Siccità e frane? Ora per combatterle si possono usare i raggi cosmici

I raggi cosmici, colpendo il terreno, consentono di misurare la quantità d’acqua fino a circa 60 centimetri di profondità

La siccità? Si combatte anche con i raggi cosmici. È stata presentata questa mattina a Venezia, nella sala stampa Oriana Fallaci di palazzo Ferro Fini, sede del Consiglio regionale del Veneto, un’innovativa modalità di misurazione della quantità d’acqua presente nel terreno per fronteggiare i periodi di siccità, e non solo: prevede l’utilizzo dei raggi cosmici. “Il progetto nasce nel 2011– racconta Luca Stevanato, fisico nucleare dell’Università di Padova- a ridosso dell’incidente nucleare di Fukushima, che spinse l’Unione Europea ad ampliare il campo della ricerca al monitoraggio in tempo reale della radioattività nell’acqua; nello stesso periodo, abbiamo lavorato sotto un altro aspetto, quello della ‘caccia al plutonio’, oggetto di traffici illegali, nei bagagli degli aeroporti. E proprio partendo dal rilevatore di plutonio arrivò l’idea di lavorare su un rilevatore analogo, destinato a trovare l’acqua”.

Ecco come misurare quanta acqua c’è nel terreno

E così ecco l’idea di un sensore che misura continuamente la quantità d’acqua presente in un’ampia porzione di terreno sfruttando i raggi cosmici, presenti in natura sotto forma di neutroni ambientali che, colpendo il terreno, consentono di misurare la quantità d’acqua fino a circa 60 centimetri di profondità: il sensore non dev’essere fissato al terreno, ma su un palo a un paio di metri da terra: da lì misura quanta acqua c’è su decine di ettari fino a circa 300 metri di distanza.

Può servire anche per monitorare le frane

L’applicazione immediata è legata all’agricoltura, che consuma il 70% dell’acqua presente sulla terra, ma consente anche monitoraggi ambientali: l’acqua è infatti il driver principale delle frane e delle valanghe, misurarne la presenza al suolo consente di prevenirle. La stessa misurazione può consentire il rilevamento delle perdite idriche sotto il manto stradale: un simile monitoraggio, per una città come Roma, durerebbe dai quattro ai cinque anni; il sensore mobile permette la stessa misurazione nell’arco di due o tre settimane.

“Siamo davanti a un classico esempio di innovazione di grande rilevanza, applicata all’agricoltura in maniera concreta- afferma il presidente dell’Assemblea legislativa regionale Roberto Ciambetti- e che stabilisce una sinergia tra i laboratori di ricerca più avanzati e l’antica arte contadina in funzione di un’agricoltura di qualità che evita sprechi, aumenta la qualità dei prodotti e dei cicli produttivi, e limita al massimo le forme di inquinamento in armonia con i dettami del Green Deal europeo”. La strategia ‘dai campi alla tavola’ presentata dalla Commissione Europea a maggio 2020 vuole un sistema alimentare equo, salutare ed ecosostenibile, ispirato all’economia circolare: riguarda l’intera catena alimentare, dalla riduzione dell’uso di pesticidi e fertilizzanti delle vendite di antibiotici fino all’aumento dell’agricoltura bio.

Ma “questa catena non può essere eco-sostenibile senza politiche idriche adatte alle esigenze di una realtà che vive i cambiamenti climatici. Ecco allora la scienza al servizio di una società che vuole essere protagonista della difesa dell’ambiente e della lotta agli sprechi”, afferma Ciambetti. Per il Consiglio veneto, aggiunge il presidente della Prima commissione Luciano Sandonà (Lega-Liga venetas), promotore dell’iniziativa, “è motivo di orgoglio e soddisfazione ospitare Stevanato e i suoi colleghi dell’Università di Padova”. Stevanato guida una start-up, Finapp, che nasce come spin-off del Bo e ha il brevetto di un’idea innovativa, ed è stata la stessa Fao a sottolineare l’utilità di questo monitoraggio anche in altre aree del mondo. – Fonte www.dire.it –

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