Ecco un’altra occasione perduta per gettare le basi di una fusione territoriale che continua ad essere sbandierata e mai davvero inseguita. Il Sistema nazionale delle Aree Interne, SNAI, riconosce e finanzia 13 comuni pontini e romani dei Monti Lepini e 14 comuni ciociari della Valle di Comino, che avranno complessivamente a disposizione oltre 20 milioni di euro per il primo periodo di gestione (8 milioni per i Monti Lepini e circa 13 milioni per la Valle di Comino), risorse il cui scopo è quello di contrastare lo spopolamento delle aree interne, favorirne lo sviluppo e la coesione.
Una visione generale che sta alla base dell’intervento nazionale previsto dallo SNAI, ma che lascia a ciascuna delle compagini territoriali ammesse il compito di individuare le priorità di intervento e i relativi progetti. E così troviamo in Ciociaria alcune idee guida che pongono attenzione agli aspetti culturali e musicali, alla filiera agroalimentare, ma soprattutto alla mobilità e ai trasporti. La progettazione pontina punta invece sui fronti scuola e territorio, welfare e sanità, mobilità sostenibile, sviluppo turistico.
Tutto condiviso con i sindaci dei Comuni che fanno parte delle aree interne riconosciute nello Snai, sia pontino che ciociaro.
Territori frammentati e nessuna visione comune
Dalle priorità degli interventi programmati e in molti casi già progettati, emerge che l’attenzione primaria sia stata quella di ascoltare e poi accettare le richieste dei singoli frammenti territoriali delle due macroaree, rincorrendo un principio di equità che somiglia a quello dei condomini dove le quote delle spesa di gestione si calcolano in millesimi, anche se con la sostanziale differenza che nel caso dello Snai non si tratta di pagare, ma di ricevere risorse.
Vorremmo dire ricevere per crescere, ma non ci si può esimere dal domandarsi, nel caso dei Monti Lepini, quale sia il senso di destinare parte delle risorse al progetto scuola e territorio, o a quello relativo a welfare e sanità. E capire poi cosa voglia dire mobilità sostenibile in aree collinari popolate soprattutto da anziani, dove è tutto un saliscendi e dove le uniche biciclette presenti sono quelle dei pochissimi bambini che possono usarle soltanto nella piazza del paese. Se poi parliamo di bus elettrici, anche su quello ci sarebbe da obiettare qualcosa: i bus per andare dove e per portare chi? C’è anche, per fortuna, qualcosa che riguarda lo sviluppo turistico, ma anche stavolta inteso come turismo parcellizzato, di comune in comune, di sagra in sagra.
Non vi è traccia nelle due distinte progettazioni pontina e ciociara di un contatto o di un confronto tra le due realtà per cercare di capire se vi siano i presupposti per tentare la carta della visione comune e del migliore utilizzo delle risorse a disposizione.
Pioggia di fondi che non darà i risultati sperati
La distribuzione a pioggia dei fondi, per quanto improntata all’equità, non darà i risultati che il progetto nazionale ha posto alla base della creazione dello Snai. Non nei nostri territori, se i progetti resteranno quelli che sono, e improntati al basso profilo.
Scegliendo ad esempio due filoni di intervento quali quello del turismo agroalimentare ed enogastronomico da un lato, e quello del turismo culturale dall’altro, i venti milioni di euro, anziché venire dispersi in un moltitudine di interventi parcellizzati, avrebbero potuto essere concentrati in un paio di grandi scommesse territoriali, con lo scopo specifico di trasferire l’immagine di questi territori all’attenzione nazionale. Basterebbero due grandi mostre all’anno, una in Ciociaria dedicata per esempio al tema del sacro, e l’altra in provincia di Latina dedicata all’arte futurista e all’architettura razionalista, un festival di musica capace di attrarre cultori e appassionati da ogni parte d’Italia e dall’estero e un festival cinematografico nella culla condivisa del neorealismo, ed ecco che queste cosiddette aree interne potrebbero finalmente uscire dall’anonimato e diventare, negli anni, punto di riferimento per un turismo che altrove funziona a meraviglia, portandosi dietro gli effetti di una regola che vale per tutti: per vendere la bellezza è necessario metterla in mostra, o in vetrina se si preferisce.
E dove si vede bellezza, si ha voglia di viverla nei luoghi in cui si trova. Il mercato immobiliare nei paesini che si spopolano è un fenomeno che cresce, e le risorse culturali ed economiche che i nuovi residenti portano con sé hanno un valore inestimabile e una funzione di traino per il cambiamento e la rinascita di borghi altrimenti destinati a morire.
Di scuola e territorio, di welfare e sanità, di mobilità e trasporti lasciamo che si occupino le Regioni. I territori pensino in grande ed elaborino una visione e una strategia capaci di riposizionarsi sulla direttrice del futuro. Meglio se lo faranno insieme, tenendosi per mano.