Negli Stati Uniti, patria storica del credito facile e dell’innovazione nei sistemi di pagamento, un nuovo campanello d’allarme si fa sempre più evidente: il ricorso al “Buy Now Pay Later” (BNPL) – formule di acquisto rateizzato a breve termine – si sta spostando dai beni voluttuari ai generi alimentari di prima necessità.
Un fenomeno che, fino a pochi anni fa, sarebbe stato letto come una distorsione marginale o passeggera, oggi assume invece il peso di un indicatore sistemico. Piattaforme come PayPal, Klarna, Afterpay, Apple Pay Later, e numerose altre, hanno contribuito a normalizzare il microcredito istantaneo, frammentando la percezione dell’acquisto in unità psicologicamente più gestibili. Comprare ora e pagare poi non è più solo un’opzione di comodo: diventa una strategia di sopravvivenza quotidiana per fasce crescenti della popolazione. Il dato più inquietante è proprio questo: il BNPL non si applica più soltanto all’acquisto di smartphone o vacanze, ma sempre più spesso alla spesa alimentare, ai beni di base. Un cambiamento che interroga le fondamenta stesse del sistema economico occidentale.
Debito invisibile: la nuova normalità finanziaria
Il concetto di debito personale si è trasformato radicalmente negli ultimi dieci anni.
Se prima il credito era associato a eventi eccezionali – l’acquisto di un’auto, di una casa o di beni di largo consumo a medio-alto valore – oggi diventa una modalità abituale anche per l’ordinario. La “tecnologia della frammentazione” dei pagamenti ha abbattuto la soglia psicologica dell’indebitamento, rendendolo meno percepibile e quindi più diffuso. La promessa di diluire il peso di una spesa in tre o quattro rate “senza interessi” nasconde però una realtà più complessa: per molti consumatori americani (e sempre più anche europei), questa modalità rappresenta l’ultimo margine di liquidità disponibile. Secondo un report di LendingTree, oltre il 46% degli utenti BNPL negli Stati Uniti ha saltato almeno un pagamento nel 2024, entrando in una spirale di mora e interessi aggiuntivi. È una crisi lenta, stratificata, invisibile sui grandi numeri ma devastante nelle singole vite.
Le imprese nella morsa: dilazioni, margini e debolezza strutturale
Non è solo il consumatore finale a navigare queste acque agitate. Anche le imprese – in particolare le PMI – subiscono dinamiche simili. Sempre più spesso i fornitori accettano pagamenti dilazionati, le catene di approvvigionamento si allungano e le condizioni di pagamento si fanno più rigide. L’aumento dei tassi di interesse deciso dalla Federal Reserve e seguito a ruota da BCE e altre banche centrali ha accentuato il costo del capitale, rendendo più oneroso sostenere la liquidità operativa. In settori come il retail, la logistica, l’alimentare e l’industria leggera, si moltiplicano i casi di insolvenza differita, un fenomeno che non appare subito nei bilanci trimestrali ma che mina nel tempo la capacità di investimento e di resilienza. Le aziende diventano esse stesse “consumatrici a credito”, ma su scala industriale. Questo crea un circuito vizioso dove la fiducia tra operatori economici si erode lentamente, analogamente a quanto accade tra cittadini e sistema bancario. Una crisi più vasta: inflazione strutturale, fragilità geopolitica e rischio sociale.
Sul piano macroeconomico, il boom dei pagamenti rateizzati su beni essenziali si inserisce in una fase storica caratterizzata da:
inflazione strutturale (non più transitoria, ma legata a nodi energetici, riallocazioni geopolitiche e nuovi blocchi produttivi); tassi di interesse elevati a tempo indefinito (la cosiddetta “higher for longer policy”); riallineamenti geopolitici che frammentano il commercio globale (friend-shoring, decoupling, reshoring); contrazione reale dei redditi medi, aggravata da instabilità fiscale e da un welfare insufficiente nei paesi anglosassoni.
In questo scenario, fenomeni come il BNPL per il cibo non sono “deviazioni locali”, ma cartoline di una trasformazione globale del capitalismo contemporaneo. Come osserva il World Economic Forum, la “nuova era di incertezza permanente” (age of permanent volatility) ridefinisce il rapporto tra consumatore, credito e comunità.
Dove porta tutto questo?
Quando rateizziamo anche il pane, non stiamo solo cambiando un sistema di pagamento. Stiamo modificando in profondità il tessuto di fiducia che tiene insieme società, imprese, economie. Un sistema che obbliga i cittadini ad anticipare il futuro per poter sopravvivere nel presente è un sistema che consuma non solo il capitale economico, ma anche quello umano e sociale. La sfida non è solo finanziare il consumo o proteggere la liquidità delle imprese: la vera sfida è ripensare un modello di sviluppo che ricostruisca margini di sicurezza reale – finanziaria, comunitaria, psicologica – in un mondo che ha trasformato il credito da opportunità in necessità. Solo su queste basi potremo pensare di costruire un nuovo equilibrio più sano, più resistente, più giusto. – Fonte www.consumerismonoprofit.it –