Arriva il secondo produttore di auto in provincia di Frosinone (ed anche in Italia, parlando di società generaliste), come qualche operatore economico aveva fatto balenare nelle scorse settimane: il sito anagnino della Saxa Gres dell’imprenditore Francesco Borgomeo sarà infatti ceduto, come annuncia laconicamente un comunicato dell’azienda della ceramica, affermando che è ormai conclusa la produzione di manufatti da esterno green ed è stato avviato “un progetto di riconversione industriale orientato verso altro e nuovo settore produttivo”. Risultato: Borgomeo si libera del sito della Città dei Papi e si concentra su quelli di Roccasecca e Gualdo Tadino che, si spera, possa stabilizzare definitivamente al più presto.
Ad Anagni arriva a sorpresa e con un sospiro di sollievo il secondo impianto produttivo della Dr Automobili dell’isernino Massimo Di Risio che assorbirà totalmente la manodopera ex Saxa, una settantina di lavoratori. Il primo e unico stabilimento Dr è a Macchia d’Isernia – dove operano oltre 400 dipendenti -: si tratta in realtà di una fabbrica dove arrivano già pronte al 70% le auto importate dalla Cina (da qui anche la multa da 6 milioni di euro comminata lo scorso anno dall’autority per la pubblicizzazione, ritenuta ingannevole, come made in Italy di Dr ed Evo che sono invece considerate made in Prc). Nell’impianto molisano le vetture subiscono solo l’inserimento degli interni, di alcuni particolari tecnici relativi all’alimentazione e della brandizzazione.

Ma proprio all’inizio dello scorso agosto Di Risio – a colloquio con il ministro del Made in Italy Adolfo Urso – aveva annunciato che avrebbe avviato un maxi investimento – di almeno 50 milioni di euro – per ampliare il polo di Macchia d’Isernia e realizzare un autentico processo di assemblaggio. Tuttavia il sito isernino, dove passano ormai vetture di ben 5 marchi – oltre a DR anche EVO, Sportequipe, ICH-X e, da inizio 2024, Tiger – evidentemente non è a breve adeguabile ai progetti di Di Risio, che puntano anche a sfruttare fondi Pnrr per i quali i tempi sono strettissimi. La ricerca di capannoni nel cassinate – dove peraltro transita logisticamente la flotta di auto destinate alla distribuzione – non deve aver avuto gli esiti sperati. Mentre l’utilizzo dell’ex Saxa Gres può probabilmente assicurare le condizioni per avviare subito l’investimento, anche grazie ad una serie di autorizzazioni in essere per quel sito.
Via le ipoteche e soldi della vendita utili ai piani di Roccasecca e Gualdo
Quanto all’imprenditore Borgomeo vale la pena ricordare quello che dichiarò lo scorso gennaio ad un quotidiano: “Lo stabilimento di Anagni da quando l’abbiamo rilevato e riconvertito, con un nuovo processo produttivo e nuovi prodotti, non si è mai fermato: neanche durante il covid e durante la tempesta del gas, quando siamo riusciti a difendere la produzione e il mercato. Siamo in produzione 7 giorni su 7, 24 ore su 24”. Del resto a metà 2024 anche lo stabilimento della Città dei Papi era stato al centro della due diligence effettuata dal Fondo Hines, che svolge la funzione di advisor per conto di Continental Investment, principale obbligazionista verso la maggioranza del capitale delle società del Gruppo Saxa. Ma circa due mesi dopo, il 12 marzo, durante il confronto al ministero dello Sviluppo Economico sulla vertenza Saxa Grestone si parla solo di Roccasecca e viene spiegato in una nota ufficiale che “si è delineato un quadro positivo della vertenza, perché l’azienda ha informato tutte le parti coinvolte del progetto che dovrebbe rendere il sito di Roccasecca centrale per il processo di riconversione delineando anche i tempi di riavvio della produzione. Il tavolo è stato riaggiornato a breve per il perfezionamento di tutti gli accordi tecnici all’esito di quanto emerso”. Anagni sparisce dai radar dell’ufficialità ma è in quella sede che si apprende della dismissione. Peraltro qualche giorno prima – il 6 marzo – la mossa era stata preparata all’assemblea dei portatori delle obbligazioni denominate “Prestito Obbligazionario Grestone Bond a Tasso Fisso – Scadenza 2027”: infatti viene messa all’ordine del giorno “la deroga alle Previsioni del Regolamento del Prestito al fine di prevedere, nell’ambito della manovra di ristrutturazione e relative procedure, una restrizione dell’ipoteca che insiste su taluni asset non più funzionali al piano industriale e oggetto di dismissione anche al fine del reperimento della finanza ponte per arrivare all’omologa/approvazione giudiziaria/approvazione definitiva della manovra stessa e all’attivazione della finanza raccolta mediante gli strumenti finanziari a supporto”. Insomma si dismette e si monetizza per portare avanti il progetto principale.
Le preoccupazioni sindacali ed il cronoprogramma: svolta entro giugno
Il 13 marzo assemblea sindacale in fabbrica a Roccasecca. La Cgil annota: “I prossimi passaggi ministeriali saranno fondamentali per questa vertenza che ormai si protrae da anni. Il destino dei lavoratori di Saxa Gres passa attraverso la concretizzazione di piani e progetti industriali; il lavoro è dignità, non si può vivere di ammortizzatori sociali”. Il 16 aprile la Regione Lazio ferma la Saxa Gres di Anagni per irregolarità ambientali. L’azienda esce allo scoperto il giorno successivo e spiega: “Saxa aveva già interrotto la produzione dal momento che da mesi è in corso un progetto di riconversione industriale orientato verso altro e nuovo settore produttivo, concentrando quindi la produzione ceramica sul sito di Roccasecca e Gualdo Tadino. Progetto di riconversione che metterà in sicurezza tutta la forza lavoro, e che l’azienda sta portando avanti in stretta sinergia con le Organizzazioni Sindacali e Unindustria, monitorato dal Ministero del Made in Italy e dalla stessa Regione Lazio”. Vabbè, si cambia ancora ma non si esce dall’incertezza. Quanto a Saxa Gres Anagni il passaggio a Di Risio dovrebbe avvenire a tappe forzate: entro un paio di mesi dovrebbe partire la riconversione. Per quel che riguarda Roccasecca la ripartenza era prevista inizialmente entro il primo trimestre del 2025. Il completamento della fase di ingresso di Continental Investment assumendo il controllo della società, la riapertura delle fabbriche di Roccasecca e Gualdo Tadino con il completamento dei lavori necessari alle produzioni hanno un timing fissato ufficialmente a giugno 2025. Non resta che incrociare le dita.
La filiera dell’indotto spera di attutire la crisi innescata da Stellantis
Quanto all’automotive la notizia – stante la perdurante agonia dello stabilimento Stellantis di Piedimonte San Germano – è sicuramente positiva e consente di aprire uno spiraglio per la filiera dell’indotto messa al tappeto dalla multinazionale francese. Ovviamente se ne riparlerà quando Di Risio effettivamente metterà mano alla riconversione ma gli imprenditori dell’indotto auto del Cassinate e del Lazio meridionale contano che si possa incrementare la quota di made in Italy nelle vetture che verranno montate ad Anagni: si parla di due nuovi brand che sarebbero a quel punto effettivamente tricolori. Un requisito indispensabile per accedere ai contributi pubblici. Va ricordato che Dr punta ad assemblare auto full electric e ibride (benzina e gpl e elettriche e benzina). Ad oggi i fornitori cinesi sono tutti di primo piano: Chery, Baic e Dongfeng. Le motorizzazioni vengono dall’Austria e ci sono anche motori giapponesi (Mitsubishi). Ma si attende che la filiera italiana dell’indotto possa conquistare porzioni maggiori nei nuovi modelli di Di Risio. Anche qui è bene incrociare le dita e sperare che l’ennesima scommessa dell’imprenditore molisano riesca. Del resto lui con Dr va avanti dal 2006. Gli auguriamo almeno altri 126 anni di vita: gli stessi che avrebbe avuto la Fiat se fosse arrivata fino a nostri giorni con lo stemma tricolore sulle sue carrozzerie. Si spera lo stesso stemma che Di Risio potrà, invece, mettere sulle vetture che usciranno da Anagni… senza temere multe. Che un vento diverso inizi a spirare per tutti noi, orfani del lavoro e del benessere prodotto sul nostro territorio per oltre 50 anni dall’auto italiana.