Era il 14 aprile 2025 quando Sara Marchetti, 23 anni, una giovane non vedente, è salita su un treno diretto a Roccasecca dopo aver partecipato a un laboratorio di braille. Come di consueto, aveva usufruito della Sala Blu, il servizio ferroviario dedicato alle persone con disabilità o difficoltà motorie, che offre assistenza fino al momento della partenza.
Una volta accompagnata al suo posto, l’assistente è sceso dal treno, poiché non ha l’obbligo di restare a bordo. Sara, rimasta sola nel vagone, racconta di aver avvertito subito un senso di inquietudine: “Non sentivo nessuno, c’era troppo silenzio”, dirà poi. Pochi minuti dopo la partenza, un uomo si è seduto accanto a lei. Dopo un semplice “ciao”, l’individuo ha iniziato a toccarle l’interno coscia, per poi palpeggiarle il sedere.
Il coraggio di Sara e l’intervento dei passanti
Nonostante la paura e la cecità, Sara ha mantenuto il sangue freddo. Conosceva bene la disposizione del treno e, con coraggio, si è alzata per spostarsi in un altro vagone. Ma l’uomo l’ha seguita, continuando a molestarla in silenzio.
“Non vedevo il suo volto, ma sentivo ancora le sue mani addosso. Sono entrata nel panico, ma non volevo cedere alla paura”, ha raccontato.
Fortunatamente, due passeggeri hanno notato la scena e sono intervenuti prontamente, allertando il capotreno. L’uomo è stato fermato e segnalato alla Polfer (Polizia Ferroviaria). Tuttavia, non è stato punito, e questa mancata giustizia ha lasciato in Sara una profonda amarezza.
Dal trauma all’impegno: nasce “Sicurezza sui Treni”
Da questa terribile esperienza, Sara ha deciso di reagire. Insieme al suo fidanzato Stefano, laureato in giurisprudenza, ha avviato un progetto di proposta popolare chiamato “Sicurezza sui Treni”, con l’obiettivo di migliorare la protezione dei passeggeri e garantire assistenza immediata in caso di emergenza.
Il cuore del progetto è l’introduzione di pulsanti salvavita, installati in ogni vagone ferroviario. Si tratterebbe di dispositivi fisici facilmente raggiungibili e riconoscibili al tatto, pensati per tutti, ma in particolare per persone con disabilità visive o difficoltà motorie. In questo modo, anche chi non può vedere o muoversi con facilità avrebbe la possibilità di chiedere aiuto immediato al personale di bordo o alle forze dell’ordine in caso di pericolo, molestia o malore.
“Quel giorno avrei voluto solo un modo per chiedere aiuto. Non potevo correre, non potevo vedere. Con un pulsante di emergenza, forse tutto sarebbe finito prima”, racconta Sara.
La parte legale: il contributo di Stefano
Stefano, compagno di Sara, si è occupato di redigere una bozza di regolamento per la proposta, che include obblighi precisi per le compagnie ferroviarie e sanzioni economiche per chi non rispetta le nuove norme di sicurezza.
Il progetto “Sicurezza sui Treni” vuole diventare non solo una misura pratica, ma anche un simbolo di civiltà, un passo concreto verso un trasporto pubblico realmente accessibile e protetto per tutti.
Una petizione per cambiare le cose
Sara e Stefano hanno lanciato anche una petizione popolare per raccogliere firme a sostegno della proposta. L’obiettivo è portare il testo all’attenzione del Parlamento e trasformare un’esperienza di dolore in un atto di giustizia collettiva.
“Voglio che nessuno, mai più, provi la paura che ho provato io”, conclude Sara. “I treni devono essere un luogo sicuro per tutti, anche per chi non può vedere, ma ha tutto il diritto di sentirsi protetto.”
Il caso di Sara Marchetti non è solo una storia di violenza, ma anche di resilienza e determinazione. La sua battaglia ricorda che la sicurezza è un diritto universale e che ogni passeggero deve poter viaggiare sapendo di non essere mai davvero solo.