L’IA è il nuovo confidente degli adolescenti: i chatbot stanno sostituendo gli amici? L’allarme

I giovani della Generazione Z si stanno rivolgendo all'Intelligenza Artificiale con una naturalezza e una frequenza che sorprendono

I giovani della Generazione Z si stanno rivolgendo all’Intelligenza Artificiale (IA) con una naturalezza e una frequenza che sorprendono. Ma ciò che emerge da una recente ricerca di ‘Save the Children’ è che questo rapporto non è privo di sfumature e differenze di genere. I ragazzi sembrano trovare nell’IA un confidente e un rifugio, mentre le ragazze sono più caute e riservate.

Secondo la ricerca, il 92,5% degli adolescenti utilizza strumenti di IA, e quasi la metà di loro si è rivolta all’IA nei momenti di tristezza, ansia o solitudine. La ragione di questo ricorso massiccio all’IA è semplice: l’IA è sempre disponibile, educata e paziente, e non giudica. Un tipo di ascolto che, nell’adolescenza, può essere molto utile.

Tuttavia, i dati rivelano anche un abisso di differenze di genere. I ragazzi sono più soddisfatti di sé stessi e del loro rapporto con l’IA, mentre le ragazze sono più caute e meno inclini a esprimere i propri sentimenti. Quando si parla di equilibrio psicologico, la forbice diventa ancora più ampia: due ragazzi su tre stanno bene, mentre solo una ragazza su tre afferma di stare bene.

La ricerca sottolinea anche come il rapporto con l’IA non sia isolato, ma faccia parte di un contesto più ampio di fragilità e solitudine. Quasi metà degli adolescenti ha subito cyberbullismo, e uno su otto ha usato psicofarmaci senza prescrizione. La dipendenza digitale è ormai una costante nella vita dei giovani.

In questo scenario serve un approccio più ampio che coinvolga la scuola, la famiglia e la società nel suo complesso. È necessario creare spazi reali dove i giovani possano ritrovarsi senza filtri e offrire servizi psicologici adeguati per aiutarli a gestire le sfide dell’adolescenza.

In sintesi, il rapporto tra la Generazione Z e l’IA è complesso e multifacettato. Mentre l’IA può essere uno strumento utile, non può sostituire la connessione umana e l’ascolto empatico di cui i giovani hanno bisogno. È tempo di ascoltare e di rispondere alle esigenze dei giovani, piuttosto che affidarsi solo alla tecnologia.

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Redazione
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