, a poco a poco, lo porta su una sedia a rotelle, privandolo della sua autonomia, della possibilità di fare quello che i suoi coetanei fanno. Ma lui non si arrende: “Posso fare tutto, solo in un altro modo. Devi lavorare tanto su te stesso e sulla tua mente per raggiungere queste consapevolezze. E, lo ammetto, non sempre è stato facile. Ci sono giorni bui ma li affronto con la consapevolezza che poi tornerà la luce. Se la malattia ti trova debole sa colpire duro, se invece si scontra con la voglia di vivere sei tu a colpire lei”.
La passione per l’handbike
Oggi Francesco ha quasi 40 anni, sono passati 15 anni dalla diagnosi della sua malattia. L’Atassia di Friedreich, sarebbe inutile negarlo, gli ha tolto tanto. Ma la cosa che di Crispino ti sorprende è che lui raccontandosi non parla di quello che non ha più ma pensa a sfruttare a pieno tutto quello che ha ancora. “Troppo spesso mi scontro ancora con una mentalità stereotipata che pensa che il disabile sia colui che sta chiuso in casa, solo, emarginato, depresso. Io, invece, voglio dare il segnale che noi disabili viviamo e abbiamo voglia di vivere come tutti gli altri. Io esco con i miei amici, mi diverto, ho tante passioni”.
E, tra le tante passioni di Crispino c’è proprio l’handbike, quel mezzo che gli ha permesso di sfidare se stesso: “Da quando ho perso l’uso delle gambe, l’handbike mi ha sempre incuriosito. Poi, nel 2016, ho avuto un periodo buio, uno di quelli nei quali la luce sembrava non voler tornare. Dovevo reagire, dare una prova di forza a me stesso. Dimostrare ancora alla malattia con chi avesse a che fare. Così, grazie ad alcuni amici, ho cominciato il mio percorso con l’handbike. L’arrivo al traguardo è un’emozione perché sai di aver raggiunto prima di tutto un nuovo traguardo con te stesso”. E di traguardi lui ne ha tagliati tanti, Crispino ha vinto negli anni gare internazionali, collezionando podi ma, come lui stesso dice, “Il podio più alto è quello contro la malattia”.



“Io non mollo”
Un motto che è anche il nome della sua associazione, un impegno raccontato, giorno dopo giorno, su un blog. “Io non mollo” incarna pienamente lo stile di vita di Crispino. “Tanta voglia di vivere, nonostante tutto”, si legge su quel blog. E, infatti, nonostante tutto, lui non molla. Mette su l’associazione. Va tra la gente, non fugge gli sguardi compassionevoli, è l’esempio di quanto credere in se stessi e non arrendersi, neppure quando si ha a che fare con una malattia come la sua, sia il miglior modo di vivere. Francesco non perde la speranza che la Ricerca, che finanzia grazie a raccolte fondi e alla sua ormai nota “Cena Sociale”, possa presto trovare una cura definitiva per lui e per i tanti che combattono la sua stessa battaglia. E a chi gli dice “Io al tuo posto avrei mollato”, lui sorride e risponde “Anche io quando ero al tuo posto la pensavo così”.



“Andata e ritorno”
Quando Francesco racconta la sua storia trasmette davvero la sua voglia di vivere. C’è un momento esatto, però, nel quale l’enorme bagaglio umano di quel gigante in handbike viene fuori. Il peso si fa sentire quando ripercorre i momenti salienti della sua vita con la consapevolezza di quello che è oggi. Francesco si emoziona. Si commuove. E noi con lui. Quel bagaglio pesa, se lo è messo sulle spalle quando era ancora un ragazzo e oggi, che è un uomo adulto e consapevole, è arrivato il momento di alleggerirlo un po’. E il modo migliore per farlo è tirarlo fuori, condividerlo. È così nasce l’idea di raccontare la sua storia in un libro: “Andata e ritorno”. “Sto scrivendo un libro con l’aiuto del giornalista Alessandro Andrelli. O meglio, io racconto la storia della mia vita ripercorrendola come in una sorta di macchina del tempo, lui la scrive per me. Un’idea nata durante il primo lockdown, quando le lunghe giornate chiuso in casa erano spesso insostenibili. Ma, anche in quella situazione, Crispino non ha mollato. Ha messo nero su bianco le pagine della sua vita su quel libro che uscirà a fine estate. In “Andata e ritorno” si racconta, racconta la magia del sogno di Crispino, il perché non si deve mai mollare. Insegna a non arrendersi. “Andata e ritorno” è la vita vista con gli occhi di chi la affronta davvero ogni giorno.
Salutiamo Crispino con la promessa di ritrovarci per la presentazione del suo libro. In fondo, questa lunga chiacchierata insieme è stata già un po’ come un’…”Andata e ritorno”.