Il sistema delle imprese italiane continua a mostrare resilienza, insieme a qualche slancio di dinamismo. I dati del secondo trimestre 2023 evidenziano un saldo positivo tra aperture e chiusure di imprese, con un aumento complessivo di 28.286 nuove aziende nel periodo aprile-giugno. Il risultato, sebbene rappresenti un segnale incoraggiante, è uno tra i meno brillanti nell’arco degli ultimi dieci anni. Uno dei principali elementi che ha influenzato il quadro demografico delle imprese nel secondo trimestre dell’anno è stato il basso numero di iscrizioni (79.277), il secondo peggior risultato del decennio, superato solo da quello “pandemico” del 2020. Allo stesso tempo, le cessazioni hanno sfiorato le 51mila unità (50.991), valore che pur restando al di sotto della media del periodo pre-covid rappresenta il terzo aumento consecutivo nell’arco dell’ultimo triennio.
E’ quanto emerge in sintesi dall’analisi trimestrale Movimprese relativa al periodo aprile-giugno 2023, condotta da Unioncamere e InfoCamere sui dati del Registro delle Imprese delle Camere di Commercio e disponibile all’indirizzo www.infocamere.it/Movimprese.
Il Bilancio Dei Territori
Nonostante il Sud registri il saldo maggiore in termini assoluti (9.006 imprese in più), è proprio il Mezzogiorno che subisce la flessione più marcata in termini di tasso di crescita, passando dal +0,55% di 12 mesi fa al +0,44% del trimestre da poco concluso. Il Nord-Ovest e il Centro sono le due aree geografiche che condividono il primato per l’incremento relativo più elevato (+0,5%). In tutte le regioni, il trimestre si è chiuso comunque con il segno positivo: dalla Lombardia (5.663 imprese in più all’appello), al Molise (+87). Tutte le circoscrizioni hanno comunque fatto registrare un tasso di crescita inferiore a quello misurato nel corrispondente trimestre dello scorso anno.
Il Bilancio Dei Settori
Se si eccettua l’industria estrattiva (settore numericamente limitato a sole 3.664 imprese), tutti i settori hanno messo a segno saldi positivi nel trimestre. Meglio degli altri, in termini assoluti, ha fatto il settore delle costruzioni, uno tra i più rilevanti per numero di realtà esistenti, con 6.025 imprese in più. A ruota, altri due comparti sugli scudi da qualche tempo, quello degli alberghi e ristoranti (+4.436 unità) e quello delle attività professionali, scientifiche e tecniche (3.753 imprese in più rispetto alla fine di marzo). Bene anche il commercio (+2.670) e i “servizi alle imprese” (come noleggio e agenzie di viaggio) con +2.507. In termini relativi, le performance migliori vengono dai settori legati ai servizi: +1,5% le attività professionali scientifiche e tecniche, +1,2% le attività di noleggio, agenzie di viaggio e servizi alle imprese e +1% per le attività sportive, di intrattenimento e divertimento.
L’analisi nelle province di Frosinone e Latina
Le dinamiche di demografia imprenditoriale confermano gli elementi di continuità emersi negli ultimi trimestri, che si sostanziano nella minore spinta imprenditiva, condizionata dai fattori di incertezza legati agli effetti dei corsi inflattivi e alla stretta della politica monetaria della BCE. Altrettanto, il progressivo aumento delle cessazioni è influenzato dalle pressioni dovute all’aumento dei costi di gas, energia, materie prime e semilavorati, cui si aggiungono le tensioni connesse all’incremento dei costi dei debiti finanziari, le cui previsioni sono di ulteriore crescita. Peraltro, la rimodulazione in atto delle garanzie pubbliche a supporto della liquidità (moratorie e prestiti garantiti) ha prodotto effetti significativi sulla solvibilità delle aziende più in difficoltà.
Di fatto, si tratta di una sovrapposizione di fattori che pesano maggiormente soprattutto per le realtà più piccole, in ragione delle difficoltà a trovare formule compensative per rimanere sul mercato.
L’algebra dei flussi riferita alla seconda porzione d’anno restituisce su scala nazionale oltre 28mila unità aggiuntive; la composizione del saldo è l’esito di un rallentamento delle iscrizioni (-4% rispetto all’analogo periodo dello scorso anno), che si mantengono nettamente inferiori ai valori pre-covid; prosegue, inoltre, senza soluzione di continuità l’avanzamento delle cessazioni, che comunque si mantengono su valori contenuti in serie storica (-20% rispetto al secondo trimestre 2019), grazie alle linee di credito attivate con le garanzie pubbliche e alle moratorie sui prestiti.
Il Lazio si conferma ai vertici della graduatoria regionale, dietro alla sola Valle D’Aosta (+0,98% il tasso di crescita, a fronte del +0,47% nazionale), con un saldo che supera le 3 mila e 800 unità (+0,63% il tasso di crescita, in calo del 9% rispetto all’analogo periodo dello scorso anno).
Il bilancio nei territori di Frosinone e Latina è positivo per 562 imprese (a fronte delle 605 aggiuntive del secondo trimestre dello scorso anno) e si colloca al di sopra dei valori riferiti all’analogo periodo pre-covid (+537 unità il saldo riferito al secondo trimestre 2019). Di fatto a determinare tale differenziale è il frusinate, che mostra un saldo trimestrale migliore rispetto ai valori pre-pandemici prevalentemente per effetto di cessazioni più contenute; mentre nell’ultimo triennio il turn-over in terra pontina conferma il progressivo contenimento riferito a tale porzione d’anno.
In termini settoriali, rispetto al secondo quarto dello scorso anno, si conferma il traino delle costruzioni, sebbene il contributo si ridimensioni a tutti i livelli territoriali (su scala nazionale il contenimento è intorno al 30%).
Il segmento turistico ricettivo beneficia delle dinamiche espansive dei flussi turistici: l’accelerazione è diffusa su scala territoriale e trova il riscontro più marcato in provincia di Latina (+1,44% la variazione dello stock, a fronte dello +0,93% targato II trimestre 2022), mentre il segmento nel frusinate mantiene la posizione.