“Se vogliamo insegnare la vera pace in questo mondo e se vogliamo portare avanti una vera guerra contro la guerra, dovremo cominciare dai bambini”, questo il grande monito lasciato da Mahatma Gandhi. Ed è proprio da quel monito che, in provincia di Frosinone, è partita la scorsa settimana una serie di incontri con i bambini del territorio e non solo, con l’obiettivo di raccontare la guerra in Siria. Appuntamenti fortemente voluti da Pietro Turi, giovane cooperante e volontario dell’associazione ‘SOS Cristiani d’Oriente’, originario di Piglio, da poco rientrato da una missione a Damasco, in Siria.
Avevamo conosciuto Pietro a dicembre scorso quando, in una lunga intervista ci aveva raccontato la realtà siriana, soprattutto vista dagli occhi dei bambini nati e cresciuti in una terra devastata da oltre un decennio di guerra. La scorsa notte la Siria è stata colpita da un tremendo terremoto che ha interessato principalmente l’area nord ed il sud della Turchia. Migliaia le vittime e, nelle ultime ore, sono state registrate altre decine di violente scosse. Un dramma nel dramma. Pietro ha avuto notizie dai connazionali italiani rimasti in Siria per la missione di SOS Cristiani d’Oriente: “Per fortuna stanno tutti bene – spiega – ma i danni sono immensi”. Le immagini delle macerie, dei corpi delle vittime, della distruzione, hanno purtroppo fatto il giro del mondo.
Proprio pochi giorni fa, Pietro aveva incontrato i bambini della provincia di Frosinone per raccontare come vivono i loro coetanei siriani. Una ‘missione nella missione’ per sensibilizzare quelle che saranno le future generazioni. Una preziosa testimonianza che non ha lasciato indifferenti i suoi piccoli interlocutori. Giovedì scorso a Piglio, il suo paese d’origine, Pietro ha fatto tappa presso la biblioteca “Gli amici di Claudia”. Con la preziosa collaborazione del gruppo di volontari della biblioteca, che hanno organizzato l’evento, ha consegnato ai bambini le lettere ed i disegni fatti per loro dai piccoli siriani. Foto, video, letture e testimonianze per raccontare come vivono dalla parte meno fortunata del mondo milioni di bambini. “I bambini hanno risposto alle letterine, firmato le bandiere siriane, disegnato su carta le loro sensazioni – ha spiegato Deborah Cuneo de “Gli amici di Claudia” – un incontro che li ha particolarmente coinvolti”.












Poi, nella serata, al racconto di Pietro Turi si è unito quello di Don Franco Proietto, parroco e missionario in Africa. Un momento di confronto e riflessione carico di emozioni, un una sala della biblioteca gremita dai cittadini. “A quel coro, che canta sempre più forte, mi sono unito per tre mesi ricevendo molto di più di quello che ho donato. – Ha detto Pietro Turi – Un coro che non possiamo far finta di non ascoltare semplicemente tappandoci le orecchie. A noi la responsabilità di voltarci e tendere la mano, affinché nessuno resti indietro. Così che la Siria possa tornare a splendere di luce propria”.












Le prossime tappe del ‘viaggio’ di Pietro nella sua terra d’origine, per farsi portavoce di un popolo che ha bisogno di sapere che il resto del mondo non continuerà a starsene a guardare, saranno giovedì 9 febbraio, presso la biblioteca comunale ‘Danilo Testa’ di Serrone, sempre in compagnia di Don Franco Proietto. E venerdì 10, alle ore 21.00, presso il “Kraken drink’s and Beer’s” di Corso della Repubblica a Frosinone. Una testimonianza importante, quella di un giovane che, ad appena 30 anni, ha scelto di abbandonare tutte le comodità della sua vita in Occidente per andare ad aiutare chi vive il dramma della guerra ogni giorno. Un’esperienza nella quale ha dato tanto ma dalla quale, forse, ha ricevuto in cambio molto di più.
La Siria vista con gli occhi di Pietro Turi
“Sono arrivato a Damasco lo scorso Novembre, accompagnato da un tassista siriano, il quale, lungo il tragitto, si era fermato diverse volte solamente per offrirmi qualcosa da mangiare o da bere. Un modo di fare non comune, atipico, agli occhi di un ragazzo europeo che si ritrovava in Medio Oriente per la prima volta. Con il passare del tempo e delle settimane avrei imparato il primo insegnamento: mi stava semplicemente accogliendo in Siria con modi di cortesia e gentilezza, tutte abitudini che ben descrivono il popolo siriano. Un popolo che si è forgiato negli anni della guerra e che, nonostante le continue sofferenze, non ha mai cambiato il proprio modo di essere e di relazionarsi con il prossimo. Ricorderò i tre mesi trascorsi a Damasco, le strade trafficate, i vicoli, il delizioso cibo di strada, il magnifico souk e gli infiniti luoghi da visitare che trasudano di storia, tutte componenti che rendono la città più antica del mondo unica nel suo genere.
Sin dai primi giorni del mio arrivo, mi sono occupato di gestire le varie attività del team di SOS a Damasco, responsabilità che mi ha dato la possibilità di esprimermi al meglio apportando nuove idee. Dalle attività con i bambini nelle scuole e negli orfanotrofi agli anziani nelle case di riposo passando per gli indimenticabili giorni trascorsi con gli ospiti speciali delle sorelle di Madre Teresa di Calcutta. Tutte attività con cadenza settimanale le quali ci hanno permesso, tra l’altro, di conoscere giorno dopo giorno i straordinari bambini siriani. I loro sorrisi e la loro voglia di vivere sono stati per me una grande lezione: non importa quanto grave sia la situazione attuale poiché rappresentano la speranza di questa nazione, il futuro più roseo della Siria. A loro, a tutti loro, il mio augurio di un futuro radioso.
Non dimenticherò l’attività che più ha segnato la mia permanenza in Siria: l’incontro con i bambini malati di tumore dell’ospedale Al- Bairouni di Damasco. Piccoli guerrieri che si ritrovano a combattere, ogni giorno, una guerra nella guerra contro un nemico invisibile e senza scrupoli. Li ricordo radunarsi in gruppo per l’inizio della nostra attività, provati dalla cure giornaliere ma determinati a partecipare. Li ricordo scherzare, giocare a carte, disegnare, ringraziarci per i regali che avevamo portato loro, prima di salutarci e tornare nella loro stanza, la loro “trincea”. Vinceranno la loro battaglia, torneranno a godersi la loro infanzia e presto tutto sarà solo un ricordo. Perché sono bambini ed è giusto che sia così.
Porterò nel mio cuore tutte le fantastiche persone che ho conosciuto in questi mesi: Wael, capo missione di SOS in Siria, Rita, Ziad, Jean-Rémi e tutta la famiglia di SOS che lavora in Siria. Persone, uomini e donne, che si spendono e lavorano duramente per rendere la vita dei siriani migliore. Grazie per il vostro esempio ed impegno giornaliero. Cosi come porterò nel mio cuore tutti i volontari con i quali ho avuto la fortuna di condividere questi indimenticabili tre mesi: Colombe, Victorie, Audrey, Aude, Philippe, Clemence. Il volto più bello della Francia ha il loro nome. Accenno particolare per Lucile, giovane volontaria francese, con la quale ci siamo trovati sin dal primo momento: simpatia, sorriso contagioso ed una dannata voglia di prendere la vita a morsi. E, tra una risata e l’altra, siam riusciti a lanciare una lotteria online che ha riscosso un buon successo e tutto il ricavato verrà utilizzato per aiutare i bambini ospiti dell’orfanotrofio di Mar Boulos e Mar Gregorius. Un piccolo traguardo di cui essere orgogliosi.
Penserò al mitico insegnante di arabo, Mr. Khalil. Ogni lezione ha rappresentato un’occasione unica, non solo per imparare l’arabo ma anche per ascoltare tutte le storie di vita vissuta che aveva da raccontare. Mi tornerà in mente Homs, la totale distruzione, il Natale unico ed indimenticabile trascorso con i volontari e le parole di Juliana, giovane di SOS, alla vista di una casa di nuovo abitata in uno dei quartieri maggiormente colpiti durante la guerra: “Questo è il motivo che mi dà speranza. Non voglio lasciare la Siria, voglio restare. Voglio fare la differenza.” Racconterò di Aleppo, dei giorni trascorsi nel monastero di Qara, dei frati e delle sorelle che lo abitano, della visita alla comunità di Mar Musa e di Maaloula, antico villaggio cristiano dove si parla ancora l’aramaico, la lingua di Gesù.
Ed ogni volta, non farò a meno di riportare la testimonianza di un episodio avvenuto durante il periodo natalizio ad Aleppo: con altri volontari, ci trovavamo nel villaggio di Natale nel centro storico di Aleppo e stavamo assistendo alla recita di fine anno del coro. La sala era piena di persone, un momento di distensione per evadere dalla dura realtà di tutti i giorni. Poi, durante l’esibizione, la corrente va via, le luci si spengono e la tastiera, che accompagnava il coro, smette di suonare. I più, presi di sorpresa, avrebbero smesso di cantare aspettando che la situazione venisse ripristinata. No. Non i siriani. Non il coro in Siria. Non avevano più la base musicale e non erano più in grado di vedere e seguire le indicazioni del loro maestro. Nonostante tutto, come d’istinto comune, hanno continuato a cantare più forte. Una reazione dai mille significati, uno slancio alla vita contro l’abbattimento e la demoralizzazione. Perché i siriani, vivono così da ormai più di undici anni: con la corrente elettrica disponibile 2-3 ore al giorno, senza acqua calda e con il carburante introvabile ma con una dignità da far invidia. A quel coro, che canta sempre più forte, mi sono unito per tre mesi ricevendo molto più di quello che ho donato. Un coro che non possiamo far finta di non ascoltare semplicemente tappandoci le orecchie. A noi, la responsabilità di voltarci e tendere la mano, affinché nessuno resti indietro, così che la Siria possa tornare a splendere di luce propria”. – Questo il racconto postato da Pietro sulla sua pagina social al rientro dalla missione in Siria.